Tempesta sulle Montagne Nebbiose

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Lasciare Gran Burrone di nascosto risultò piuttosto semplice, sebbene nessun membro della compagnia avesse immaginato di doverlo fare prima del previsto; l'incontro di Gandalf col Consiglio era stato anticipato e, di conseguenza, Thorin e gli altri si erano visti costretti a partire l'indomani mattina di buon'ora. Incrociarono solo un piccolo gruppo di elfi prima di attraversare il ponte sul Bruinen e nessuno prestò loro attenzione; in tal modo, imboccarono rapidamente il sentiero che conduceva alle Montagne Nebbiose. Come promesso, lo stregone aveva tenuto occupato re Elrond ed altri elfi durante la riunione; il suo intento era quello di concedere agli amici il tempo necessario per lasciare la Valle inosservati, così da raggiungerli in seguito.

Quando la compagnia intraprese un sentiero roccioso, troppo stretto per permettere a ciascuno di loro di camminare fianco a fianco senza cadere nel vuoto dal lato destro, Bilbo restò indietro e si voltò a guardare la Valle degli elfi che aveva appena lasciato; May, che camminava dietro di lui, si fermò a sua volta.
"Mi sarei trattenuta volentieri un altro giorno, o un'altra settimana, magari anche un mese" disse, con lo sguardo rivolto a Gran Burrone.
Bilbo colse una vena di nostalgia nella voce della donna, e fu lieto di non essere l'unico della compagnia a rimpiangere quel posto magnifico. "So che vuoi dire. Non sarebbe dispiaciuto neanche a me... Sai, re Elrond mi aveva detto che sarei stato il benvenuto tra loro, se avessi deciso di restare".
"E' stato gentile da parte sua, puoi ritenerti fortunato!". May naturalmente era a conoscenza di quella conversazione avvenuta tra il re degli elfi e lo hobbit, tuttavia si mostrò sorpresa: stava imparando a fingere.
"Tu avresti voluto? Restare a Gran Burrone, intendo".
Bilbo non ebbe il tempo di rispondere; la voce di Thorin li avvertì che erano rimasti troppo indietro.
"Mastro Baggins! May! Vi suggerisco di tenere il passo".
Stavano per varcare i confini delle Terre Selvagge.


-s-s-s-


May procedeva lentamente, facendo attenzione a dove metteva i piedi. La vista da lassù era di una bellezza mozzafiato, ma sfortunatamente non c'era tempo di fermarsi ad ammirare il panorama.
La compagnia aveva seguito un percorso roccioso che saliva sempre più in alto; il sentiero era divenuto pericolosamente stretto e i viaggiatori avanzavano con estrema cautela. Vi era un muro di roccia alla loro sinistra; sulla destra, il nulla. Poco dopo il tramonto, il cielo sopra le loro teste si era coperto di nubi e la pioggia non tardò a manifestarsi sotto forma di scrosci impietosi.
"Ci mancava anche questa!" borbottò Dori spazientito, esprimendo ad alta voce il pensiero di tutti. Con quel temporale, in quel sentiero che consentiva il solo passaggio in fila indiana, era difficile proseguire e impossibile tornare indietro.
"Dobbiamo trovare riparo!" gridò Thorin, in testa alla fila.
Un lampo squarciò il cielo notturno, accompagnato dal ruggito di un tuono.
"Fosse facile!", pensò May.
La fanciulla arrancava penosamente dietro a Bilbo e davanti a Fili; il cappuccio del mantello non era che un misero riparo dal vento ostile e dalla pioggia battente.
All'improvviso, Dwalin vide qualcosa di scuro volare nel cielo in direzione della compagnia.
"Attenzione!" gridò con tutto il fiato che aveva, subito prima che un enorme masso si schiantasse contro la parete sopra di loro, causando una valanga di roccia. La montagna tremò e, con essa, i cuori della compagnia. May guardò in alto, confusa e spaventata. In quell'attimo, il suo piede scivolò pericolosamente ed ella perse l'equilibrio; sarebbe sprofondata nel baratro ponendo fine ai suoi giorni, se Fili non l'avesse afferrata per la vita attirandola contro di sé, per proteggerla col proprio corpo dai grossi pezzi di roccia che piovevano dall'alto. Per fortuna, molti di questi caddero nell'abisso sotto i loro piedi e nessuno rimase ferito.

"Questo non è un temporale! E' una battaglia fra tuoni!". La voce di Balin, che indicava un punto lontano davanti a sé, sovrastò il frastuono della tempesta.
"Guardate!".

I viandanti guardarono in su e non credettero ai loro occhi: due giganti animati, fatti di pura roccia, si stagliavano contro l'oscurità lacerata dai lampi. Con immenso stupore, la compagnia li vide staccare grossi macigni dalla montagna come fossero briciole, per lanciarseli a vicenda.
May era impressionata: aveva visto innumerevoli volte quella scena, ma viverla era ben altra cosa!
"Che mi venga un colpo! Le leggende sono vere!" vociò Bofur, stravolto. "Giganti di pietra!".
In quell'istante, uno dei giganti fu colpito da un masso lanciato dall'altro, e inciampò all'indietro.
"Riparati, stupido!" gridò Thorin a Bofur, che fissava impietrito i due colossi.
Immediatamente, Kili tirò il nano al riparo contro il muro di roccia proprio mentre il gigante si schiantava di schiena sul lato della montagna. Si udì un tremendo scricchiolio.

"Fili!".

L'urlo di May fece voltare l'intera compagnia: una crepa si era aperta tra i piedi di Fili, che ora fissava sgomento il terreno sgretolarsi sotto di lui. Non aveva altra scelta che saltare a destra o a sinistra per non cadere nel vuoto, e doveva farlo in fretta.
Per un attimo che sembrò durare un'eternità, il nano rimase con un piede poggiato su ogni lato della roccia ormai frantumata in due, mentre l'abisso si allargava sotto di lui.

"Fili! No!".

La disperazione che trapelò dalla voce di May fu più forte del terrore che lo paralizzava: Fili spiccò un salto verso la fanciulla, nello stesso momento in cui lei lo afferrava per un braccio attirandolo verso di sé. Tremante, il giovane la strinse forte tra le braccia e, per un meraviglioso istante, entrambi dimenticarono la paura.
Quando si voltò, Fili vide con orrore che suo fratello – dalla parte opposta del sentiero – veniva lentamente trascinato via.
"Kili!" gridò, tendendo invano il braccio verso di lui.
I quindici viaggiatori si trovarono spaventosamente in piedi sulle ginocchia di una delle creature di pietra: metà della compagnia era bloccata sulla gamba destra, l'altra metà sulla sinistra.
La battaglia non accennava a finire.
Ricevendo una testata dall'avversario, uno dei giganti barcollò andando a colpire per la seconda volta il fianco della montagna; la gamba sinistra strusciò sul muro di roccia, permettendo così a Thorin e pochi altri di saltare via e piombare nuovamente sul sentiero.
La parte restante della compagnia era ancora terribilmente sospesa sull'altra gamba del gigante, che questa volta incassò un pugno: la testa si staccò e volò via. La creatura di pietra vacillò, frantumandosi il ginocchio sul sentiero a pochi passi da May, che guardava inorridita; il corpo cadde nel burrone, sbriciolandosi in mille pezzi.

"NO!".

Il grido di Thorin lacerò l'aria: Kili e altri compagni si trovavano su quel ginocchio, al momento della collisione.
"Li ha schiacciati! Maledetto!", urlò Dwalin fuori di sé.
"No! Kili!". Thorin balzò in avanti sul sentiero roccioso e grande fu il sollievo, quando vide che suo nipote e gli altri erano vivi. Sconvolti, malconci, ma vivi.
"Tutto bene! Sono vivi!" esclamò Balin, correndo in loro aiuto insieme a Fili.
"Dov'è Bilbo?". Bofur cercava ansiosamente attorno a sé, senza riuscire a vederlo. "Dov'è lo hobbit?".
"Bilbo!". May si girò e fece uno scatto in avanti, rischiando di scivolare una seconda volta.
"Resisti!".
Le mani dello hobbit erano spasmodicamente aggrappate al bordo del sentiero; le gambe penzolavano nel vuoto ed egli stava per mollare la presa, quando la giovane si inginocchiò per allungargli un braccio. Bilbo lo afferrò, terrorizzato, ma nonostante lo sforzo May non fu in grado di tirarlo su, neanche quando Bofur e Ori intervennero in suo aiuto. Ci riuscì Thorin, che saltò agilmente oltre il margine della roccia, calandosi giù quel tanto che bastò per portare Bilbo in salvo; subito dopo scivolò mancando il punto di appoggio, ma fu agguantato al volo da Dwalin, che lo tirò su impedendogli di cadere nel burrone.
"Grazie a Durin!", disse Dwalin in un sospiro, "Credevo avessimo perso il nostro scassinatore!".
"Lui si è perso! Fin da quando ha lasciato casa sua" rispose Thorin, lanciando un'occhiata dura a Bilbo.
"Non sarebbe mai dovuto venire! Non c'è per posto per lui, tra noi!".
May poté leggere la mortificazione sul volto dell'amico e provò pena per lui.
"Dwalin!". Con un cenno del capo, Thorin invitò il compagno a seguirlo all'interno della caverna che aveva appena scoperto.
"Non badare a ciò che ha detto, non lo pensa realmente. E' solo sconvolto!".
May aveva scelto con cura le parole da rivolgere a Bilbo; gli accarezzò la spalla con fare rassicurante e un sorriso incerto increspò le labbra dello hobbit, che annuì prima di seguire i compagni.

"Stai bene? Sei ferita?".
May alzò la testa e vide Fili che la osservava preoccupato. La stava aspettando all'ingresso della caverna; gli altri erano già dentro.
"Sto bene, è solo che...". Ella abbozzò un sorriso forzato e sospirò. Le parole uscivano a fatica. Vide gli occhi del nano indugiare ansiosi su di lei e un nodo le salì in gola. Avrebbe voluto che le braccia di Fili la stringessero come avevano fatto poco prima, per non lasciarla mai più andare; sentiva il bisogno di liberare le lacrime e annegarle sulla spalla di lui, col viso nascosto tra le sue lunghe trecce dorate.
"Non ho mai provato tanta paura in vita mia!" disse infine, ricacciando indietro le lacrime.
"Lo so".
La voce di Fili era poco più che un sussurro.
Egli avanzò di qualche passo; gocce d'acqua piovana scivolavano incessanti dal cappuccio fradicio sulla sua fronte. Si fermò davanti a lei. "Grazie... Di avermi salvato" mormorò, esitante.
May sentì gli occhi inumidirsi. Tremava dalla testa ai piedi per l'acqua e il freddo penetrati fin dentro le sue ossa, e poi perché lui era lì – a meno di mezzo metro da lei – intento a fissarla come se... Come se...
No, non era possibile, si disse.
"Oh beh, in questo modo ho saldato il mio debito, considerando che tu mi hai salvata per primo", scherzò.
"Temo di dover dissentire: tu mi hai salvato ben due volte nel giro di pochi giorni, dunque sono io ad essere in debito con te".
Le labbra di Fili disegnarono un umile sorriso che scaldò il cuore di May.
"Che fate ancora lì? Muovetevi!". Nori si era affacciato dalla caverna e li esortava ad entrare; i due obbedirono e, pochi istanti dopo, furono inghiottiti dal buio.


-s-s-s-


May si girava e rigirava nella coperta da viaggio, poco meno zuppa dei suoi vestiti.
"Mi beccherò come minimo un raffreddore!" osservò, dopo aver soffocato uno starnuto sul palmo della mano per non svegliare i compagni. Era esausta, tuttavia il sonno era ben lungi dall'arrivare. Le gambe le tremavano ancora dallo spavento, e l'umidità della caverna non era di aiuto. Avrebbe avuto bisogno di scaldarsi un pò prima di riposare – come i suoi amici del resto – ma Thorin aveva proibito a Gloin di accendere il fuoco: le grotte di montagna erano spesso abitate e non era il caso di rischiare, specialmente dopo la recente disavventura. L'intento del capo della compagnia era quello di riprendere il cammino al sorgere del sole, e May sapeva di non poter dire o fare nulla per anticipare la partenza; pur conoscendo il nuovo pericolo che tutti loro avrebbero affrontato di lì a poco, aveva le mani legate. Era terribile sapere senza poter agire.
D'altra parte, era stata lei a fare quella scelta; c'era il suo nome sul contratto avuto da Balin, lo aveva firmato lei di sua spontanea volontà.
Dalla sera in cui era arrivata a Casa Baggins, May non aveva rimpianto neanche per un attimo la sua vecchia vita nel mondo reale. Avrebbe sì desiderato riabbracciare familiari ed amici, e avvertiva forte la mancanza di tutte le comodità moderne a cui era abituata, ma nel profondo del cuore cominciava a sentirsi parte della Terra di Mezzo. Era sempre stato quello il suo posto, il mondo che aveva percorso infinite volte nei propri sogni da sveglia.
Si domandava quale sarebbe stato il suo destino. Si rendeva conto che l'attendevano giorni difficili e probabilmente dolorosi, eppure ciò non intaccava in alcun modo la felicità che provava.
In fondo, c'era lui.
Lui, che ora dormiva a qualche metro di distanza. Alla pallida e unica luce che filtrava dall'entrata della grotta, May poteva scorgere i capelli biondi del giovane risplendere nel buio; egli riposava su un fianco, avviluppato in una coperta di lana che lo copriva dal collo in giù.
La fanciulla chiuse gli occhi: sentiva ancora il calore di Fili, quando lui l'aveva stretta al petto per metterla al riparo dalla valanga rocciosa.

Lei amava Fili.

Le era bastato incontrarlo, per vedere la propria infatuazione nata nel "vecchio mondo" trasformarsi in un autentico e vivo sentimento d'amore nel "nuovo".
Sì, lo amava.
Ne aveva preso piena consapevolezza la sera in cui – senza riflettere e senza sapere cosa stesse davvero facendo – si era buttata in mezzo ai troll nel tentativo di salvarlo. Quando aveva udito la voce sconvolta di lui gridare il suo nome, dall'angolo in cui era prigioniero, May aveva provato una terribile stretta al cuore. Chissà se Kili aveva ragione. Chissà se Fili l'amava... Sarebbe stato immensamente bello da credere. E da vivere. Forse era davvero così. O forse, lui la vedeva come una sorella minore da proteggere, nulla di più.
Perché il solo pensiero faceva tanto male?
Era tormentata dal desiderio di sapere quali sentimenti si nascondessero nell'animo di lui. Sentiva che Fili si stava avvicinando a lei, e lo stava facendo in un modo diverso rispetto al fratello; ciononostante, il giovane non diceva nulla e lei si augurava con tutto il cuore di non essergli indifferente. La singolare affinità che li univa era stata notata da tutta la compagnia: scherzi, allusioni e sorrisetti ne erano la dimostrazione.

Un leggero stropiccio di passi le fece drizzare le orecchie. May si sollevò sul gomito, giusto in tempo per vedere Bilbo che se la svignava indisturbato, impugnando il suo bastone da viaggio.
"Dove credi di andare?" bisbigliò, alzandosi in piedi.
Bilbo si arrestò immediatamente, prima di girarsi. "Torno a Gran Burrone", rispose con voce bassa e piatta.
"Non puoi andartene ora, fai parte della compagnia!".
Il tono di May si era alzato di poco, senza che lei lo volesse. Evitando di fare rumore, ella raggiunse lo hobbit davanti all'ingresso della grotta, dove sulla sinistra sedeva Bofur, addormentato con la schiena appoggiata al muro; era stato vinto dalla stanchezza durante il primo turno di guardia.
"In realtà no. Thorin ha detto che non dovevo venire, lo hai sentito anche tu... E ha ragione".
Bilbo sembrava fermo sulle sue convinzioni.
"Se tu te ne vai, allora me ne vado anch'io!" ribatté lei, con altrettanta convinzione.
La sola idea di lasciare la compagnia – di lasciare lui – era estremamente dolorosa per May; mettere in atto un tale piano avrebbe richiesto un grande sacrificio, da parte sua. Eppure doveva trattenere Bilbo ad ogni costo e, se questo era l'unico modo, era pronta a rischiare. Se lo hobbit fosse tornato a Gran Burrone, la missione sarebbe miseramente fallita e la gravità delle conseguenze avrebbe assunto proporzioni tali che, solo ad immaginarle, la fanciulla rabbrividì.
Bilbo scosse lentamente la testa, sorridendo con amarezza. "Tu hai degli amici qui, non puoi abbandonarli" disse, guardandola in modo eloquente.
"Sì dà il caso che siano anche tuoi amici, Bilbo. E anche tu sei mio amico. Vedi, noi due siamo i nuovi arrivati, perciò se lascerai la compagnia io ti seguirò!".
"Ragazzi, che ci fate ancora in piedi?". Bofur si era appena svegliato e li guardava perplesso.
"Per la mia barba, devo essermi appisolato... Che succede qui?".
"Bilbo vuole tornare a Gran Burrone ed io lo accompagno, ecco che succede!", dichiarò May in tono contrariato.
"Ma dico, siete impazziti?! Bilbo, non puoi andartene! Sei uno di noi, adesso. E anche tu, May!" esclamò Bofur sconcertato, alzandosi in piedi. "Avete nostalgia di casa, lo capisco, io...".
"No! Tu non puoi... Tu non capisci! Nessuno di voi capisce!" si sfogò lo hobbit, alzando leggermente la voce. "Siete nani! Siete abituati a questa vita, a vivere per strada, mai fissarsi in un posto e non appartenere mai a niente!".
Bofur tacque. May ebbe l'impressione che gli occhi del nano si stessero facendo lucidi.
"No, scusami... Io non...". Bilbo abbassò la voce e tossì nervosamente; quelle erano parole dure e si era pentito subito di averle pronunciate.
"No, hai ragione" disse Bofur tristemente, voltandosi a guardare i compagni che dormivano. "Non apparteniamo mai a niente".
Lo hobbit restò in silenzio. Era sinceramente dispiaciuto.
"Vi auguro tutta la fortuna del mondo, ragazzi. Dico davvero!" aggiunse infine Bofur, sorridendo affettuosamente ai due amici. Fu allora che gli cadde l'occhio su una strana luce che s'intravedeva dal fodero della spada elfica di Bilbo.
"Che cos'è?".
Lo hobbit tirò su l'elsa: tutti e tre videro che la lama emanava una luce blu. Con orrore, ben sapendo cosa stava per accadere, May si precipitò a svegliare i compagni, scuotendoli uno ad uno proprio mentre la terra cominciava a tremare sotto di loro.
"Svegliatevi!" gridò Thorin, che non dormiva e aveva udito la conversazione tra lo hobbit e Bofur. Qualcosa, nelle profondità della montagna, stava tracciando un solco nella sabbia del pavimento della grotta.
"Presto, via di qui!" gridò May a Fili, che la guardava disorientato. Lui allungò una mano verso di lei, ma in quel momento la terra si aprì come una porta e tutti loro scivolarono giù, in un buco profondo.





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