Capitolo 4

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Dopo un'interminabile serata è finalmente arrivata di andare: Caterina domattina deve portare i bambini a lezione di nuoto quindi non può fare troppo tardi e, mentre tutti si salutano cordialmente, io continuo imperterrita a tenere lo sguardo fisso in terra.

Improvvisamente una mano tesa si materializza davanti alle mattonelle, un segno inequivocabile di pace universale.

"È stato un piacere averti rivisto, nonostante tutto." Mi dice lui sorridendo.

"Scusami ancora, lo so che sembra impossibile, ma giuro che non mi succede spesso di cercare di uccidere due volte la stessa persona nell'arco di dodici ore."

"Non ho alcun dubbio, immagino che in genere tu faccia passare almeno qualche giorno prima di riprovarci."

Anche se mi merito tutte le battute ironiche di questo mondo, non è che in questo modo mi risulti più simpatico.

Cerco di sorridere e finalmente ci dirigiamo verso la macchina dove, appena chiuso l'ultimo sportello, mi ritrovo quattro paia di occhi che mi fissano ghignanti.

"Allora? Andiamo o no?"

Il primo a parlare è Marco.

"Cassandra è un figo da paura."

"Perché questo dettaglio te lo sei tenuta tutto per te?" Rincara Stella.

"Sono completamente d'accordo. Adesso prova a non tentare di ferirlo gravemente ogni volta che lo vedrai."

"Fermi tutti, chi ha detto che lo rivedrò? Allo stato attuale è al primo posto delle persone che cercherò di evitare come la peste. Non credo che riuscirei a resistere alle sue battute sulla mia inettitudine, visto e considerato che me le merito tutte, e in ogni modo mi sono guardata bene dal chiedergli qualunque cosa possa farmi capire dove rincontrarlo cosa che, ripeto e ribadisco, è assolutamente fuori discussione."

"Si chiama Alberto, ha quarantatre anni, separato da 6 anni, figlia diciassettenne per la quale stava comprando la linea di idratanti. Reddito fisso, lavora in una ditta che progetta interni per le barche, lui è disegnatore. Stasera era qui con alcuni amici ai quali stava giusto raccontando quanto tu stamattina lo avessi colpito, non ti scaldare intendeva in senso figurato, quando sei apparsa dal nulla mentre stavi per smusarti."

"Marco ma chi cazzo sei, la C.I.A.?"

"Tesoro di secondo nome faccio Sherlock. Comunque fidati di me che di queste cose me ne intendo: gli piaci molto e non mi stupirei più di tanto se una di queste mattine te lo vedessi spuntare in negozio."

Sinceramente spero proprio di no.

"Cassandra cosa c'è di male? È carino, è single, non è neanche il solito idiota che incontri nei locali, spiegami per favore che cosa ti costa provare!"

Aggiunge Margherita.

In ogni modo mi sembra che tutte stiano dando per scontato un po' troppe cose per poter fare dei ragionamenti seri e sensati, quindi le assecondo per chiudere definitivamente l'argomento.

"Va bene! Giuro che semmai quell'aspirante suicida dovesse cercarmi di nuovo cercherò di non menomarlo e gli offrirò un caffè."

"Amen sorella, così si ragiona!"

Arriviamo a casa mia alle le due passate, meno male domani lavoro solo mezza giornata e, se magari venisse fuori un po' di sole, nel pomeriggio me ne potrei pure andare al mare a riprendermi dalle ore piccole.

Mi levo quello che rimane dei miei poveri sandali, indecisa se disfarmene o tenerli per ricordo, ma quando mi sfilo i jeans devo constatare che, purtroppo, sono da buttare.

Non so come, ma trovo anche la forza di struccarmi; poi finalmente mi butto sul letto, praticamente già addormentata prima di toccare le lenzuola.

Una canzone all'improvvisoWhere stories live. Discover now