Capitolo 2

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È statisticamente improbabile trovare la persona giusta al primo colpo, a soli diciannove anni.
Anche perché, fermandosi un attimo a riflettere, non esiste una persona giusta per noi.
Perché la persona giusta fa tutto giusto, non è mai in ritardo, non compie ingiustizie, non perde il treno, non dice cose sbagliate, non mangia troppi dolci, non è mai egoista e non si comporta male.
Quindi, fermandosi un attimo a pensare per davvero, la persona giusta non è altro che la persona sbagliata.
E la persona sbagliata, nostro malgrado, ci fa perdere la testa.
Ci fa compiere pazzie, ci fa scappare di casa e fare l'amore sotto ai fari.
Quella persona sbagliata ci farà piangere, ma un'ora dopo verrà ad asciugare le nostre lacrime per poi dire che non era così che doveva andare.
È quel genere di persona che ti ferisce, ti ferisce troppo, ma poi ti riempie di gentilezze e attenzioni.
È bene che ci sia una persona sbagliata per ognuno di noi durante la vita, perchè essa è così incerta che dobbiamo vivere ogni istante sorridendo, piangendo, emozionando, stringendo, pensando, agendo.

Ma a diciannove anni queste cose non le capisci, pensi di aver finalmente centrato il bersaglio stavolta.
A diciannove anni si ha un disperato bisogno d'Amore, tanto da trovare giustificazioni a comportamenti che non esistono né in cielo né in terra. Tanto da mascherarsi, da mettersi in secondo piano, da trattenere le persone.
Ma non è affatto così che devono andare le cose.
E quando ce ne rendiamo conto? Forse solo dopo, quando capisci che è inutile pregare le persone per farle restare al tuo fianco, per farle camminare al tuo stesso passo, perché tanto loro sono sempre rimaste lì. Anzi, non sono mai partite.
E allora vi dico che si, è difficile capire il momento in cui bisogna prendere in mano la situazione e lasciar perdere.
Ma io non ci sono mai riuscita a lasciare perdere, con il suo viso difronte al mio.
Quando dolcemente mi accarezzava la guancia e mi sussurrava "prometto che non succederà più".
Non ce l'ho mai avuta la forza di lasciarlo scivolare via come la sabbia asciutta dalle mani di un bambino.
"Un bacio non significa niente".
Le lacrime mi rigavano il volto mentre cercavo di convincermi che si, un bacio è solo un qualcosa di insulso.
Qualche shots rum e pera, una vodka lemon e quattro bianchi con fragola possono far perdere la testa alle persone.
E Lui, quella sera, l'aveva proprio persa.

Alcool, luci, musica a tutto volume e ragazze mezze nude.
Doveva essere una semplice festa di fine trimestre, per festeggiare i neo diplomati e coloro che, in un modo o nell'altro, avevano superato l'anno.

L'evento più atteso, con migliaia di partecipanti provenienti da ogni parte della piccola città, ed io mi ero stupidamente fatta convincere dall'euforia di mia madre a parteciparvi.
Un abito blu notte e capelli ondeggianti sulle spalle facevano di me una ragazza quasi attraente.
E Lui, che dire, era un incanto.
Quella sera fu magica: musica lenta, i nostri movimenti ondeggianti riempivano il ritmo alla perfezione.
Il vestito blu luccicava sotto la sfera luminosa e si addiceva perfettamente al colore dei suoi grandi occhi.
Lui mi stringeva i fianchi come se fossi qualcosa di suo, mentre tutti ci guardavano volteggiare al centro della pista con l'invidia negli occhi, consapevoli del fatto che fossimo la coppia più bella della serata.

Diciamo che sì, avrei voluto la serata fosse andata così.
In realtà non appena arrivati al grande cottage di campagna venimmo accolti da un'intensa puzza di fumo e alcolici.
La musica a tutto volume non permetteva le conversazioni.
Iniziò tutto con un drink, poi un altro e un altro ancora.
Eravamo ubriachi, totalmente persi in un mare di persone di cui non conoscevamo neppure il nome.
Le luci psichedeliche mi confondevano, mi sentivo così leggera.
"Vado a prendere un altro drink".
E mi lasciò in pista assieme ai miei movimenti scoordinati.
Sentivo mani viscide accarezzarmi per tutto il corpo, ma tutto girava così tanto, così bene.
Non ricordo molto altro di quella sera, solo quel bacio in lontananza, il bicchiere di vodka caduto in terra, le sue mani che lentamente accarezzavano il suo corpo e le loro lingue che si intrecciavano con foga.
I conati di vomito non si fecero attendere.
Sentivo che le gambe non reggevano più, e neanche il cuore.

Vi chiederete perché io sia rimasta.
Ma lo sapete cosa significa trovarvi davanti a una persona e rendervi conto che da quel momento in poi nessun'altra potrà più contare allo stesso modo?
Il cuore faceva tanto male, ma sapevo che sarebbe stato un dolore minore rispetto a quello che avrei provato se avessi perso Lui.
È che in fondo, tutti vogliamo un Amore di cui scrivere, tutti vogliamo un Amore per raccontare a noi stessi che non siamo più soli.
E a diciannove anni, vi assicuro, nessuno vuole restare mai solo.

Mi feci andare bene tutto, come quello schiaffo sotto il porticato di casa sua.
Ci urlavamo insulti quando Lui, per farmi stare zitta, mi schioccò le cinque dita sulla guancia.
Rimasi immobile, spaventata dalla persona che avevo difronte.
E ammetto di aver perso spesso le speranze, la fiducia in Lui.
Ma è sempre stato il migliore a saper recuperare quel pezzettino, minuscolo pezzettino, che rimaneva dentro di me di speranza nei suoi confronti.
"Audrey, amore mio, so di averti fatta soffrire e di non meritarti, ma ti supplico di andare oltre le mie azioni. Prometto che ti racconterò sempre tutto di me e che non ti accadrà mai nulla di male finché sarai al mio fianco".
E, con questi brevi ma intensi discorsi, riusciva a farmi esplodere d'Amore nuovo.

Eravamo giovani avventati, io e Lui.
Credevamo di sapere cosa fosse l'Amore, eppure non lo sapevamo per niente.
Ma esso non è facile da spiegare, da riconoscere; si mimetizza come un camaleonte e prende diverse sembianze.
Perché se c'è qualcosa che ho capito è che puoi leggere tutte le frasi, le storie che vuoi sull'Amore, puoi guardare centinaia di film, leggere un sacco di libri e guardare foto, ma non è un qualcosa che si insegna.
È solo un qualcosa che impari a tue spese, e non c'è un'età precisa in cui esso ti dovrà raggiungere.

Oggi sono passati sette anni da allora e le cose che ho cambiato in tutto questo tempo sono tante, ma tante davvero.
Ho imparato a contare fino a venti, o almeno ad impormelo, anche se poi mi fermo un po' prima.
Ho imparato a lasciar perdere, a non lasciarmi turbare, anche se un po' inevitabilmente mi vengono i crucci, ma ci lavoro su.
Ho imparato a lasciar andare, io che mi legavo coi doppi nodi dentro al cuore e non sapevo venirne fuori.
Ricalco il rossetto rosso, io che mi rifiutavo anche di comprarlo: per il ruge però tifo un po' di più.
Le cose che non ho cambiato, invece, sono quelle che mi portò dentro, che mi tengono sveglia come i pensieri di troppo, le scie dei sogni che non riesco a spegnere. Lo so che non è semplice, ma io non so smettere di credere in un qualcosa anche se profuma di impossibile.
E, per ultima cosa ma non meno importante della nostra lista, ho imparato a dire alle persone che amo quanto le amo, finché sono ancora in tempo.

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