Capitolo 3 di 6

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Emma si svegliò di colpo. Si alzò dalla poltrona, le articolazioni che scricchiolavano dolorosamente per la posizione scomoda in cui aveva dormito.
Si stiracchiò, gemendo.
«Emma!» la voce di Killian la chiamò, ancora. Ecco cosa l'aveva svegliata! Si diede una sistemata con la magia, tanto per non assomigliare ad uno zombie, e salì di corsa le scale, correndo ad abbracciare il fidanzato.
«Buongiorno!» esclamò baciandolo, sforzandosi di essere allegra. Il pirata la guardò con stupore.
«Hai dormito lì sotto?»
Emma si strinse nelle spalle.
«Scuusa... stavo finendo il ventesimo livello di Space Paranoids sette e mi sono addormentata. Abbiamo bevuto un po'...»
Killian sembrò soddisfatto dalla spiegazione.
«A te come è andata la serata con Whale?»
Il pirata inclinò la testa di lato nel risponderle.
«Credo di aver imparato a giocare a poker. Ma non ne sono sicuro, perché mi hanno svuotato le tasche. Ho perso persino il cannocchiale.»
Emma rise e gli accarezzò il viso.
«Ti insegnerò io come si gioca... conosco una variante molto interessante...» aggiunse, ammiccando. Il viso dell'uomo si illuminò.
«Davvero?»
«Oh, sì...» gli sorrise passandogli le braccia dietro al collo. «...prevede togliersi i vestiti....» mormorò, le labbra ad un soffio dalle sue.
Killian sorrise e poggiò la mano sulla sua vita.
«Cominciamo ora?»
Stava per rispondergli quando il suo cellulare emise un suono. Sospirò e lo prese dalla tasca dei pantaloni, sbloccandolo. Si staccò da Killian mentre leggeva il messaggio, scura in viso. Annuì.
«È Henry. Devo andare.»
«Vengo con te...»
«No.» lo bloccò subito lei, posandogli una mano sul petto. Si sforzò di sorridergli poi. «È meglio se vado da sola. Scusa.»
Lo baciò prima di sparire con un incantesimo, senza lasciargli modo di replicare.

Regina si voltò di scatto percependo, ancora prima che la sua figura si palesasse, il potere della Salvatrice far frizzare l'aria nella casa. La guardò apparire dalle volute di fumo argento, stupita dalla sua presenza. Dopo quello che era successo la sera prima, si aspettava almeno una settimana di silenzio tra loro.
Gli occhi sgranati e preoccupati della bionda la fissarono.
«Che c'è?» le chiese, accrescendo a dismisura il suo stupore.
«Come, prego?» ribatté lei, fredda, la fronte aggrottata, mentre il cervello lavorava freneticamente cercando di capire cosa stesse passando per la testa dell'amica.
Le sopracciglia sottili di Emma scattarono verso l'alto.
«Perché mi volevi vedere? Mi hai fatta venire qui per nulla?»
Regina sbatté le palpebre un paio di volte, estremamente confusa.
«Emma, ma di che diavolo stai parlando? Io sto lavorando...»
Emma la squadrò, come se si fosse resa conto solo in quel momento di averla di fronte. La vide esaminare i suoi vestiti come un cane da caccia.
«Mi è arrivato un tuo messaggio...» ribatté debolmente la bionda, come se non fosse più convinta della sua verità. Prese il cellulare dalla tasca e rivolse lo schermo acceso verso di lei, mostrandole le poche linee di testo su sfondo verde. Il mittente, effettivamente, portava il suo nome, ma Regina non aveva mai scritto quel SMS. Quando glielo fece presente, Emma la guardò con le palpebre tese, come se cercasse di leggerle nel pensiero.
«Allora chi l'ha mandato? Hai perso il cellulare?» le chiese, evidentemente sospettosa. La cosa la offese.
«No, Miss Swan, non ho perso il mio telefono, e se credi che abbia tempo da perdere facendoti questo scherzo o qualunque cosa tu pensi abbia fatto, be', hai torto. Ora, se non ti dispiace, vado ad amministrare questa città.» disse seccamente, senza nascondere la rabbia che, improvvisa e dolorosa, l'aveva assalita. La superò schivando con uno scatto della spalla il contatto con lei ed entrò nell'ufficio, sbattendole la porta in faccia.

Emma restò ferma a fissare la porta chiusa. Il rumore del legno che sbatteva con violenza l'aveva, in qualche modo, colpita nel profondo. Come se Regina l'avesse schiaffeggiata. Guardò lo schermo ormai nero del cellulare. Regina non aveva mandato quel messaggio. Aveva mentito a Killian. Regina se ne era andata, piena di rabbia. Nella sua mente elencò quei fatti, razionalizzandoli lentamente. Regina non aveva mandato quel messaggio. Allora chi era stato? Sollevò la mano sinistra sopra allo schermo, che rifletteva la sua immagine scurita e confusa. Lasciò che le emozioni nutrissero il suo potere e lo indirizzò verso il cellulare, avvolgendolo con una versione leggermente modificata di un incantesimo di localizzazione. Il suo seppur breve periodo da Oscuro era, perlomeno, servito ad insegnarle sulla magia quello che a Regina sarebbero voluti anni per spiegarle. Seguì a ritroso il flusso di elettroni e onde elettromagnetiche che aveva generato quel messaggio. Quando percepì l'ormai ben nota fonte di magia che l'aveva creato, stritolò il cellulare tra le dita finché non ne rimase solo polvere nera.

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