Capitolo 1

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Mi chiedo come sia capitato di incontrarsi così per caso;
come i suoi occhi abbiamo imparato a distinguersi tra milioni di altri occhi;
come sia riuscito a prendermi per mano e a farmi sentire più a casa che a casa.
L'avrei riconosciuto sempre tra la folla, per il respiro, il tocco delicato, le labbra sempre screpolate.

Successe tutto in un giorno freddo di Gennaio, mentre seduta su un marciapiede mi godevo la bellezza dell'alba alle cinque del mattino.
Avevo risalito la lunga strada fino ad arrivare nel punto più alto, in modo che potessi sentirmi più vicina alla grande sfera luminosa che iniziava ad intravedersi.

"Che ci fa una bella ragazza come te tutta sola a quest'ora?"
Non avevo neanche idea del fatto che quella voce mi avrebbe fatta tremare non molto tempo dopo.
"Aspetto."
Risposi senza nemmeno guardarlo, come se la bellezza del sole che sorge fosse più importante.
Non riuscivo ad immaginare come viso fosse dipinto, la forma del suo sorriso.
"Aspettavi me."
Si sedette accanto a me sul marciapiede ghiacciato.
L'unica cosa che a scaldarci era il calore della sua voce, che già allora mi cullava.
Il cielo era colorato di un rosa tenue che, probabilmente, era molto simile al colore delle mie gote.
"Aspetto il sole a dire il vero."
Sussurrando queste parole l'aria condensata fuoriusciva dalla mia bocca.
Le mani congelate, i capelli arruffati e lo sguardo stanco: non devo essere stata un grande spettacolo quella mattina.

"Cosa ti ha portata qui, ragazza?"
Ricordo il preciso istante in cui mi voltai a guardarlo, dopo quella domanda.
Non era il ragazzo più bello che avessi mai visto, tratti comuni di una persona comune.
Come quelle persone che si incontrano per strada mentre si è in ritardo, che le guardi in faccia e dopo qualche minuto non le ricordi più.
"Tutto e niente."
Gli occhi castani, pieni di vita, girovagavano per il mio corpo, studiandolo come si fa con la storia e la filosofia.
Chi lo sa se ciò che vedeva di me gli piaceva.
"Potremmo trovarci più spesso per vedere l'alba, magari avrai voglia di raccontarmi di questo tutto e niente".
Compresi immediatamente che lui era buono e mite. Le persone buone e miti non si aprono mai del tutto, è come se non fossero in grado di sottrarsi alla conversazione: rispondono quasi a monosillabi ma più avanti si va più parlano.

E così fu.
Ci incontrammo la mattina seguente e quella dopo ancora.
Stessa strada, stesso marciapiede, stesso cielo.
Imparai presto a conoscere il suo innato sarcasmo, la sua esagerata gestualità.
È sempre stato un mio difetto, osservo troppo:
una smorfia fatta col labbro, uno sguardo, un sorriso, un silenzio, il modo di camminare, di muovere le mani, un neo, una minuscola cicatrice, un bracciale, un libro, un colore,
lo sfondo di un telefono, un quadro, una fotografia, una poesia.
Mii perdo nei dettagli e non me ne libero più.

Ogni mattina scoprii così qualcosa di nuovo, come la fossetta che si formava quando rideva in maniera smisurata.
C'era sempre qualcosa di nuovo da raccontare e non mai un solo istante in cui si stesse in silenzio.
Talvolta perdevamo la cognizione del tempo e ci toccava correre per tornare a casa giusto in tempo per la colazione.
Diceva sempre che avevo il sangue caldo, per questa ragione le zanzare mi divoravano durante l'estate.
Così tante cose da dire, da raccontarsi, ma così poco tempo.

Ogni mattina era una promessa "Ci vediamo domani" - diceva.
La promessa più bella che una persona possa fare, soprattutto quando il giorno seguente è realmente seduta ad aspettarti.
Fu solo poi, in seguito, che si fece spazio l'amore.

"Ma se, per assurdo dico, mi piacessi?"
La voce era tremolante, e non per il freddo.
"E se, per assurdo, ci piacessimo?"
Risposi, un po' imbarazzata, mentre strappavo i filetti d'erba diventati duri a causa della brina.

Iniziammo a incontrarci più frequentemente, ogni volta che si poteva ed il nostro appuntamento mattutino era diventato ormai una routine.

Poi fu tempo dei baci e del sesso.
E con questo intendo i baci lenti sulla bocca,
sul collo, sulla pancia, sulla schiena, i morsi sulle labbra, le mani intrecciate, e occhi dentro occhi.
Intendo abbracci talmente stretti da diventare una cosa sola, corpi incastrati e anime in collisione, carezze sui graffi, vestiti tolti insieme alle paure, baci sulle debolezze,
sui segni di una vita passata.

È proprio incredibile come tutto ciò che hai sempre letto nei libri ti capiti così per caso, un mattino di un giorno qualunque.

Voglio solo dirvi di non aver paura che qualcosa andrà male, mai.
Non abbiate paura che il vostro vestito non sia quello giusto;
non abbiate paura che non gli piacerà il modo in cui baciate, il modo in cui amate.
Non abbiate paura di non essere all'altezza, di aver messo il profumo sbagliato.
Non abbiate paura, perché una cosa se deve andare male ci va lo stesso, che vi sia o meno la paura di mezzo.
Ma questa è tutta un'altra storia.

Aprile era alle porte.
I germogli si intravedevano a malapena e i peschi avevano un accenno di fioritura.
"Audrey, ti piacciono i fiori?"
Disse Lui tormentando una margherita.
"Suvvia, a chi non piacciono."
Il cielo cominciò ad ingrigirsi e le nuvole ad infittirsi.
"Sai, quando ero piccolo mia madre era appassionata di fiori."
Per quanto mi riguardava, non ero mai stata una grande amante della natura.
"Aveva un libro enorme pieno di nomi in greco e in latino che al tempo per me non avevano senso."
Non comprendevo dove volesse andare a parare con questa conversazione.
"E ricordo che ogni fiore, ogni erba aromatica aveva un suo uso e un suo significato particolare."
Nel frattempo lampi bianchi si facevano spazio nel cielo grigio e granelli di grandine caddero piano, e via via più forte.
Mi stampò un bacio sulla fronte bagnata e corse via dicendomi "Domani ti porto un fiore.".

La cosa buffa fu che realmente mi portó un fiore.
Si trattava di una rosa muschiata soffice e delicata, il cui sapore ricordava il detersivo alla lavanda che usava la nonna Shelly nella fattoria.
"La rosa muschiata rappresenta la rarità della bellezza."
Sorrise e me la porse con entrambe le mani.
"E tu sei la persona più bella che io conosca."
Lui era di una semplicità disarmante.
Con poche parole, pochi gesti, sapeva farmi tremare le gambe e il cuore.
Mi resi conto, in quel preciso istante, di essere semplicemente capitata nel posto giusto al momento giusto, in quella mattina di Gennaio.

Lui era diventato il mio Sole.
Il mio Sole non mi abbandona mai, mi protegge sempre.
E se mi scappa qualche lacrima, mio Sole, non devi aver paura di spegnerti per qualche secondo.
Se dovessi piangere ancora, mio Sole, basta ricordarmi che tu brilli solo se io brillo con te.
Perché non vorrò mai spegnermi se avrò accanto il mio Sole, e il mio Sole non si spegnerà se rimarrò.

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