"Quando ci lasciavamo non ci pareva di separarci, ma di andare ad attenderci altrove."

("Feria d'agosto", Cesare Pavese)

Mario

Il tempo è strano, spesso crudele. Il tempo se ne frega dei tuoi bisogni, delle tue necessità. Scorre. Scorre e basta. Ma non sempre uguale. Mario ha imparato, in tutti gli anni passati dopo averlo trovato, che il tempo con Claudio passa veloce, troppo. Inesorabilmente. Un'ora ha la durata di un minuto. Forse per questo il tempo con lui non gli basterebbe mai. Forse per questo ne vorrebbe ancora, sempre, non ne è mai sazio. Forse è per questo che quando invece gli è lontano un minuto ha la stessa lunghezza di un'ora. E si ritrova sempre così, a trascinarsi apatico per le strade di una Roma che non ha mai considerato casa. Va a fare la spesa, compra giochi per Sofia, la porta al parco, la ama. Ma è come se all'improvviso si rendesse conto che tutto questo non gli basta più. Che sua figlia non gli basta più. Che se passi una vita lontano dall'amore della tua vita poi succede. Che non ti soddisfa più niente. Neppure l'immenso amore per un figlio riesce a renderti felice, completo, appagato. Perché ti manca sempre un pezzo di te. E questa è una consapevolezza difficile da accettare. E crudele. Mario se ne rende conto quando capisce che il suo modo di vivere è malsano e logorante. Fatto di attesa. Vissuto nell'attesa di quei due giorni a settimana che potrà finalmente passare a Verona. A casa.
Alice ormai vive in casa con lui in modo apatico. Ci vivono insieme, ma è come se non fosse così. Se Mario dovesse descrivere il loro rapporto in una parola non avrebbe dubbi su quale usare. Estraneità. Sono estranei all'altro, forse perfino a se stessi.
"Domani devi tornare a Milano?" Alice mette ordine in quella casa già ordinata, così, forse solo per fare qualcosa. Per mascherare il disagio di avere uno sconosciuto in casa.

Chissà se riuscirai mai a perdonarmi per ciò che ti ho fatto, Alice.

"Sì. Ho il treno alle dieci." Mario risponde, continuando a dare piccoli cucchiai di yogurt a Sofia. Le pulisce le guance paffute, sorridendo a una smorfia buffa della piccola.
"Devi portare Sofia con te. Domani riprendo a lavorare, lo sai." Mario si limita ad annuire in risposta.
"Hai capito amore, domani verrai con papà." Le dice con voce dolce, prima di stringerla tra le braccia. E Mario lo sa. Che se separarsi da Claudio è già stato difficile le altre volte, questa volta gli risulterà quasi impossibile. Perché questa volta avrà lui e Sofia. Tutto ciò che ha sempre desiderato, tutto l'amore del mondo. La vibrazione del telefono interrompe i suoi pensieri. Un messaggio. Da lui.
"Mancano 18 ore e 24 minuti. Ti sento già qui." Mario sorride. Tutte quelle ore che li separano all'improvviso non gli sembrano più così pesanti da vivere.

Cinque anni prima...

Sono seduti attorno a un tavolo all'Urban. Alice con la mano stretta in quella di Mario. Mario con lo sguardo puntato su Claudio che sta al bancone e si avvicina a loro di tanto in tanto per scambiare due parole. Valentina con lo sguardo preoccupato puntato su Mario e un cocktail tra le mani. Dopo venerdì sera, dopo quello che è successo in discoteca e dopo, non si sono più visti né sentiti per giorni. Così quando lui e Alice hanno deciso di mangiare qualcosa fuori con Valentina l'Urban è stato il primo posto che Mario ha proposto.
"Ovviamente." Ha sussurrato Valentina, che dopo aver saputo tutto ciò che è successo non ha esitato a dare il suo consiglio.
"Lascia Alice e sta con lui." Ha detto. Così, come se fosse la cosa più logica e semplice del mondo. Ovviamente si è guadagnata un'occhiataccia dell'amico.
"Certo, la fai semplice tu."
"È semplice Mario. Vi siete innamorati. Non c'è niente di più semplice." Quella sera Mario per la prima volta in vita sua non si è sentito compreso neppure da Valentina.
E ora è qui, seduto nel suo locale, con lo sguardo puntato su di lui, che stasera gli sembra ancora più bello, con quella maglietta verde come i suoi occhi e quel ciuffo un po' spettinato. E improvvisamente capisce che non ce la fa, che ha bisogno di lui, di toccare di nuovo quella pelle, di sentirlo suo, stavolta in modo totalizzante. È un bisogno che gli fa quasi bruciare la pelle, una necessità incontrollata, che fa male. Si alza in piedi e si avvicina a passo deciso a lui, che sembra quasi percepire i suoi movimenti, sembra quasi richiamato da una forza magnetica a portare i suoi occhi in quelli di Mario.

Se mi guardi così mi uccidi.

"Devo parlarti." Si limita a dirgli, avvicinandosi e sporgendosi verso di lui sul bancone, per sovrastare il caos intorno e farsi sentire.
"Dimmi." Claudio alza le spalle, continuando distrattamente a preparare un cocktail.
"Non qui. Ho un'idea per una festa." Improvvisa Mario, un po' in difficoltà.
"Ok andiamo in ufficio."
"Ecco, andiamo in ufficio." Ripete, guadagnandosi un'occhiata perplessa di Claudio.
"Ali!" Urla poi, nella direzione di Alice e Valentina.
"Vado di là con Claudio a parlare di una serata che vorrei organizzare." Vede Alice annuire ingenuamente, mentre Valentina scuote la testa con aria severa.
Segue Claudio nell'ufficio sul retro del locale e un brivido lo percorre quando l'altro apre la porta e scorge la scrivania. Ricorda i loro corpi affannati l'uno sull'altro a quella scrivania a regalarsi reciproco piacere e una scarica di adrenalina ed eccitazione lo pervade. Non dà a Claudio neppure il tempo di chiudere la porta, avventandosi famelico sulle sue labbra e sbattendo con prepotenza il proprio corpo su di lui, spingendolo a indietreggiare fino a sbattere con la schiena al muro. Chiude la porta con un calcio veloce. Claudio riesce a staccarlo appena da sé per riprendere fiato, mentre Mario preme con insistenza il bacino sul suo.
"Che fai?" Gli chiede, con gli occhi lucidi e sorpresi. Mario cerca di regolarizzare il respiro, mentre con mani tremanti comincia ad accarezzargli la shiena sotto la maglietta.
"Non ce la faccio più. Ti voglio mio." Glielo sussurra appena, con le labbra premute su quelle dell'altro. Claudio sgrana gli occhi, facendolo quasi sorridere, perché ora sembra un bambino spaventato, quando invece l'unico tra i due che dovrebbe esserlo è Mario.
"Che? In che senso? Dove?" L'altro sembra nel panico, mentre Mario continua a strusciarsi su di lui, provocandogli gemiti sommessi. È Claudio a ristabilire un minimo di distanza, prendendogli il volto tra le mani.
"Mario, sei sicuro che vuoi farlo?"
"Sì Clà, per favore."
"Non...non scapperai di nuovo dopo, vero?" E Mario la vede, in quegli occhi verdi e limpidi, la paura. La paura di perderlo, di perdersi. E la vuole scacciare via, prenderla a morsi quella paura. La vuole distruggere. Ma in fondo sa che non potrebbe farlo. Perché ha paura anche lui.

Sono spaventato anche io Claudio. A morte. Ma mi sento anche vivo da morire. Non mi sono mai sentito tanto vivo.

"Non te lo posso promettere Claudio. Mi dispiace. Ma io ora lo voglio, in questo momento. Io sono sicuro. È te che voglio."
E basta questo. Claudio si butta con foga sulle sue labbra, come se fossero aria per lui. Come se fossero vita. Chiude a chiave la porta, mentre lo trascina con sé sul divano. Mario si lascia trascinare. Si lascia togliere la maglietta e sfilare i pantaloni, si lascia spingere su quel divano su cui cade con un tonfo secco. Trascina Claudio con sé, mentre riprende a baciarlo con foga, affondando con le unghia sulla sua pelle tesa e sentendo la sua erezione premere sul bacino. Lo libera velocemente anche dei suoi vestiti, mentre Claudio gli sfila l'intimo. E per la prima volta sono nudi, pelle contro pelle. A scoprirsi, ad accarezzare ogni punto più intimo e nascosto dell'altro. Il corpo di Claudio a riempire e proteggere ogni piccola parte di quello di Mario. Claudio si porta le dita alle labbra bagnandole, prima di avvicinarsi alla sua entrata.
"Se ti faccio male devi dirmelo." Gli sussurra all'orecchio prendendo a baciargli il collo. E Mario si ritrova a strizzare gli occhi per l'intrusione, mentre Claudio lo distrae con baci umidi sul collo, sul volto, dappertutto. Si ritrova a gemere una volta abituato a quelle dita calde in lui, a spingersi ancora di più contro il corpo di Claudio, facendo scontrare le loro erezioni e cercando un po' di sollievo in quello. Si ritrova a desiderare Claudio in lui, come se ne dipendesse la vita.
"Clà basta." Riesce a dire a fatica, cercando di fargli capire quanto desideri averlo dentro di lui. Quanto lo desideri e basta. Senza paura. Ormai anche la paura è andata via. C'è solo piacere. C'è solo amore. Solo Claudio. Claudio che ora entra in lui con estrema lentezza, che lascia andare un gemito tra i suoi capelli, che comincia a muoversi più veloce in lui, sollevando con dita tremanti il volto di Mario per fare incastrare il verde nel nero. Claudio che si prende i suoi gemiti accogliedoli tra le labbra, che si prende tutto di lui. È la sensazione più bella che Mario abbia mai provato. È sentirsi completo, felice. È il piacere che esplode in entrambi lasciandoli sfiniti, a sussurrare l'uno il nome dell'altro come in un mantra. È fare l'amore per la prima volta e prenderne la dolorosa consapevolezza. È Claudio che sfinito gli accarezza i capelli, gli bacia le labbra, traccia il profilo del suo volto, gli sorride. È Claudio che lo dice, facendogli esplodere il cuore.
"Anche io ti amo."
E Mario ora ne è sicuro. Per amore non si muore. Per amore si vive.

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