Capitolo 27

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Dieci giorni dopo...

Stavo lavorando, ero intento a pulire un tavolo, ma con la mente ero altrove. Erano un paio di giorni che il sorriso mi aveva riabbandonato e Federico se n'era accorto. Non mi aveva fatto domande, solo cercava in tutti i modi di sollevarmi il morale, ma niente. Lo vedevo, non ero cieco, notavo il suo sorriso spegnersi e il suo sguardo divenire pensieroso quando si rendeva conto di non essere riuscito a strapparmi un sorriso, ciò mi faceva male, ma davvero non riuscivo ad essere felice, nemmeno a fingere. Odiavo me, odiavo lui, odiavo quello che eravamo diventati. C'erano le volte in cui davo la colpa di tutto a me stesso per non essermi imposto di più, per non aver dato del mio meglio per farmi odiare dal biondo, per non essermi allontanato da lui, per non avergli impedito di entrare nella mia casa, nella mia quotidianeità, nella mia vita. Odiavo lui per essere piombato così, all'improvviso, nella mia vita, per averla sconvolta, per avermi fatto credere che avevo qualche speranza, che ce l'avrei fatta a cambiare, sia me che la mia vita, per avermi sorriso, per essermi rimasto accanto, per avermi dato l'affetto che nessuno aveva mai nemmeno solo provato a darmi, per avermi fatto dipendere dai suoi occhi... Quanto avrei voluto dipendere solo da loro, quanto avrei voluto farmeli bastare, ma no, i suoi occhi non mi bastavano... Lui non mi bastava.
"Ben? Ci sei?"
Una mano iniziò a sventolare davanti ai miei occhi.
"Eh? Sì."
Dissi ritornando con la mente a quello che stavo facendo.
"Sono dieci minuti che pulisci questo tavolo, a furia di passarci la pezza lo stai consumando."
Constatò sorridendo. Ecco, un altro tentativo vano di farmi sorridere.
"Hai ragione, scusa."
Dissi passando ad un altro tavolo. Mi afferrò il braccio costringendomi a voltarmi per guardarlo.
"So che se te lo chiedo non mi risponderai mai e ti innervosiresti soltanto, perciò..."
Iniziò, per poi fare una piccola pausa.
"Volevo solo farti sapere che, se hai bisogno di parlare, o anche solo di sfogarti piangendo, io sono qui per te."
Pugnalate... Ecco cos'erano le sue parole per me. Ogni volta che parlava, riusciva a farmi sentire sempre peggio, anche se involontariamente. Annuii soltanto, abbassando lo sguardo. Lui mollò la presa, così da permettermi di tornare a lucidare tavoli.

"Ben, potresti andare a prendere delle casse di birra dal retro? Così le preparo per stasera."
Mi chiese Giulia. Annuii.
"Mi faccio aiutare da Federico e..."
Iniziai, ma lei mi interruppe.
"No, Fede mi serve qua, dovrai pensarci da solo."
Disse con tono dispiaciuto.
"Vado."
Dissi semplicemente.

Avevo fatto avanti e indietro almeno tre volte. Erano davvero pesanti quelle dannate casse. Stavo poggiando l'ultima, quando dietro la figura di Giulia, notai Federico intento a parlare cordialmente con qualcuno, per poi incrociare il mio sguardo. Lo guardai confuso, sembrava come se stesse parlando di me. Mi sporsi quanto bastava per vedere chi fosse la persona intenta a conversare col biondino e, appena vidi di chi si trattava, mi si raggelò il sangue nelle vene, gli occhi mi si spalancarono e il mio corpo si pietrificò. Alexander. Non potevo crederci, era riuscito ad avere un contatto con lui. Appena mi ripresi dal mio stato di trance, mi diressi a passo svelto verso quei due.
"Federico."
Lo richiamai con fare autoritario. Entrambi si voltarono a guardarmi.
"Ben, non mi avevi detto che era lui tuo fratello."
Mi accolse il biondo. Trucidai con lo sguardo mio fratello che, in risposta, mi sorrise ingenuamente. Afferrai Federico per il polso, pronto a trascinarlo via.
"Simpatico il tuo amico."
Mi fermò Alexander incrociando lo sguardo di Federico che gli sorrise. Mi misi tra di loro, aumentando la stretta sul polso del biondo.
"Ti avevo detto di stargli lontano."
Dissi in tono duro.
"Abbiamo solo parlato un po'."
Si giustificò. I nostri sguardi mandavano come delle scariche elettriche.
"Non avvicinarti mai più a lui."
Lo intimai.
"Altrimenti?"
Disse avvicinandosi a me, facendo quasi sfiorare i nostri nasi e concentrando il suo sguardo sulle mie labbra.
"Ti ho sempre permesso di fare tutto quello che volevi di me, ti ho sempre dato tutto, ma lui no, lui non devi neanche permetterti di guardarlo, altrimenti ti farò scoprire un lato di me che, fidati, è meglio che lasci sepolto."
Gli consigliai. Rise.
"Tu che tieni a qualcuno che non sia tu? Questa è bella."
Mi schernì.
"Voglio proprio vedere fino a che punto ti spingerai per proteggerlo da me."
Disse, per poi uscire dal locale. Federico era rimasto dietro di me, in silenzio, per tutto il tempo. Lo portai nel retro, dovevo sapere cosa si erano detti.

Tutti i miei problemi || FenjiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora