7; Amanda

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Janice si portò in bocca un'altra cucchiaiata della pasta che avevo preparato per me, ma che lei aveva tanto insistito per assaggiare.

Era sempre stato così: io facevo qualcosa di bello e lei era sempre pronta per approfittarne.

Sospirai. Ero di natura una persona estremamente sincera che non riusciva a tenersi le cose per sè, e infatti in quel momento avevo un peso sulla coscienza che mi intimava di dire a Janice quello che avevo chiesto a Callaghan e Roy-Jobs. Qualcosa però mi fermava.

Deglutii e iniziai a grattarmi nervosamente le nocche, segno evidente di quando ero nervosa o spaventata.
Feci un bel respiro. Calmati, Mandy.

Mi ero esercitata un sacco in quei giorni nell'arte di saper parlare e esporre bene la mia proposta ai due ragazzi. Era strano, perché normalmente ci sapevo fare nello spiegare un argomento. Potevo benissimo cantare una canzone sui pittori del Barocco a ritmo di Anaconda di Nicki Minaj.

Un tossire di Janice scosse via tutti i miei pensieri sulla mattinata. Certe volte, come in quel momento, desideravo che si strozzasse con tutto il cibo che ingurgitava. Sembrava che più s'ingozzava più diventava antipatica e prepotente.

Dopo diversi bicchieri d'acqua, anzi dopo essersi scolata la bottiglia intera, Janice si riprese. Un vero peccato.

«Amanda, non sai cucinare. È solo merito mio se ti hanno assunta come insegnante, dato che tu non sai fare nemmeno le cose basilari. Ed è solo per mia cristiana pietà verso la tua sterilità che sono tua amica.»

Trasalii quando sentii nominare la mia sterilità. Ad "Amanda non sai cucinare" e "Sono tua amica solo per pietà" ci ero abituata, ma non che nei discorsi Janice tirasse fuori la mia impossibilità di avere figli.

Sbattei un pugno sul tavolo di legno della mia cucina. «Non l'hai detto veramente.»

Lei finì di masticare un altro boccone e si pulì le mani sudice strofinandole sulla tovaglia a motivi floreali. «Sono serissima.»

Il mio sguardo si fece più freddo. «Vaffanculo, Janice. Adesso ti permetto di uscire da qui normalmente, ma se tiri fuori un'altra volta la mia sterilità ti butto giù dalla finestra a calci in culo.»

Janice si alzò. Normalmente, la sua statura e la sua robustezza frenavano chiunque a fare qualsiasi cosa di brusco, ma notai felicemente che la scintilla di sicurezza che avevo visto sempre nei suoi occhi si stava spegnendo. Buon segno. Significava che stavo violando qualcosa nel nostro equilibrio.

«Come hai detto, scusa?»

In quel momento avrei potuto scusarmi e lasciar perdere tutto, ma qualcosa mi impediva di agire come una codarda. E ringraziavo quella cosa.

«Hai sentito bene. È un'eternità che io ti sopporto, che racconto a tuo marito delle bugie per coprire i tuoi tradimenti, che sto a guardare mentre rovini qualsiasi cosa che io abbia fatto di bello nella mia vita. Io provo pietà per te, perché tu sei solo una lurida bugiarda approfittatrice. Ma anche la mia pazienza ha un limite.»

La mia mascella si era contratta e iniziava a farmi male. Mi calmai subito, ma non mi pentii affatto di quello che avevo detto.

Fui lieta di vedere che Janice prendeva la sua borsa e il suo cappotto e si dirigeva verso la porta. Avrei voluto aprirgliela io stessa, giusto per godermi il momento. Ma lei fu più veloce a precipitarsi all'ingresso.

Spalancò la porta con un gesto secco. Stava per andarsene definitivamente quando si bloccò e disse: «A proposito, Jared era veramente sexy. Chissà se un giorno la piccola Betty, la tua preferita, capirà chi è suo padre.»

Ed uscì, sbattendosi la porta alle spalle.

Non sapevo se essere felice che se ne fosse andata dalla mia vita o semplicemente stanca e triste per quello che mi aveva rivelato sul mio ex marito. Ma le lacrime furono più veloci.

Mi accasciai a terra, toccando le ginocchia con la testa, e piansi.

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