Capitolo 4 - Tutto Brucia - (1/4)

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Cinque marzo del 1973.
Parigi, Francia.


L'appartamento era abbastanza piccolo... tre stanze erano pure troppe: camera da letto, cucina e un ancor più piccolo bagno. La mobilia era presente, ma soltanto per il necessario e a rendere agibili le tre stanze; da quel che ricordo, sarebbe dovuta essere giusta una copertura, ma mi sarebbe bastato soltanto avere dello spazio per potermi concentrare. Aggiunse che per il cibo c'avrebbe pensato lui e che m'avrebbe mandato riforniture dai suoi agenti direttamente dove mi trovassi... anche se fosse più premuroso, da parte mia, che ogni "scambio di donazioni" avvenisse in un luogo privato e che a ogni volta che avessi finito una missione, facessi rapporto al "direttore delle operazioni" recitante anche la parte del portinaio dello stabile ove avevo la mia "base per le attività".
Ero diventato ufficialmente un affiliato a L'Ombra: la congregazione super segreta, di cui vi avevo già anche menzionato quando incontrai per la prima volta Blank. Esplorai le varie camere, dopo che mio fratello se ne andò... come suo solito... a esplorare tutto l'appartamento e mi soffermai a dare un'occhiata all'armadio. Cercai di capire come si potesse aprire, perché immaginavo che si dovesse aprire per prendere i vestiti e vidi che c'erano dei vestiti più "francesi": camicie, impermeabili, delle scarpe... con i lacci, cinte e tutto quello che mi serviva per non dovermi distinguere tra i miei nuovi "vicini". Una cosa, però non capivo... in tutto questo enorme trambusto: come si potesse affrontare uno sbalzo temporale di sessant'anni e non sapevo nemmeno farmi una doccia, con queste nuove tecnologie: avevo bisogno che qualcuno me le spiegasse. Mi recai alla reception, per chiamare il portinaio... o chi per lui... e quando risalii poi in camera, trovai fuori dalla porta un ragazzo mi che sembrava inglese: capelli tra l'arancione e il castano, alto una quindicina di centimetri di me, occhi castani e vestito come una di quelle strane scimmie che ti rubano la mela e i soldi – quella della scimmia è un'altra storia. Ritornando a noi, il fattorino che si presentò come Ted, mi chiese cosa desiderassi e io gli spiegai... a gesti, come se no... quale fosse il reale problema: necessitavo di un corso molto accelerato su tutto quello che successo in circa sessant'anni di cambiamenti.

«Allora, lei mi...» – Il fattorino iniziò a parlarmi in una strana lingua, più malleabile dell'inglese o del giapponese... di mia padronanza, ma s'accorse che io non riuscivo a seguirlo. Feci spallucce e facevo di no con la testa, proprio per cercare di fargli capire che non stavo capendo niente di quello che mi stava dicendo.
«Io parlo inglese, però» – Gli risposi, con un inglese non proprio da madrelingua, ma abbastanza ottimale e comprensibile dagli altri.
«Allora, lei mi sta dicendo che non sa che l'intero pianeta è stato devastato da una guerra... in cui strani esseri, oltre ai soldati d'ogni nazionalità, si sono dati battaglia per il dominio del mondo e che la Germania ha perso entrambe le guerre. Potrei stare a elencarti tutto quello che è successo, per un rapido recupero, ma ti consiglio di andare in biblioteca per maggiori informazioni, anche se dovresti uscire di qui e con il kimono che hai addosso daresti nell'occhio prima che anche tu potresti anche soltanto rendertene conto. E non sai nemmeno il francese, per cui mi metterò all'opera anche per farti dare delle ripetizioni!» – Parlò abbastanza di fretta, avendo anche una gestualità leggermente timorosa... forse perché aveva paura che sarei diventato aggressivo con lui, se mai avesse sbagliato qualcosa.

S'allontanò di fretta, Ted che credo si diresse direttamente al piano terra... ove aveva il telefono fisso e lo sentii parlare con qualcuno, ma l'unica voce che sentivo era la sua ed era preoccupato, in pratica, perché non m'aveva mai visto e non gli avevo fatto una buona impressione... nonostante gli avessi chiesto soltanto un'informazione: poteva darsi che vedendomi imponente e massiccio, non abbia fatto il ragionamento all'inverso... per cui, se avessi voluto, l'avrei già appeso già da qualche parte e lasciato lì... e invece no. Comunque, per il resto, mi stesi sul letto e chiusi gli occhi. Presi la mania di meditare, per incominciare a usare meglio le mie abilità, che poi si riducevano tutte a un pestare chiunque si mettesse in mezzo alla mia strada, ma alla fine avevo la consapevolezza di poter continuare con la stessa politica d'approccio alle cose che mi si stavano parando davanti. Era ancora giorno, quando arrivai lì, ma nel passare le ore a meditare s'era fatta notte e nessuno aveva lasciato le proprie stanze. Lo potevo dedurre dal rumore dei loro battiti cardiaci, anche se m'ero imparato a sentire quello che le persone si dicevano, soprattutto a molte decine di metri dall'albergo ove ero e quando litigavano... soprattutto quando litigavano... il loro corpo andava in totale fermento e io ero il loro ignoto confessore, tanto che era diventato una specie di divertimento.
Passai così tutta la notte, mentre la mattina successiva, verso le nove di mattina, sentii bussare alla porta e percepii un battito cardiaco calmo... anche la voce in successione era pacata e non troppo preoccupata. La voce, che chiedeva d'aprirle, era femminile: lo potrei dedurre sicuramente perché non era maschile ed era un tipo di voce... soprattutto se giovanile... che non ascoltavo dalla mia "strana" infanzia, perché anche la mia madre adottiva era stata giovane. M'alzai dal letto e le aprii, pronto a reagire alla sua minima azione e invece aprii la porta e non riuscii più a spiccicare una cavolo di parola.

The Chroniches of a Hero - Atlas "Versione Lite"Where stories live. Discover now