whisky and hot kisses (mcfassy)

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Avviso: one shot gay, che presenta un linguaggio colorito ed una scena di sesso (non descritta approfonditamente però).

* * * * *

Michael continuava a rigirare il ghiaccio nel suo bicchiere di whisky producendo un tintinnio che gli rimbombava nella testa.
Gli altri rumori gli giungevano ovattati alle orecchie, riusciva a sentire solo il suono cristallino del ghiaccio a contatto con le pareti di vetro del bicchiere.
Ingollò tutto il liquido ambrato, la gola iniziò a bruciargli come l'inferno. Delle lacrime si formarono agli angoli dei suoi occhi smeraldini, non reggeva più l'alcol come un tempo.
Appoggiò il bicchiere sul bancone di legno lucido, talmente forte che il ghiaccio al suo interno tintinnò.
"Un altro, per favore." Ordinò al giovane barista, la sua voce era impastata a causa dei tre bicchieri che aveva già trangugiato nel giro di pochi minuti.
"Ma, signore... così rischia di ubriacarsi." Ribatté il ragazzo con timidezza e abbassando il viso sulle sue mani affusolate che stavano asciugando una tazzina da caffè.
Aveva paura dei clienti di quel pub: erano quasi tutti uomini di mezza età ubriaconi e frustrati sessualmente.
Gli era capito più di una volta che a fine turno venisse trascinato nel vicolo dietro al bar e che venisse scopato da qualche viscido insoddisfatto della propria vita e dalla propria moglie.
Una volta, era stato addirittura picchiato da un maniaco perché si era rifiutato di ingoiare dopo un pompino. Ignorava tutto ciò perché quel lavoro da barista gli serviva davvero, la paga era ottima e lavorava solo di sera. Doveva pagarsi l'università e l'affitto salato di quella topaia che il padrone del condominio si ostinava a chiamare appartamento.
Non poteva contare sull'aiuto dei suoi genitori perché era scappato di casa qualche anno prima. Si era rifiutato di seguire le orme del padre e di laurearsi in economia. Il ragazzo desiderava con tutto il cuore studiare storia dell'arte e, magari un giorno, diventare un critico di fama mondiale.
"Fatti gli affari tuoi, ragazzino." Sbottò Michael, fissandolo con un'aria minacciosa ma lui non si fece impressionare. Gli occhi dell'uomo davanti a lui erano tutt'altro che intimidatori. Tracolmavano tristezza, dolore ed abbattimento. Erano gli occhi di un'uomo che stava soffrendo.
"Come vuole lei, però io l'ho avvertita." Il ragazzo versò nel bicchiere di Micheal una quantità generosa di whisky e poi tornò ad osservare gli altri clienti.
L'uomo burbero ed un po' scorbutico osservò di tralice quello strano ragazzino. Aveva i capelli scompigliati e neri come la pece, in contrasto con la pelle pallida del viso. Le sue labbra erano contratte in un sorriso tirato e falso, si vedeva che cercava di essere cortese con tutti ma in realtà i suoi occhi urlavano muti che voleva scappare di lì. Micheal si perse ad osservare la figura longilinea dal giovane, aveva le gambe fasciate da un paio di skinny jeans neri che gli mettevano in risalto in modo delizioso il sedere rotondo e sodo. Una camicia bianca a maniche lunghe - che erano state arrotolate con cura sugli avambracci - gli fasciava il busto. I primi due bottoni erano slacciati e lasciavano intravedere uno sprazzo di pelle liscia del petto glabro.
È attraente - si ritrovò a pensare l'uomo passandosi la lingua sul labbro inferiore. Il sentore del whisky gli pizzicò il palato.
Lo osservò muoversi aggraziatamente dietro al bancone, rivolgeva sorrisi dolci a tutti e talvolta scambiava qualche parola con i clienti abituali. Un signore sulla cinquantina, stempiato e con una pancia da bevitore di birra, accarezzò il viso del ragazzo con le sue mani sudate e viscide. Poi si sporse sopra al bancone e gli sussurrò qualcosa all'orecchio. Il giovane barista avvampò e mormorò una risposta cercando di fare un sorrisetto malizioso, ma fallendo miseramente perché il suo viso era disgustato. L'uomo non se ne accorse, convinto che le sue attenzioni verso quel ragazzo fossero gradite, invece Michael si rese conto del disagio del giovane. Gli risalì un conato di vomito ma cercò di mandare giù il groppone e prese un altro sorso di whisky. Gli faceva pena e al tempo stesso tenerezza, quel ragazzino.
Spostò lo sguardo dal viscido perché sennò era sicuro che si sarebbe alzato e lo avrebbe picchiato fino a farsi sanguinare le nocche.
Il moro ed aitante ragazzo tornò da lui. Gli sorrise dolcemente e Micheal noto con piacere quanto fosse sincero. Le labbra color ciliegia e carnose erano un po' screpolate ma invitanti.
"Dalla sua espressione capisco deve esserle successo qualcosa di spiacevole oggi." Constatò serio e si passò una mano tra i capelli, scompigliandoli ulteriormente.
Micheal fece spallucce, non aveva voglia di ammorbare il ragazzino con i suoi problemi da trentasettenne.
"Come ti chiami?" Gli chiese fissandolo negli occhi cangianti. Erano di un meraviglioso azzurro scuro, sembravano due pozze profonde d'acqua.
"Mi chiamo James, signore." Sorrise mettendo in mostra i canini bianchissimi.
"Non chiamarmi signore." Ribatté Micheal ingollando un altro sorso di liquido ambrato. Poi tornò a scrutarlo con i suoi profondi occhi verdi.
Era un bell'uomo. Aveva un fisico asciutto e slanciato. I suoi capelli pettinati perfettamente all'indietro erano di un insolito colore che era un misto tra il castano ed il rosso. Aveva delle labbra sottili ed un espressione seria. Quella sera indossava una maglietta bianca con un profondo scollo a V, sotto ad una giacca di pelle nera ed un paio di jeans scuri.
"Posso sapere come si chiama allora?" Domandò il ragazzo fissandolo con un'espressione curiosa che lo rendeva ancora più piccolo ed ingenuo.
"Michael." Rispose l'altro semplicemente, finendo il whisky.
Il ragazzo fece per versargli altro liquore ma l'uomo lo fermò con un gesto secco della mano. In quel preciso istante, James fu richiamato dall'uomo di prima così allontanò. Michael fu schiaffeggiato dal profumo del ragazzino. Era dolce, sapeva di vaniglia e zucchero filato. Rimase qualche istante a parlare con il pelato. Micheal osservò la scena disgustato, l'uomo continuava a lanciargli occhiatine maliziose e lussuriose. Gli veniva il volta stomaco. Di sicuro quel tipo aveva a casa una famiglia che lo stava aspettando ed una moglie fedele che credeva a tutte le cavolate che lui le rifilava per giustificare il fatto che tornasse tardi. Sicuramente le aveva detto che era rimasto in ufficio quando in realtà era in uno squallido bar a flirtare con un ragazzo che poteva benissimo essere suo figlio. Forse, aveva addirittura un figlio dell'età di James.
Micheal si sentiva nauseato e non gli capitava spesso.
Ignorò quella strana sensazione che gli attanagliava lo stomaco e rivolse la sua attenzione a James che intanto era ritornato da lui.
"Quanti anni hai?" Gli chiese di impulso, senza rifletterci.
"Quasi 22, Micheal." Rispose guardandolo stranito, però gli sorrise dolcemente lo stesso. Disse con incertezza il nome del cliente.
Aveva esattamente quindici anni in più di lui e per un attimo si fece schifo per averlo guardato così a lungo, non era di certo migliore di quel signore viscido ed arrapato.
"E come mai lavori in questo posto squallido, James?" La sua voce era calma e sicura, un po' roca forse.
"Devo pagarmi l'università."
"Tutti i clienti ti trattano come lui?" Indicò con un pollice il cinquantenne stempiato seduto molto distante da loro.
"No, alcuni sono peggio." Mormorò imbarazzato. "Ma se voglio tenermi il posto sono obbligato a fare così."
Abbassò il viso, si sentiva sporco davanti a Micheal. Gli faceva schifo essere trattato come una puttanella da quattro soldi.
Il più grande non disse nulla, ma era dispiaciuto per il ragazzino.
"Lei invece che lavoro fa, Micheal?" Chiese James dopo qualche minuto di silenzio, per smorzare l'aria che tutto d'un tratto si era fatta decisamente imbarazzante.
"Sono solo un noiosissimo manager di una noiosissima azienda." Alzò un angolo della bocca, cercando di fare un sorriso che però non risultasse tirato e falso.
Fallì miseramente.
"Perché è così affranto?" Domandò di getto James, era un suo difetto quello di non farsi mai gli affari propri. Era più forte di lui, ma doveva sempre cercare di salvare le vite degli altri. Metteva tutti davanti a se stesso e gli importava quasi più di uno sconosciuto che di sé. Aveva un disperato bisogno di sentirsi amato.
"Sono stanco di rimanerci male." Confessò Michael, appoggiando poi i gomiti sul legno lucido del bancone.
Non scese nei dettagli, anche se si dice che confessarsi con uno sconosciuto possa essere molto utile perché egli ti fornisce consigli senza giudicarti, ma Micheal non era mai stato il tipo di persona che si fidava di qualcun altro. Da un po' di tempo a quella parte, non riusciva più a trovare un senso alla sua vita. I genitori lo avevano ripudiato anni prima, quando confessò di essere gay, il lavoro era diventato estremamente noioso ed aveva bisogno anche lui di essere amato da qualcuno.
Era stanco di notti di sesso senza sentimenti con sconosciuti che non avrebbe più rivisto. Aveva avuto una relazione tempo prima, si era innamorato di un ragazzo più grande di lui che scoprì in seguito essere sposato con una donna e che lo usava solo. Ne era uscito devastato da quella storia e si era ripromesso che non sarebbe più cascato nella trappola che è l'amore.
James sospirò affranto, guardando con compassione l'uomo davanti a lui. Gli sorrise debolmente e gli disse: "Io finisco tra dieci minuti, se vuoi possiamo andare a bere qualcosa lontano da qui."
Micheal annuì, voleva dare una possibilità a quel ragazzino. Il suo istinto gli diceva di fidarsi di quegli occhi azzurri quanto sinceri.
Aspettò che il ragazzo finisse il suo turno e, come promesso, James si presentò da lui qualche minuto più tardi. Aveva addosso un maglioncino nero per riparasi dal freddo autunnale. Le temperature erano calate drasticamente in quei giorni e alla sera c'era una brezza leggera che si insinuava fin dentro alle ossa.
Micheal seguì il ragazzo fuori dal locale affollato. Vide il signore pelato lanciare uno sguardo al giovane, se lo mangiò letteralmente con gli occhi ma quando notò il manager con lui, cambiò radicalmente espressione.
Gli occhi dell'uomo avrebbero potuto incenerire Micheal sul posto, se ne avessero avuto la possibilità.
Una volta giunti in strada, James si fermò di colpo. Il più grande sbatté contro il suo corpo snello.
Il giovane barista si voltò a guardare l'uomo negli occhi, poi lo prese per mano e lo strascinò in un vicolo buio adiacente alla strada principale.
Una volta avvolti dall'oscurità, lo baciò senza preavviso.
Micheal rimase immobile per qualche istante, preso completamente alla sprovvista da quel ragazzino. Iniziò a ricambiare il bacio, le labbra calde di James si muovevano ritmicamente contro le sue. Lo attirò verso di sé volendo gustarsi quel corpo così fragile e tiepido.
La bocca di James aveva un delizioso sapore di liquirizia, Micheal ne assaggiò ogni curva con la lingua. Il ragazzo dai capelli corvini gemette estasiato e con un piccolo colpo d'anca fece scontrare il suo bacino con quello dell'uomo.
Lo desiderava, dall'istante stesso in cui aveva messo gli occhi su di lui più di un'ora prima. Micheal era decisamente un uomo affascinante ed aveva un'aria cupa che aveva intrigato James dal primo istante.
Il ragazzo gemette sentendo il desiderio pulsante del più grande contro la coscia, anche il cavallo dei suoi pantaloni era diventato stretto ed il suo membro premeva dolorosamente contro la zip dei jeans neri attillati che indossava.
Micheal lo baciava con foga, gustandosi il contatto con le labbra calde e succose del moro. Era una sensazione così paradisiaca, sentiva il sapore del whisky mischiarsi a quello alla liquirizia della bocca dell'altro.
Le mani forti dell'uomo si fecero strada sul petto del ragazzino, tastandolo tutto.
Giunsero poi prepotenti sul cavallo di James che rilasciò un sospiro stupefatto, nel giro di pochi secondi Micheal gli tirò giù la patta ed infilò la mano nei boxer neri di Calvin Klein del ragazzo.
Era duro e caldo per lui. Iniziò a stuzzicarlo con un dito, passandolo su e giù per tutta la sua lunghezza. Si soffermò sulla cappella umida e poi lo afferrò saldamente con la mano.
James si morse un labbro e lo fissò negli occhi, il suo sguardo trasudava eccitazione e le sue pozze azzurre erano liquide ed annebbiate dal piacere.
Si aggrappò alle spalle di Michael e gli baciò il collo, mentre l'altro continuava a pompare con la mano destra. Era quasi sull'orlo del piacere, sentiva che sarebbe scoppiato di lì a poco. Micheal gli afferrò la natica con la mano libera e lo spinse contro il suo corpo marmoreo.
Gli sussurrò all'orecchio con voce eccitata e sensuale: "Vieni, piccolo."
James venne copiosamente tra le dita del più grande. Sembrava un adolescente durante la sua prima esperienza, aveva i capelli arruffati e le guance color porpora. Michael invece era calmo, gli occhi verde smeraldo erano pieni di malizia.
Aspettò che James si allacciasse i pantaloni e poi lo strascinò verso la sua Audi RS8. Il ragazzo rimase stupito dal bizzarro colore blu cobalto della costosa macchina dell'uomo, che gli pareva tutto tranne che eccentrico.
"Abito troppo lontano da qui." Disse il manager facendo l'occhiolino al moro.
Aprì l'auto con l'apposito telecomando e fece accomodare il ragazzo sui sedili posteriori.
Si stava scomodi dietro, sarebbe stato meglio se Michael avesse avuto una Jeep spaziosa, ma a nessuno dei due sembrò dispiacere il fatto di essere così a stretto contatto.
Il più grande si mise a cavalcioni sopra al corpo del barista e chiuse la portiera con un tonfo sordo che rimbombò per tutto il parcheggio deserto. Si concentrò sulla figura del giovane steso sotto di lui.
James lo fissava con uno sguardo a metà tra il divertito e l'eccitato.
Ripresero a baciarsi con foga, Michael si stava godendo quelle labbra calde senza alcun pensiero in testa. C'erano solo lui e James. Gli sfilò il maglioncino nero con un gesto disperato, non riusciva più a contenere la sua eccitazione. Poi fece sparire anche la camicia bianca. Si perse ad osservare minuziosamente il busto del ragazzo, dei muscoli poco accennati lo rendevano particolarmente grazioso ed innocente ai suoi occhi.
Poi, con molta calma, iniziò a svestirsi lui stesso. James lo fissava abbagliato, gli occhi erano diventati scuri e le pupille erano dilatate.
Quando Micheal si trovò completamente nudo sopra di lui, non riuscì più a contenersi e si concesse di passare le mani sul corpo tonico del più grande.
Il moro si leccò le labbra, il manager lo prese come un chiaro invito a proseguire.
Si abbassò e prese da sotto il sedile una scatola rifornita di preservativi. Ne scelse uno al cioccolato, il suo gusto preferito, e lo scartò con i denti.
Abbassò lentamente i boxer al ragazzo e poi passò la lingua sulla sua erezione.
James sgranò gli occhi, non si aspettava che Micheal fosse il genere di uomo passivo. Socchiuse gli occhi, l'uomo gli infilo il profilattico e poi inglobò il suo membro con la bocca per lubrificarlo, gustandosi il sapore sulla lingua.
Baciò il più piccolo, trasmettendogli il gusto del cioccolato.
Non aspettò oltre e si impalò sull'asta di James, iniziando da subito a muoversi lungo di essa. Il ragazzo gli prese i fianchi e lo condusse in quel movimento proibito.
Si sentivano entrambi in paradiso, i loro corpi erano in sincronia - come se si conoscessero da tempo.
James non ci impiegò molto a raggiungere il culmine del piacere, venne riversando il suo liquido seminale nel preservativo. Micheal, però, non era ancora arrivato all'apice. Così il più giovane ribaltò la situazione, portando il corpo del manger sotto di sé.
Gli prese il membro tra le mani ed iniziò a muoverle su e giù, con un ritmo veloce.
Accompagnò quel gesto con dei baci bollenti a stampo, Micheal raggiunse il culmine pochi istanti dopo, sulla mano calda e delicata di James.
"Wow, sei stato fantastico." Gli disse il ragazzino stampandogli un altro bacio casto sulle labbra.
"Possiamo sempre rifarlo." Propose il più grande e poi recuperò i suoi vestiti. Si ricomposero entrambi in fretta, con la paura di essere scoperti anche se l'Audi di Michael aveva i finestrini oscurati.
James smontò dalla macchina con la promessa di farsi rivedere il giorno dopo, Micheal ribatté che si sarebbe fatto vivo tutte le sere al bar dove lavorava il corvino.
A volte è strano come un solo momento possa cambiarti l'intera esistenza, perché la vita infondo è fatta di attimi giusti o sbagliati che siano. Per James e Micheal non ci fu cosa più perfetta che trovarsi quella sera in quel bar.

Midnight One Shots » Michael Fassbender & James McAvoyWhere stories live. Discover now