Tu mi fai stare bene

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-Anastasia? Cosa ci fai qui?-

Il mio cuore, il mio povero cuore. Dal non battere proprio, a cominciare a battere così velocemente. Quella ragazza, che per tre giorni mi aveva fatto dannare, che per tre giorni era scomparsa, era lì, davanti a me. Era lì davanti a me, seduta sul mio letto. Era venuta a casa mia e a casa mia solo una volta era stata. Miriadi di domande cominciarono ad affollare i miei pensieri: com'era arrivata fino a casa mia? Chi l'aveva accompagnata? I suoi lo sapevano? Come aveva fatto a riconoscere la strada? Come faceva a sapere il mio indirizzo? Perché si era fatta viva dopo tre giorni? Ero rimasto paralizzato, completamente. Vederla seduta sul mio letto, col viso perso e dimesso, col suo bastone tra le mani.. mi faceva uno strano effetto. E non sapevo se era in senso positivo o in senso negativo.

-Ciao Justin- la sua voce, era abbastanza stridula. Aveva pianto?
-Cosa ci fai qui?- le chiesi, piuttosto duro.
-Io volevo parlare con te- mi rispose, alzandosi -Dove sei?- mi chiese, allontanando le mani verso di me.
-Chi ti dice che io voglia parlare con te?- sputai, ancora più acido. La vidi deglutire e abbassare lentamente le braccia. Mi faceva pena vederla in quello stato.
-Dammi solamente due minuti, solo due minuti. Fammi spiegare cos'è successo, fammi spiegare il perché di.. della mia assenza.. Dopodiché, andrò via proprio come sono arrivata fin qua, ovvero scappando di casa e chiedendo informazioni come se fossi una pazza a tutti. Ti prego, Justin. Ti prego, lasciami spiegare- mi supplicò, con la voce rotta.

E ne ebbi la conferma: aveva pianto. Fissai il suo corpo, immobile. Era in piedi, con lo sguardo rivolto verso il vuoto e le mani strette al suo bastone ormai chiuso. Aveva detto che era scappata di casa per venire da me. Aveva detto che aveva chiesto informazioni a destra e a manca per poter trovare casa mia. Nessuno l'aveva accompagnata, aveva rischiato tantissimo per poter venire da me. Sentii uno strano calore irradiare il mio corpo dopo quei pensieri, ma non volevo illudermi. Infondo, le donne sono brave solo ad illuderti.

-Ti do solo un minuto- le dissi, rimanendo impalato vicino alla porta.
-Posso chiederti solo di avvicinarti a me? Sai com'è, non ci vedo.. vorrei per lo meno sentirti e sapere che sei ancora qui- la sua voce, così tremolante, mi faceva un gran male al cuore. Ma dovevo essere forte. Non dovevo illudermi. Mi sedetti al suo fianco, sfiofando il suo ginocchio. Sentii il cuore battermi forte, sopratutto quando mi prese la mano. Prontamente, però, la ritirai. Sospirò -Sono sparita, in questi giorni..- cominciò.
-Lo so- risposi, sentendo il cuore battere forte.
-Sono sparita perché ho avuto un calo di autostima, Justin. Non mi sono sentita alla tua altezza, tutt'ora non mi sento alla tua altezza. Tu sei un ragazzo magnifico, pieno di qualità meravigliose. Ed io? Io cosa sono? Da sola non riesco nemmeno a vestirmi, come pensi possa soddisfare i tuoi bisogni e le tue necessità?- feci per controbattere, ma continuò a parlare -Sono cieca, Justin, cieca. E tu invece.. tu sei stupendo. Non volevo che tu cominciassi a provare qualcosa per me, perché ciò che io posso darti è molto inferiore a ciò che una ragazza normale può fare. Ho deciso di sparire dalla tua vita adesso, prima che si instaurasse un legame più forte, perché non volevo che ci rimanessi male come ci sei rimasto male quando Hayley ti ha lasciato o quando Selena ti ha lasciato o quando Caitlin ti ha lasciato. Non volevo cominciassi a provare qualcosa per me, che non sono nulla in confronto a te. Ho deciso di sparire. Ma mi sono resa conto, forse troppo tardi, che senza di te non posso vivere. Sono tre giorni che non faccio altre che stare a casa, a letto, a piangere. Ho pregato mia madre di mentirti e, ogni qual volta chiudeva la porta dopo aver parlato con te, mi sentivo ancora peggio. Mi diceva che non dovevo fare così, che le sembravi disperato, che dovevo parlare con te ma non ne avevo il coraggio. Ogni qual volta ascoltavo un tuo messaggio, sentivo il cuore battere forte e cominciavo a piangere ancora più forte. Ho mangiato poco quanto nulla in questi giorni, non avevo nemmeno fame perché il vuoto che sento dentro da quando ti ho allontanato nemmeno tre chili di pollo possono colmarlo. E tu sai quanto mi piaccia il pollo..- abbozzai un sorriso, che subito si spense però. Dovevo essere forte. Dovevo avere la mia corazza. Non dovevo dargliela vinta. Continuò a parlare -Stamattina mi sono resa conto che senza di te non potevo continuare ad andare avanti. Prendimi per egoista, ma non ce la faccio. Sono cieca, lo so. Non posso darti nulla, lo so. Ma per quanto io mi senta inutile, con te mi sento completa. Justin, quel vuoto che sento dentro, dal momento in cui hai aperto quella porta si sta riempiendo. Io non so cosa tu mi stia facendo, so solo che sento il bisogno di stare con te. Sento il bisogno di amarti e di essere amata da te. Sento semplicemente il bisogno di stringerti e di dirti che mi dispiace- alcune lacrime solcarono il suo viso, prontamente le asciugò -Adesso ho finito. E' passato più di un minuto e ti ho detto tutto ciò che dovevo. Adesso, dimmi semplicemente se vuoi che io vada via-

Non voglio che tu vada via, pensai. Ma per un paio di minuti, non dissi niente. Pensavo e ripensavo alle sue parole, al motivo per cui era scomparsa. Non voleva deludermi come avevano fatto Cait, Sel e Hayley. Non voleva deludermi, ma lo aveva già fatto. Il perché era molto semplice: ero innamorato di lei. Ero innamorato e non averla con me, mi aveva fatto un gran male. Avevo voglia di accarezzarla e di stringerla a me, di farla capire che non mi interessava il fatto che fosse cieca perché poteva essere una donna perfetta e una moglie meravigliosa, ma non lo feci. Semplicemente, mi limitai ad osservarla. Il suo petto, a scatti, si muoveva: aveva il singhiozzo. Il suo viso era rosso, dai suoi occhi continuavano a scendere piccole goccioline salate. In effetti era molto sciupata, sopratutto in viso. Non era in belle condizioni, a dirla tutta erano pessime condizioni. Ma la trovavo magnifica lo stesso.

-Sei dispiaciuta?- le chiesi dopo un po', annuì.
-Molto- sussurrò, chiudendo gli occhi.
-Allora dimostramelo- incrociai le braccia al petto, notando il suo viso abbastanza confuso.
-E come? Non ti è bastato che io sia scappata di casa per poter venire da te?- chiusi gli occhi. In effetti, da una ragazza cieca, era una bella dimostrazione d'amore.
-Dormi con me- sbottai, la vidi deglutire.
-Nello stesso letto?- annuii.
-Sì, con me- si allontanò di poco, sembrava quasi impaurita.
-Va..va bene, ma devo avvertire mia madre- presi il cellulare con le mani tremolanti, lo sbloccò e in pochi minuti scrisse un messaggio veloce a sua madre.
-Cosa le hai scritto?- le chiesi, alzandomi dal letto e aprendo il mio armadio.
-Dormo da Justin, domani ti spiego- si morse il labbro, poggiando il cellulare sul letto.

Era abbastanza pensierosa, lo notavo dal fatto che si torturava le mani e avevo lo sguardo perso nel vuoto. Anche se solitamente sempre nel vuoto guardava, quella sera sembrava che qualcosa la stesse turbando. Non era bello per me vederla in quello stato, ma non potevo farci nulla. Anzi, non volevo farci nulla. Mi aveva deluso e parecchio anche, non potevo assolutamente perdonarla così facilmente. Non sapevo perché le avevo chiesto di dormire con me, semplicemente volevo tenerla al mio fianco. Volevo che mi dimostrasse il suo amore, dormendo con me, semplicemente in questo modo. Sapevo che le avevo chiesto tanto, sopratutto dal momento in cui non aveva mai dormito con un ragazzo e che suo padre sicuramente si sarebbe arrabbiato. Volevo vedere fin dove si spingeva il suo amore per me e la voglia di far tornare le cose a posto, se era pronta a lottare contro tutto e tutti per me. Il fatto che avesse accettato di dormire con me, mi aveva fatto capire che per me era pronta anche ad andare contro i suoi genitori ed era davvero tanto.

-Cosa usi solitamente per dormire?- le chiesi, cercando un mio pigiama. Ma io non usavo pigiama.
-Ahm, solitamente solo una felpa..a casa mia ci sono i termosifoni e fa caldo la notte..- biascicò, facendomi sorridere.
-Ti va bene una mia felpa? Penso ti andrà un po' grande, ma è molto calda- annuì, alzandosi -Ti chiamo mia madre? Così ti aiuta a vestirti..- le chiesi, ma scosse la testa.
-Una cosa che so ben fare, è percepire. E non ho percepito sensazioni buone. Nel senso, penso di non piacere a tua madre. Per cui.. oh, cavolo, sono emozionata e non riesco a creare una frase di senso compiuto. Allora, ci riprovo. Non penso di piacere a tua madre, per cui non vorrei darle fastidio chiedendole di aiutarmi. Piuttosto, preferisco che sia tu a farlo- mi bloccai un secondo.

Io? Aiutarla? Aiutarla voleva dire spogliarla. E spogliarla voleva dire vederla in intimo. E vederla in intimo voleva dire che dovevo tenere bene a bada gli ormoni. Presi la felpa tra le mani e chiusi piano le ante dell'armadio, avvicinandomi poi a quella ragazza che mi aveva fatto stare così male in quei pochi giorni. Le presi le estremità del maglione, sfilandoglielo. Feci lo stesso anche con l'altra maglia che aveva sotto, così che rimase di fronte ai miei occhi solo col reggiseno. Rimani in silenzio, immobile. Era bellissima, ma non potevo toccarla. Non volevo farlo. Con le mani tremanti, le sbottonai il jeans. Lei levò le scarpe semplicemente sfilandole, mentre io dovetti rimanere il più calmo possibile mentre le abbassavo il jeans. Era uno spettacolo incantevole. Dal suo viso, riuscivo a capire che era in imbarazzo. Mentre io, invece, mi stavo beando di quella vista meravigliosa. Non volendo sembrare un maniaco, però, presi il maglione tra le mani e feci per metterglielo, quando mi soffermai a guardarla ancora qualche secondo.

-Justin?- mi richiamò, avvicinando una mano al mio corpo.
-Uhm?- le chiesi, riprendendomi.
-Tutto bene?- mi chiese, accarezzandomi il collo. Così non vale.
-Sì- risposi solamente, mettendole la felpa che avevo preso poco prima.

Per quanto mi dispiacesse, non potevo fare il maniaco. Dovevo controllarmi. Era bella, anzi, bellissima e in intimo era ancora più bella. Ma non le avevo chiesto di restare a casa mia per poter fare qualcosa con lei, semplicemente volevo che dormisse con me. Per stare insieme, in quel senso, c'era ancora tempo e non volevo pensasse che, per potersi far perdonare, dovesse vendersi a me. Non volevo nemmeno farglielo pensare. Alzai le lenzuola del mio letto ad una piazza e mezza e aiutai Anastasia a potersi mettere sotto le coperte. Lei era da un lato, io dall'altro. Non ci toccavamo, nemmeno ci sfioravamo. Averla così vicino e non poterla toccare mi faceva star male, ma allo stesso tempo il mio orgoglio mi impediva di farmi avanti. Mi aveva fatto troppo male.

-Justin, posso chiederti una cosa?- mi chiese di punto in bianco, guardando il soffitto. O meglio, osservando invano il soffitto.
-Certo- mi girai verso di lei, notando alcune lacrime solcarle il viso.
-Sei ancora arrabbiato con me?- la sua voce, si affievolì sempre più e in quel momento, non ci capii niente.

Vederla piangere mi stava mangiando vivo, non potevo permettere che continuasse a piangere senza essere consolata. Non potevo, dovevo fare qualcosa. Dopo aver calpestato più volte il mio orgoglio, la presi tra le braccia e la strinsi a me. Mi sedetti sul letto, con lei sulle mie gambe ma non a cavalcioni. La tenevo stretta a me, le accarezzavo la schiena e i capelli mentre piangeva piano sulla mia spalla. Mi era mancato abbracciarla, mi era mancata lei in sé. Mi era mancata la sua voce, mi era mancato abbracciarla, mi era mancato sentire la sua risata, mi era mancato tutto, tutto ciò che apparteneva a lei. Per quanto potessi essere acido o apatico, sapevo che avevo bisogno di lei tanto quanto lei aveva bisogno di me.
Cominciai a darle tanti piccoli baci sulle gote, come per farle capire che non ero arrabbiato con lei. La stringevo, la baciavo, l'accarezzavo. Volevo coccolarla, farla smettere di piangere. Ma sembrava un fiume in pena e mi faceva male, molto male.

-Anastasia, non sono arrabbiato con te. Mi hai fatto star male, sì. Mi sono sentito deluso, forse anche un po' usato, sì. Ho desiderato di cancellarti, invano. Tu non puoi essere cancellata dalla mia vita, non puoi. Perché sei troppo importante per me ed io sono troppo innamorato di te per poterti lasciare andare. Non mi interessa il fatto che tu sia cieca, non mi interessa per niente. Ciò che realmente voglio, è stare con te. Per me è solo un piacere aiutarti, per me è solo un piacere stare con te. Non devi farti problemi o paranoie assurde, ti voglio proprio così come sei- le accarezzai il viso, girandola poi verso di me -Voglio te, Anastasia Mitchell, solo te, per il resto della mia vita. Voglio te, una ragazza non vedente, che però riesce a leggermi il cuore. Voglio solo accarezzare questo corpo, guardare questo viso e baciare queste labbra per tutti i giorni della mia vita. Anastastia, io voglio solo te- conclusi, sentendo l'adrenalina scorrermi lungo la spina dorsale.

Così che la baciai come non avevo mai fatto. La baciai, con tutto l'amore e la passione che avevo dentro di me. La baciai, come se fosse stata la prima e anche l'ultima volta. La baciai, facendole capire che avevo bisogno di lei e che lei aveva bisogno di me. La baciai, per farle capire che l'amavo. E l'amavo come non avevo mai amato nessuna, anche se la conoscevo da appena tre settimane.
Le sue mani mi accarezzarono il viso, i capelli, il collo. Le mie mani le accarezzarono la schiena, i glutei. Le sue forme mi stavano facendo impazzire, come mi stava facendo impazzire lei. Delicatamente, la poggiai sul letto, senza mai smettere di baciarla. Le lasciai una scia di baci umidi su tutto il viso, provocando il suo dolce sorriso. Che bella che era. E quant'era mia.

-Promettimi una cosa- le sussurrai ad un centimetro dalle sue labbra, per poi stamparle un bacio a stampo.
-Cosa?- mi chiese accarezzandomi dolcemente il collo.
-Promettimi che non farai mai più una cosa del genere, promettimi che non mi lascerai mai più così solo. Sono stato così male senza di te..- poggiai la testa sulla sua spalla accarezzandole il ventre nudo. La mia felpa era salita piuttosto su.
-Te lo prometto- mi abbracciò, poggiando la testa sul mio petto -Non mi sono mai sentita così in colpa come mi sento in questo momento- sussurrò, provocandomi mille brividi.
-Ed io penso di non aver mai provato un sentimento così forte per una ragazza- ammisi, accarezzandole i capelli.
-Nemmeno per Hayley?- chiese, facendomi corrugare le sopracciglia.
-Forse nemmeno per lei- risposi, sinceramente.
-Ma stavi per sposarla- ribatté, stringendosi sul mio petto.
-Ciò vuol dire che sposerò te- la sentii sorridere sul mio petto. Quanto la amavo.

Dopo averla osservata per un paio di secondi, riagganciai le mie labbra con le sue. Ne sentivo davvero tanto, forse troppo bisogno. Avevo bisogno di stringerla a me e di sentire il suo corpo sotto il mio, avevo bisogno di sentirla mia. Senza malizia, ma con estremo amore, le accarezzai il collo dolcemente, stampando poi un ultimo bacio sulle sue labbra carnose, più rosse e gonfie del solito. Erano così morbide, che quasi ne ero diventato dipendente. Eppure, solo quattro giorni prima l'avevo baciata per la prima volta.

'Justin, ti stai lasciando trasportare. Ti illuderà.'
'Non mi interessa.'
'Ma starai male ancora'.
'Non mi interessa.'
'Vuoi ritrovarti a piangere la sera a causa di una ragazza?'
'Non mi interessa.'
'E cosa ti interessa, uhm? Sentiamo.'
'Mi interessa stare con lei. E' il più bel male che potessi mai avere.'

Look in my eyes, what did you se? [COMPLETA] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora