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«Che diamine vuol dire che ti sei licenziata?» urlò Niall dall'altro capo del telefono.

Istintivamente mi ritrovai a sorridere tra me e me. Gli raccontai a grandi linee di quanto accaduto e, soprattutto, della sensazione di libertà provata subito dopo essere uscita sbattendomi la porta alle spalle.

Ero consapevole che da domani non avrei avuto più un lavoro e un contaconto economico ma, in fondo non mi importava come credevo. Per la primissima volta avevo agito da donna adulta con dei principi da difendere. Nessuno poteva prendersi la libertà di primeggiare su un altro essere umano, era meschino. Soprattutto se, l'individuo in questione, era dotato di una certa influenza.

«Gli spaccherei la faccia a quel figlio di puttana, sul serio» disse tra i denti.

«Non credo ne valga la pena» affermai ridacchiando.

«Ti rendi conto che avresti potuto denunciarli? Ti ha praticamente molestata sul posto di lavoro» sentivo la palese frustrazione nella sua voce e non potei fare a meno di sospirare. Sapevo avesse ragione ed ogni volta che ci pensavo sentivo di nuovo la rabbia montarmi dentro. Mai in vita mia mi ero sentita così sottomessa e privata della mia persona. Solo a distanza di un paio d'ore mi rendevo realmente conto della surreale esperienza vissuta tra le mura di quell'ufficio. 

«Lascia stare...» buttai fuori un respiro liberatorio e continuai «Sono libera adesso, capisci? Niente più drammi»

«Che posso dire? Hai rinunciato al tuo lavoro per salvare il mio e te ne sono davvero grato, sei una donna fantastica» disse facendomi sorridere.

Dopotutto era ancora l'unica persona amica che mi fosse rimasta a e, nonostante tutto, gli volevo bene. Non avrei permesso che venisse licenziato per colpa mia, era il minimo che avrei potuto fare.

«Non ringraziarmi, avresti fatto lo stesso e dovevo provare a me stessa di potercela fare»

Pochi minuti dopo ci salutammo e riagganciai.

Mi trovavo ancora nei pressi dell'azienda e, dopo aver caricato le mie cose in auto, decisi di sgranchirmi le idee così premetti sull'acceleratore e mi incanalai nel traffico. Era quasi ora di pranzo ma ancora se non avevo appetito, mi concessi una passeggiata in centro. Adoravo camminare tra i negozi illuminati, l'odore di cibo fritto e le persone indaffarate.

Presi un bicchiere di thè caldo in un chioschetto e assaporai il gusto speziato ed intenso della bevanda. In altre occasioni avrei optato per un caffè senza zucchero ma preferivo restare su toni pacati. Speravo che a mente lucida avrei visto le cosa in maniera più positiva.

Passeggiai per ore fermandomi ad osservare ogni tipo di vetrina e nemmeno mi resi conto quando dal cielo iniziarono a scendere le prime gocce d'acqua. Ma non me ne curai e continuai imperterrita e camminare avvolta dai pensieri che le gocce cercavano di lavare via ma, senza successo.
Le persone correvano allarmate da una parte all'altra cercando rifugio che li proteggesse dall'acquazzone senza badare a me che camminavo al centro del corso. Volevo sfidare quel fenomeno naturale, volevo bagnarmi, ballare, urlare e correre sotto la pioggia come mai fatto prima. Da adesso in poi sarei stata una nuova Megan.

«Signorina si sente bene? Guardi che sta piovendo a dirotto» esordì allarmata una voce alle mie spalle.

Non risposi e non mi voltai continuando la mia avanzata verso l'auto, non mancavano molti metri.

La mia visuale venne interrotta da un ombrello giallo e blu che si posò sulla mia figura riparandomi dalla pioggia.

«Prendilo pure, a me non serve»

«No ti ringrazio, non posso accettare» dissi rivolta all'uomo che mi stava gentilmente mantenendo l'ombrello sulla testa. Non potei osservare il suo volto a causa del cappuccio della giacca che oscurava la visuale. L'unica parte visibile era la bocca dalla quale fuoriuscì un adorabile sorrise contornato da due fossette.

Mi lasciò l'oggetto direttamente in mano e senza aggiungere altro, si allontanò fino a sparire dalla mia visuale. Rimasi imbambolata finché il suono di un clacson non mi invitò di spostarmi e in pochi minuti raggiunsi la mia auto. Tirai un sospiro di sollievo quando mi rifugiai nel piccolo abitacolo confortevole che non ci mise molto a riscaldarsi.

***

«Mi dispiace così tanto amore, vedrai non ci metterai molto a trovare un altro lavoro» mi consolò comprensiva mia madre mentre mi spazzolava i capelli ancora bagnati. Da bambina lo faceva sempre ed erano uno dei nostri momenti madre-figlia preferiti. Mi rilassava.

La ringraziai e dopo esserci abbracciate mi buttai sotto le soffici coperte del mio letto. Ero sfinita e in balia di diverse emozioni contrastanti che non facevano altro che peggiorare la mia già precaria sanità mentale.

Mi girai e rigirai per diverse ore  finché non mi venne in mente di aver saltato la sigaretta serale. A malincuore mi alzai e, dopo essermi coperta, uscii fuori nel freddo pungente di Febbraio. Accessi la stecca sottile di tabacco ed ispirai con una tale indecenza che avevo paura mi avessero sentita fino in Canada. Non avevo idea di quanto fossi realmente dipendente da questa merda fino a questo momento.
Era una dipendenza stupida, inutile e nociva ma non potevo farne a meno. Tutto poteva trasformarsi in dipenza ed ucciderti lentamente senza che te ne accorgessi. Persino l'amore poteva portare a conseguenze disastrose ma non veniva scritto da nessuna parte.

Spensi la cicca gettandola sotto il vaso e rientrai. Anche se non lo dicevo spesso adoravo la mia stanza. L'avevamo dipinta di lilla, qualche anno prima, io e mio padre e con il tempo avevo posizionato vari mobili di legno bianco rendendo l'ambiente accogliente e romantico. Questo era davvero il luogo per eccellenza in cui preferivo stare.

Mi rimisi a letto più rilassata e, prima di cadere tra le braccia di morfeo, il trillo del cellulare illuminò la stanza costringendomi a socchiudere gli occhi. Appuntai mentalmente di cambiare, appena ne avessi il tempo, quel maledetto suono ed aprii la notifica.

Harold:

Sei bella anche sotto la pioggia

Questa volta ero arrivata al limite. Avevo passato uno dei momenti peggiori di tutta la mia vita e, come se non bastasse, ecco Harold rispuntava dal nulla. Non so se fosse uno strano scherzo del destino o se qualche divinità lassù ci teneva a rendermi la vita impossibile, fatto sta che ero stanca. Giocare al gatto e al topo poteva andare bene all'inizio ma ora, a distanza di mesi, faceva addirittura paura. Per lui non contavo più di una stupida preda da tenere sotto controllo e manipolare a proprio piacimento. Era chiaro che non provasse per me ciò che io provavo per lui. Altrimenti le cosa sarebbero andate diversamente.
Niall mi aveva avvertita ed invece lo avevo liquidato puntando avanti come un toro con i paraocchi. Questa storia non mi avrebbe portato da nessuna parte e, siccome avevo già archiviato Edward e l'azienda, non mi restava che fare lo stesso con lui.

Presi un bel respiro e bloccai il suo contatto eliminandolo anche dalla rubrica. Era tornato ad essere solo e solamente uno sconosciuto qualunque.

Aprii il retro del telefono, ne estrassi la sim telefonica e la tagliai in tanti minuscoli pezzettini. Reinserii la mia vecchia scheda e mi chiusi tutto alle spalle. L'unico contatto che aggiunsi fu solo quello di Niall, non avrei potuto fidarmi di nessun'altro.

SPAZIO AUTRICE

Hello!
Cosa combina Harold? Io sono ogni giorno più fiera di Meg, ci ha messo del tempo ma alla fine è riuscita a riscattarsi. Lascio a voi ogni commento e come sempre vi adoro e vi ringrazio per l'enorme traguardo dei 10k, io davvero sono senza parole. Sono strafelice e il merito è tutto vostro e del sostegno che date a me e alla storia ogni giorno. Vi voglio bene e grazie ancora!

Alla prossima ❤️

Ig: redkhloewattpad/ _saradevincentiis

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