I Tre Scogli

89 22 36
                                    

La Neptun si avvicinava sempre di più alle scogliere. Il cielo pareva incupirsi, le stelle sembravano spegnersi. Tutta la ciurma era riunita sul ponte, nessuno capace di staccare gli occhi da quei picchi rocciosi. Avvertivano un nodo alla gola. Non erano certi di cosa avrebbero potuto trovare, ne comprendevano il pericolo che incombeva su di loro. Sherlock passeggiava irrequieto, avanti e indietro, lanciando di tanto in tanto uno sguardo agli uomini, all'Oceano, ai Tre Scogli.

Non l'avrebbe mai ammesso, ma aveva paura. Aveva paura di ciò che avrebbe potuto trovare, paura di ciò che sarebbe potuto accadere. Ma non aveva, ne aveva mai avuto, l'intenzione di tirarsi indietro. Ormai, la faccenda lo riguardava personalmente. Doveva scoprire chi era davvero Eurus, sua sorella.

Le scogliere erano ancora più vicine. Persino l'aria era cambiata. Si era fatta più pesante. Gravava sulla nave e sull'equipaggio, come a ricordargli la pressione a cui la paura li sottometteva.

Ora, erano abbastanza vicini per vedere per intero quel luogo. Gli scogli erano altissimi e crescevano nel punto in cui l'acqua era più scura. Si notava una piccola piattaforma vicino al mare, probabilmente per gli uomini che entravano e uscivano da quella struttura. Dei piccoli quadratini luminosi punteggiavano gli scogli. Erano finestre. Gli scogli stessi, erano una struttura abitata.

Erano arrivati alla piattaforma. Sherlock strinse istintivamente la presa intorno all'elsa della spada, sotto la giacca, prima di avvicinarsi alla balaustra. Non c'era nessuno, di guardia. Sherlock diede l'ordine di sistemare la passerella, in precario equilibrio sul ponte. A turno, un piccolo gruppo di uomini attraversò lentamente la piccola asse di legno, guidato da Sherlock. Sherlock volse la testa verso una piccola apertura scavata nella roccia, nella quale si intravedevano delle scale.

Dopo aver fatto un rapido cenno ai suoi uomini, si avventurò nella struttura non dopo aver sguainato la spada.

All'interno dei Tre Scogli, regnava un silenzio profondo e pressante. L'unico rumore udibile era quello delle onde del mare e i respiri leggeri della ciurma. Era buio, faticavano a vedere più in là del loro naso. Scesero le scale con cautela, fino a giungere in un piccolo spiazzo vuoto, con delle torce attaccate al muro.
Sherlock si fermò al centro, voltandosi verso la sua piccola comitiva.

-Dividiamoci. Hooper e Lestrade a destra. Anderson e Wiggins a sinistra. Io e John andremo al centro. Il primo che trova Eurus, mandi uno dei due a cercare me. Capirete da soli quando l'avrete trovata.- sussurrò.
Annuirono rapidamente, prima di dirigersi nella direzione indicata. Sherlock camminava rapidamente, John che quasi faticava a stargli dietro. Entrambi con le spade sguainate, si voltavano ad ogni corridoio, rizzavano le orecchie al minimo rumore, il cuore che sembrava voler uscire dal petto.

Andavano avanti nel silenzio più totale da quelle che gli parevano ore, in un intersecato labirinto di umidi corridoi in pietra. Non sapevano nemmeno dove si stessero dirigendo. Non sapevano che aspetto potesse avere Eurus. Non sapevano nulla, nulla era certo se non che un pericolo incombeva su di loro.

Sherlock frenò bruscamente quando udì, alla fine di un corridoio il lieve e dolcissimo suono di un violino. Riprese a camminare più lentamente, con cautela, quasi temesse di rovinare quella splendida melodia. John lo seguì in silenzio. Il cuore ormai batteva fortissimo. La musica si faceva più vicina, alla fine del corridoio si scorgeva una porta più grande delle altre.
Sherlock strinse l'orlo della giacca, nel tentativo di attenuare il tremore che gli tormentava le mani.

Spinse la porta, che si aprì silenziosamente, rivelando un ampio salone, con un soffitto alto e spazioso. Le pareti erano di roccia, come il resto della struttura. Sul fondo, di spalle, una donna con lunghi capelli neri suonava la dolcissima e malinconica melodia, con il violino posato con delicatezza sulla spalla. Teneva l'archetto altrettanto delicatamente, muovendo il braccio con fluidità e destrezza.

-Trova gli altri. Dì loro che l'ho trovata-. Sussurrò all'orecchio di John, che si affrettò ad annuire, prima di precipitarsi fuori dalla porta subito dopo aver lanciato un'occhiata carica di apprensione a Sherlock.

Il capitano avanzò verso la donna, che aveva lasciato il violino, smettendo di suonare. Gli rivolgeva ancora le spalle.
Dopo che Sherlock si fu avvicinato abbastanza, parlò.

-Hai portato il mio fermaglio?- disse.
Sherlock si bloccò, interdetto.

-Cosa? Io...-

-Ma sì, il fermaglio. Quello che ti avevo fatto rubare alla mamma... quando mi portarono via-.
Sherlock prese fiato, sforzandosi di mantenere la voce ferma e sicura.

-Non mi ricordo minimamente di te, Eurus-.
Eurus si voltò, rivelando un bel viso affilato con due brillanti occhi blu mare.

-Eppure ti ricordi il mio nome-.
Sherlock non rispose, cambiò argomento.

-Tu e James Moriarty. Che accordo avete?-

-Tu non sei qui per questo. Mycroft ti ha detto di indagare su altro.- ribattè la sorella.

-Ma tutte quelle che giungevano a Mycroft non erano altro che false informazioni. Era un piano per farmi venire qui-.
Eurus sorrise.

-È vero... Sai, tu sei sempre stato il più lento. Mycroft con un po' di pazienza arrivava alla soluzione, anche se in questo frangente ho paura che abbia fallito. Ma tu... tu eri il mio preferito-.
Eurus sorrise dolcemente e Sherlock si ritrovò a fare lo stesso.

-Adoravo farti ridere. Una volta hai riso tutta la notte, temevo saresti esploso!- Soffocò sul nascere una risata divertita e nostalgica.
Sherlock era sempre davanti a lei, con un lievissimo sorriso.

-Purtroppo poi mamma e papà mi hanno fatto smettere-. Concluse Eurus.

-Perchè ti hanno fatto smettere?-
Sua sorella assunse un'espressione fintamente colpevole.

-Beh... si è scoperto che mi sbagliavo. Tu non stavi ridendo. Stavi urlando-.
Il sorriso di Sherlock scomparve immediatamente dalle sue labbra.

-Perchè stavo urlando?-

-Ti ricordi di Barbarossa?-
Certo che se lo ricordava. Il suo migliore amico, con cui giocava ai pirati. Era Barbarossa. Ed era scomparso.

-Te lo ricordi allora! E dove è finito?-

-È scomparso-.
L'espressione di Eurus si fece improvvisamente delusa. Scosse la testa con disapprovazione aggrottando le sopracciglia nere.

-Non ci sei arrivato? Davvero?-

-Barbarossa è scomparso. Non è stato mai ritrovato-.

-Bene, allora ti do un piccolo indizio. Tu sai perchè sono qui?-

-Devo sapere che accordi avete tu e Moriarty.-

-Rispondi prima alla domanda. Sai perchè sono qui?-
Sherlock sospirò.

-Hai provocato la scomparsa di un bambin...-
Sherlock sgranò gli occhi.

-Barbarossa-.
Sussurrò.

-Ottimo. Ora riprenditi, Sherlock. Devi rimanere vigile.-
Sherlock battè più volte le palpebre, mentre una voce fredda e melliflua gli giungeva alle orecchie.

-Sei un sentimentale, Sherlock! Sempre in giro a blaterare che non hai sentimenti... e poi crolli così!-
Sherlock mise la mano sull'elsa della spada, mentre si guardava intorno in cerca della fonte della voce. Eurus rimase in silenzio, squadrando il fratello.

-Davvero, Sherlock. Mi deludi, a volte. Ma sei la mia unica distrazione, devo accontentarmi-. Una figura avvolta in un pesante mantello scuro, uscì fuori da una piccola porta laterale, vicino ad Eurus.

-Ma ora smettiamola di criticare e dimmi-.
La figura si fermò accanto ad Eurus, sollevando il cappuccio e rivelando un pallido volto dai grandi occhi neri.

-Ti sono mancato?-

The Other Side Of The Sea  Donde viven las historias. Descúbrelo ahora