Capitolo 2: il Dubbio

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Adesso che avevo trovato il Metodo non mi restava che applicarlo, come aveva fatto Cartesio. Misi pertanto in discussione il mio intero sapere finora acquisito: tutte le mie conoscenze dovevano essere sottoposte a giudizio attraverso il Metodo, al fine di distinguere quelle che risultavano veritiere e valide da quelle su cui permaneva anche solo un velo di dubbio. Durante questo processo critico tuttavia non potevo avvalermi delle conoscenze che non fossero ancora state verificate; di conseguenza dovetti sospendere l'assenso a ogni nozione comunemente accettata, dubitare di tutto e considerare almeno provvisoriamente come non vera ogni cosa.

Mi ritrovai così a ripartire da zero, privo di qualsiasi certezza, "tabula rasa".    

    

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Avevo dubitato di tutto, raggiungendo il cosiddetto dubbio iperbolico. Ma proprio nel carattere radicale di questo dubbio intravidi la prima certezza. Potevo dubitare di tutto, ma il fatto stesso che io dubitavo implicava che io stavo pensando: dubitare infatti significa pensare che qualcosa non sia sicuramente vera.

"Io dubito" implica "Io penso"

Io dubito è condizione sufficiente affinché io pensi

Io penso è condizione necessaria affinché io dubiti

Inoltre, conseguenza diretta dell'azione di pensare è esistere:

"Io penso" implica "Io esisto"

Io penso è condizione sufficiente affinché io esista

Io esisto è condizione necessaria affinché io pensi

"Dubito" implica "Penso" implica "Esisto"

Dubito ergo Cogito ergo Sum

Ecco dunque avevo appena compiuto il mio primo ragionamento, che data la semplicità e l'immediatezza si poteva considerare quasi un'intuizione. Tale affermazione mi risultò vera in modo chiaro, evidente ed indubitabile; essa fu perciò la prima nozione che potei archiviare come sicura.

Una precisazione da farsi: non potevo certo dire di esistere come corpo, giacché non sapevo ancora nulla dell'esistenza dei corpi, intorno ai quali il mio dubbio permaneva. Pertanto io non esistevo se non come cosa che dubitava, cioè che pensava. In altre parole, la certezza del mio esistere concerneva solo e tutte le determinazioni del mio pensiero: il dubitare, il capire, il concepire, l'affermare, il negare, il volere, il non volere, l'immaginare, il sentire ...

Le cose pensate, immaginate, sentite ... potevano, a quel che ne sapevo, non esistere al di fuori, ma soltanto nella mia mente, come oggetto del mio pensiero. La proposizione "io esisto" equivaleva dunque alla proposizione "io sono un soggetto pensante, cioè mente, intelletto, ragione".    

    

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Fantasia, libro x1-0-1, MetafisicaWhere stories live. Discover now