Capitolo 43

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Vedo una moto nera, seduto c'è Mario, o almeno credo che sia lui.

Cautamente mi avvicino a questo signore, vestito sportivo.

Mi fermo, quando vedo che si sta togliendo il casco, quindi potrei vedere il suo volto ed evitare una figura di merda, anche se oramai ne ho fatte tante.

Appena vedo i capelli scuri e la barba con qualche sfumatura di grigio, gli occhi scuri e l'aria di chi sta aspettando qualcuno.

Mi da l'idea che possa essere Mario.

Cautamente mi avvicino, mi sporgo e lo saluto.

"Salve, io sono Giulia"
Si sistema e stringe la mia mano.

"Piacere io sono Mario Catanese, ti va di prenderci qualcosa?
Così ne parliamo più tranquillamente"
Dolcemente indica con un movimento del capo un bar alla nostra destra.

Non sembra molto affollato, meglio così.

"Si, offro io"
Dico, appena ci incamminiamo verso il locale.

"No no, non mi do pace fino a quando non fai aprire unicamente il mio portafoglio"
Ribatte, senza farsi scappare l'occasione.

È un gentiluomo, si era capito fin da subito, cosa mi sarei dovuta aspettare.

Continuo ad insistere, solo Riccardo e Nicolas mi hanno mai pagato qualcosa nella mia vita, mi sentirei quasi in colpa.

"E va bene, però io non prendo nullo fuorché un caffè"
Lo avverto che non gli farò fare spendere molto e questo mi rassicura.

Ci accomodiamo in un tavolino fuori, all'aperto.

Quando restiamo da soli, iniziamo a parlare.
Inizia Mario, accendendo una sigaretta.

Ad un tratto mi trovo costretta a girare il volto.

Vedo il mio ragazzo, di poco incazzato, avvicinarsi a noi, mentre mi guarda e non è contento, tutto questo non promette di certo un tavolo con i biscottini ed il thè.

Anche perché a me il thè non piace, solo quello freddo e alla pesca.

"Buon pomeriggio"
Tentando di mostrarsi calmo, saluta cordialmente Mario.

Sorpreso nel vedere un ragazzo, mai menzionato, lo saluta un po' intontito e pieno di domande.

Con un leggero imbarazzo e senso di colpa, provo a rispondere alle sue innumerevoli domande.

"Ci scusi un attimo"
Nicolas, neanche mi avesse letto nel pensiero mi interrompe.

Alzo il dito per indicare che deve aspettare solo un minuto.

Il mio ragazzo stringe la mia mano, solamente per una questione d'orgoglio non gli dico di allentare la presa.

Ed ecco la trasformazione, da bravo e dolce ragazzo a demonio.

"Mi dici chi cazzo eh!
Adesso anche i professori ti vorrebbero tutta per loro?"
A Nicolas non gli ho mai detto nulla, ma ora è come se mi avesse detto che quasi mi piace essere una troia.

"Ma sei scemo!
Ma che cosa dici?"
Lo strattono via, evitando ogni contatto fisico da lui.

"Dico che mi tieni troppe cose nascoste, tu non sei la ragazza di cinque anni fa"
Adesso si, adesso vorrei piangere.

"Allora trovati un'altra quindicenne, io preferisco chiedere un aiuto a Mario per trovare i miei genitori, sempre se siano vivi"
Gli rispondo, allontanandomi da una persona irriconoscibile.

"Ehi, fermati un attimo.
Abbiamo corso un po' troppo"
Mi afferra e vedo il suo sguardo completamente infuocato.

"Nicolas io volevo parlartene dopo, perché adesso avevo bisogno di capire e successivamente parlarne con te e Riccardo"
Spiego tutto il mio piano e la scusa per cui non volevo dirgli nulla.

Inizia a muovere la testa in maniera nervosa.

Sbuffa.

"Scusa, ho esagerato"
Decisamente.

Un amore impossibile 3Where stories live. Discover now