Risvegli

12K 609 176
                                    


A Claudio e ai suoi occhi sinceri.


*

Nella settimana successiva Claudio ignorò completamente Mario. Al mattino cercava di trovare sempre qualcosa da fare sul retro del bar, inventando scuse a Gianni per assentarsi nell'arco di tempo in cui, di solito, la famiglia Serpa faceva il suo ingresso per fare colazione. Sentiva i bambini chiedere di lui e un po' il cuore gli si stringeva in petto. Voleva salutarli, voleva preparare le loro spremute e portar loro i cornetti; voleva vederli sorridere e salutarli con il solito buffetto sulla testa, eppure non ci riusciva. Nonostante non gli avesse confessato nulla, Mario aveva capito tanto di quello che iniziava a sentire per lui e le sue parole lo tormentavano anche di notte.

«Non possiamo.»

Era quasi una cantilena nella sua testa, ma più provava ad evitare Mario e più sentiva la sua mancanza. Vederlo a lavoro era d'obbligo e Claudio era diventato bravissimo a fingersi di ghiaccio. Era diventato una macchina, cercando solo di proteggersi. Lavorava, consegnava gli articoli e prendeva più pause del solito. Pausa caffè con Chiara, pausa sigaretta con Federico e la pausa bagno almeno tre volte al giorno perché almeno lì poteva poggiarsi contro la porta e provare a cacciar via quel senso di inadeguatezza che sentiva.

Si era chiesto più volte cosa stesse facendo, se valesse la pena distruggersi per qualcuno di appena conosciuto eppure dentro di lui sapeva che Mario era destinato ad essere qualcuno per lui, qualcuno di speciale. Roma era tornata ad essere stretta nonostante la sua immensità, ma Claudio aveva sempre pensato fosse più semplice perdersi quando si ha tutto che quando non si ha niente. Sentiva la mancanza di Verona, delle sue strade e della musica proveniente dall'Arena che le riempiva durante la sera.

La prima volta era stato facile impacchettare tutto e tornare a casa, ma fare tutto una seconda volta era più di un fallimento per lui. Non poteva farsi questo o non se lo sarebbe mai perdonato.

Buttò un po' d'acqua sul suo viso, guardandosi poi allo specchio mantenendo le mani sulle guance per osservarsi meglio. La barba poco curata e gli occhi contornati da occhiaie violacee lo invecchiavano e si tirò uno schiaffo come per svegliarsi da quel momento.

«Ahia» protestò per poi sorridere al suo stesso riflesso per essersi fatto male da solo, rendendosi quasi ridicolo. Un leggero bussare alla porta lo fece sobbalzare. Il bagno in cui si era nascosto era quello dell'ufficio di Mario e Claudio non si stupì di sentire proprio la sua voce.

«Tutto bene?»

Non rispose. Fece una smorfia con la bocca rilasciando poi dell'aria e sbloccò la porta uscendo poi come se non fosse successo nulla. Lo trovò ad aspettarlo nell'anti bagno, ma non lo guardò in faccia. Si limitò a sorpassarlo per uscire e tornare alla sua scrivania.

«Si. Ho finito le mie ore, vado.»

Lo sentiva alle sue spalle, camminare ed osservarlo. Sentiva il suo sguardo insistente e chiuse gli occhi perché faceva male.

«Devi stare ancora un'ora.»

«Cosa?»

Questa volta si voltò di scatto e lo trovò a sorridergli sornione. Un sorriso che Claudio avrebbe voluto cancellargli di dosso con un pugno, o con un bacio.

«Ti sei forse dimenticato che hai un'ora da recuperare da quando è venuto il tuo amico?»

«Giusto. Non ci pensavo, devo aver rimosso quella giornata dalla mia mente.»

Sono l'amore che ho dentroWhere stories live. Discover now