Ritorno a casa

25.6K 325 41
                                    

Masticava la gomma, tamburellava le dita sul tetto della macchina e muoveva i piedi poggiati sul cruscotto il tutto a suon di musica.

«Tesoro quante volte ti ho detto di non mettere i piedi sul cruscotto, cortesemente li tiri giù?» chiese l'uomo alla guida.

Lara, la ragazza con i piedi sul cruscotto, sbuffò «E io quante volte ti ho detto che dobbiamo smetterla di cambiare città altrimenti non riesco a fare amicizia?»

«Beh stavolta è anche colpa tua, sai che se vieni bocciata due volte nella stessa scuola non puoi più frequentarla» rispose l'uomo alla guida, nonché padre di Lara.

«Sai che cambiare scuola quindici volte in sei anni non agevola lo studio» rispose la ragazza

Non era del tutto vero, a lei non piaceva studiare, ecco tutto. Ma questo suo padre non lo sapeva e quindi, mentre guidava, sentì una punta di senso di colpo, come al solito. «Lo sai che cambiamo città perché vado dove mi porta il lavoro. Tesoro, la scuola ti serve. Siamo in un Paese dove con la laurea hai difficoltà a trovare lavoro figurati che potresti fare solo con la terza media. È proprio perché voglio evitarti di trasferirti migliaia di volte come facciamo noi che insisto che tu finisca la scuola. Lo so che ti viene difficile, ma è importante» rispose l'uomo alla guida il cui nome era Roberto. Stavolta fu Lara a sentirsi un po' in colpa. Ritirò la mano, alzò il finestrino, ci poggiò la testa e appannò il vetro con il fiato.

Roberto guardò verso sua figlia «Tesoro, i piedi e porta avanti il sedile»

Lara li tirò giù con enfasi, aumentò il volume della radio e Lana Del Rey inondò la macchina.

Roberto non parlò, anche se pensava che quella musica era una lagna. Tamburellò le dita sul volante, era in viaggio da cinque ore, gli faceva male la caviglia, aveva bisogno di una pausa, aveva bisogno che sua figlia prendesse la patente e gli desse il cambio. In fondo ormai aveva diciannove anni, avrebbe potuto avere la licenza di guida già da un anno. Ma si erano trasferiti quattro volte in quei due anni, come avrebbe fatto ad iscriverla a scuola guida o a insegnarle a guidare? Adesso sarebbe stato tutto più facile.

«Al primo autogrill ci fermiamo» disse attirando l'attenzione della figlia che annuì pigramente.

Lara aveva i capelli neri, gli occhi azzurri che ormai erano sempre circondati dalla matita nera, carnagione pallida e piccole efelidi che le riempivano il naso. Era alta e aveva da poco metabolizzato di essere diventata una "donna" e non essere più una bambina. Senza madre e con un padre che amava tutte le donne ma non riusciva a sostituire stabilmente una figura femminile, era stato facile pensare di non essere cresciuti.

Mentre teneva la testa ancora appoggiata al finestrino e guardava il paesaggio scorrere, Lara realizzò che aveva paura di tornare a casa. C'erano troppi ricordi, troppe persone. Ma soprattutto c'era lui: Tony Desiderio, che, come diceva scherzando lui, aveva un cognome che gli calzava a pennello. Tony, quello per cui aveva avuto una cotta sin da bambina, quello a cui aveva "strappato un bacio a stampo" dopo aver visto Titanic. Tony, quello che l'aveva guardata diversamente due anni prima, quando l'aveva incontrata a mare.

Non si vedevano da quando aveva tredici anni, quando era iniziata l'odissea che aveva portato lei e suo padre a viaggiare in lungo e in largo per l'Italia. Tony le aveva guardato prima le gambe e poi gli occhi.

«Sei cresciuta!» esclamò lui sorridendo

«Capita a tutti prima o poi» disse lei godendosi quello sguardo. Lara aveva sempre sbavato per quell'uomo che, ovviamente, l'aveva vista sempre come una bambina. Ma adesso lei era cresciuta, sapeva di essere diventata una donna e sapeva che lui la stava guardando in maniera diversa.

Cento giorni per stravolgermi la vitaWhere stories live. Discover now