Capitolo 60 - THE END

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N.A. Riposto il capitolo perché molti non sono riusciti a leggere, spero che questa volta non ci siano problemi.

La pioggia non aveva ostacolato i nostri piani per una serata fuori. Lucy aveva portato un ombrello che tre di noi avevano già affollato, Zoe optò per una rapida corsa per tenerci la porta aperta. Le diedi un veloce bacio sulla guancia in segno di ringraziamento per aver sacrificato i suoi capelli per il bene del gruppo.

“Sì, sì. Entra”, rimproverò scherzosamente.

Aveva occupato il Black Dog, un pub, uno dei pochi stabilimenti nella zona ad avere tavoli da biliardo adeguati e un’area specifica per le freccette. Avevo preferito quell’atmosfera a qualche altro pub sudicio. Non c’era niente che potesse far ballare gli ospiti, e l’unica vecchia scatola appesa al muro emanava suoni di uno dei nuovi brani degli Arctic Monkey.

Charlotte aveva trovato un tavolo all’angolo e ci fece un cenno furioso prima di allontanare delle sedie e portarle più vicine al nostro tavolo.

“Uh, uh, uh!” Zoe rimproverò un uomo in procinto di rubarle il posto. “Questo è mio, dolcezza.”

Risi per come lui scivolò via cavallerescamente dalla sedia per far sedere la mia amica. Lei lo ringraziò con un rossore quasi identico ai suoi capelli.

“Sto andando a prendere da bere”, alzai la voce per farmi sentire sopra il chiacchiericcio.

“Vuoi che venga con te?” si offrì Lucy, riaggiustando la mollettina nei capelli per tener ferma la frangia.

“No grazie, tienimi il posto!”

Ricevetti un pollice in alto come conferma, prima di attraversare corpi compattati. Alcune persone erano molto disponibili nel farmi arrivare al bancone, altre mi bloccavano così gli davo colpetti gentili sulle spalle.

Una volta riuscita nella mia impresa, aspettai che mi servissero dietro il bancone di legno. La povera cameriera correva da tutte le parti, il capo e lei stessa facevano avanti e indietro per raggiungere tutti i clienti. A quel punto, probabilmente, ero in fondo alle loro priorità.

“Penso che hai bisogno di tacchi più alti.”

Guardai alla mia destra per trovare un sorriso luminoso e un paio di occhi marroni.

“Huh?” chiesi.

La sua fronte era imperlata di sudore, i capelli scuri attaccati alla fronte bagnata.

“Per essere vista”, indicò la lunghezza della barra.

Non appena le altre persone ricevevano le loro bibite, venivano sostituiti da altri clienti assetati. Era stato un ciclo senza fine, fino al suono della campanella per gli ultimi ordini.

“Oh, non mi dispiace aspettare”, sorrisi.

Il mio interesse tornò al bancone, dove mi appoggiai per attirare l’attenzione di qualcuno.

“Devi farti vedere di più”, disse prima di poggiarsi le dita in bocca e fischiare.

Il suono fu appena udibile sopra il caos del pub, ma fece un buon lavoro e mi fece avvicinare a quello sconosciuto. Il mio corpo era scosso dalle risate insieme a lui, fino a quando l’uomo dietro il bancone non ci guardò.

“Ha funzionato!” applaudii.

“Ogni volta.”

La risposta fu accompagnata da un occhiolino, sentendolo premere contro di me per colpa delle persone che lo urtavano. Ordinò prima di guardarmi.

“Lascia che ti offra da bere.”

“Tranquillo, sono con i miei amici.”

Feci un cenno verso il tavolo che avevo lasciato poco prima. Speravo che Lucy aveva mantenuto la sua parola e mi stesse tenendo il posto.

“Oh, andiamo” incoraggiò in modo scherzoso.

“Veramente.”

Scossi la testa. Mise i soldi sul bancone per una pinta, ma non fui abbastanza veloce con la mia negazione che il personale passò ed io ero di nuovo in fondo alle loro priorità. Sospirai, mettendo la mia borsa tra due sottobicchieri sopra il bancone di legno.

“Allora”continuò occhi marroni, “stai uscendo con qualche Dio greco?”

Mi misi a ridere, aggrottando la fronte confusa di fronte alla sua domanda bizzarra.

“Sai, alto, muscoloso, che potrebbe rompermi a metà con un mignolo?”

Sorseggiò sul bicchiere di vetro grosso, sbirciando verso di me oltre il bordo.

“Come fai a sapere che non è una Dea greca?” mi chinai per rispondere.

“Adesso che sta diventando caldo, mi lasci guardare?”

Feci una risata che a quanto pare a lui sembrò accattivante. Il mio gomito era appoggiato al bancone dove lui poggiò la sua pinta, inclinando il volto. Le sue dita erano premute sulla mia pelle nuda, un gesto che ero abituata a sentire dal sesso opposto. L’unico ragazzo da cui ho sempre voluto quel tipo di intimità non era più parte della mia vita, fatta eccezione per i pochi casi in cui il mio cuore batteva un po’ più veloce ed avrei giurato di sentirlo con me. Nascosto, guardare altrove.

“Come ti chiami?”

Il calore del suo respiro mi fece improvvisamente accapponare la pelle, e mi stava mettendo repulso con la velocità delle sue domande.

“Bo”, dissi un po’ a disagio.

“Sono Darren.”

“Ho voglia di tornare dai miei amici.”

Mi voltai di corsa per fuggire, prima che potessi fermarmi ad osservare i suoi lineamenti. Per quanto lo riguardava, stavamo andando bene.

“Hey.”

Una mano viscida mi afferrò il polso, mi girò verso di lui. Liberò il mio braccio quando vide il disagio nel mio sguardo, ma era ancora implacabile nel continuare le domande.

“Cosa c’è che non va? Non hai ancora la tua bibita.”

“Non credo che lo prenderò, è un po’ affollato, tornerò più tardi”, dissi di corsa, desiderosa di perdermi in mezzo alla folla.

Darren aveva perso il suo posto di fronte al bancone per continuare la conversazione. La scusa per starmi vicino per colpa del rumore stava crescendo.

“Ed ho rifiutato” affermai di nuovo fermamente.

Il tocco delle sue dita contro la mia spalla non era voluto. Aprì di nuovo la bocca per controbattere, ma fu interrotto.

“Ehy fratello, fuori c’è qualcuno che vuole parlarti.”

Sia Darren che io guardammo quell’uomo ancora nel suo cappotto bagnato. Era appena entrato dopo la fuga sotto la pioggia inglese, ovviamente. Lo avrei ringraziato per il suo tempismo perfetto, se non fosse per il fatto che Darren continuava a stare al mio fianco persistentemente.

“Chi è?”

“Non lo so”, l’uomo si strinse nelle spalle, “è qui fuori.”

Colsi l’occasione per mollare lì Darren e tornare dal mio gruppo di amici. Lo sentii chiamare due volte il mio nome, prima di vederlo sparire tra la folla seguendo alla porta il mio salvatore.

***

Avevo fatto ritorno al tavolo senza problemi, sedendomi e spiegando alle ragazze il problema di ordinare bibite. Non erano molto preoccupate, felici di chiacchierare e magari provare a giocare a biliardo. Continuavo a guardare curiosa la porta, in attesa di vedere quando Darren avrebbe fatto la sua ricomparsa.

Pochi minuti dopo la porta si aprì e qualcuno entrò nel pub. Il mio volto impallidì riconoscendo la figura che entrò inciampando in mezzo ai gruppi di persone. Mi ritrovai in piedi, i miei amici mi chiamavano. I suoi capelli erano un po’ trasandati, l’occhio sinistro era gonfio, mezzo chiuso, e il sangue colava dal naso. Era un disastro.

“Hai detto che non stavi vedendo nessuno!” mi gridò Darren.

“Non io.”

Ignorò il mio stupore, asciugandosi il sangue prima che entrasse nella sua bocca.

“Allora chi cazzo era?”

Mi spinsi davanti a lui, facendo passi verso la porta. Camminando al lato sinistro coperto di legno, uscii sulla strada umida di Londra. Non mi ci volle molto per vederlo, l’angelo sopra la mia spalla. Si passò il pollice sulle nocche della mano destra, prova che poco prima aveva avuto uno scontro.

Rimasi appena fuori dal riparo del bar, guardando Harry dall’altra parte della strada, di fronte ai suoi occhi attenti, per osservare il mio corpo infuocato. Era buio e a contatto con la pioggia mi stava venendo la pelle d’oca. Ma non riuscivo a trovare la cura. Lui era qui.

Un cappuccio fu tirato sopra i capelli selvaggi tenuti da una bandana; non aveva fatto nessuna considerazione di starmi lontano. Dopo mesi di segni, garanzie, lui era qui. Il mio cuore batteva contro le costole, e una piccola, forse non così insignificante parte di me, desiderava sparire nel buio.

Presto, dopo quella notte, smisi di sentire la sua presenza a guardarmi protettivo.

Ho dovuto combattere per me stessa.

___
Dark è finito, ci sarà un sequel.

Dark (storia di H28, traduzione)Where stories live. Discover now