Prologo.

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Quattordici giorni per
                                  NON sposarsi.

Nessuno avrebbe mai pensato che una lettera potesse provocare tanti problemi, solo perché nessuno si era mai trovato nella sua situazione, prima. 
Il ragazzo era seduto in modo insolitamente composto, le gambe accavallate fasciate da quei suoi pantaloni neri, strappati sulle ginocchia; il suo piede si muoveva in modo circolare, toccando svariate volte il pavimento con la punta della scarpa blu. Si passò una mano fra i capelli biondi, mentre con l'altra teneva stretto quel pezzo di cartoncino. Aveva solo voglia di strapparlo in mille pezzi, di prendere il primo taxi che passava e andare direttamente da quell'idiota, per urlargli in faccia. Cosa diavolo stava facendo? Stava rovinando la sua vita e, ne era sicuro, anche quella di altre persone, ma non lo avrebbe capito fino a quando qualcuno non glie lo avrebbe urlato in faccia. Ed era proprio ciò che il biondo aveva intenzione di fare. 
Il tempo, in quel momento, rispecchiava perfettamente la reazione emotiva del ragazzo, dato che, da un momento all'altro, iniziò a piovere e gocce pesanti caddero contro le finestre, provocando un rumore continuo, un ticchettio quasi fastidioso, se solo, in quella casa, non ci fosse stata una situazione ancora più fastidiosa della pioggia contro il vetro. 
La ragazza si alzò dalla sedia e gli si avvicinò, molto lentamente, strappandogli di mano quel foglio spesso, posando i suoi occhi scuri sulla scrittura elegante. Le sue labbra rosse si storsero, in una smorfia di disgusto, mentre si spostava una ciocca di capelli castani dietro l'orecchio. «Cos'hai intenzione di fare?» Gli chiese infine, distogliendo lo sguardo e l'attenzione dalla lettera, posandolo invece sul ragazzo che, ancora seduto, minacciava di impazzire da un momento all'altro. Se c'era qualcuno che lo conosceva meglio di quanto si conoscesse lui, era proprio quella ragazza. Era la sua migliore amica da una vita intera, nati lo stesso giorno, nello stesso ospedale, da due famiglie che, per puro caso, sarebbero diventate presto vicine di casa. Un sospiro sfuggì dalle labbra di lei, la quale gli si avvicinò maggiormente, sedendosi sul bracciolo di quella poltrona, portando una mano sulla spalla di lui, scuotendogliela, neanche tanto delicatamente. «Heechul, rispondimi», lo riprese, con un tono di voce secco, deciso. Doveva capire presto quali fossero le sue intenzioni, dovevano capire insieme qual'era la cosa migliore da fare, la reazione adeguata da fare vedere alla gente.
«Uscire di qui, – rispose finalmente il ragazzo, con voce molto calma, in un sussurro carezzevole, così dolce e allo stesso tempo così amaro, che iniziò ad allarmare l'amica – prendere un taxi e andare a fargli il culo», terminò in un ringhio, tirandosi su con uno scatto, andando a passo veloce verso la porta di casa. La ragazza si alzò velocemente, prendendo il polso sottile dell'amico, fermandolo, facendolo sbuffare. «Jiyeon, lasciami andare» disse piano, con una calma che, lei lo sapeva perfettamente, era tutto il contrario di ciò che realmente stava accadendo nel corpo e nella mente di lui. Jiyeon poteva comprendere a pieno cosa il ragazzo stesse provando, capiva anche il perché lui avesse così tanto bisogno di vederlo, di dirgliene quattro. Eppure capiva anche che, se soltanto glie lo avesse detto, lui sarebbe scoppiato a ridere e le avrebbe dato della pazza. 
«Perché?» Domandò lei, alzando un sopracciglio, piano, accennando poi un mezzo sorriso divertito, ironico. Heechul la guardò, confuso, come se si stesse chiedendo se la sua migliore amica avesse appena fatto uso di droghe. «Perché sei così arrabbiato?» gli domandò ancora e lui si trovò a prendere un respiro lento e profondo, per poi roteare gli occhi al cielo, come se la risposta a quella domanda fosse talmente ovvia, che avrebbe potuto anche risparmiarsela.
«Hai sbattuto la testa, per caso?» Le chiese ironico, togliendo il proprio polso dalla presa, molto debole, della ragazza, passandosi poi una mano fra i capelli, sempre più scompigliati. «Sta facendo l'errore più grande della sua vita, non può sposarsi», concluse, serio, facendo ridere Jiyeon, provocando così, in lui, come una reazione a catena, un immenso nervoso. Cosa trovava di così tanto divertente in quella situazione?
«Quindi non può innamorarsi?» Gli domandò ancora una volta lei, piano, mentre Heechul si ritrovava ad aggrottare le sopracciglia.
«No, non intendevo...»
«Non può sposare la persona che ama?» Lo interruppe lei, facendo un passo in avanti.
«No...cioè, si, può farlo, ma...»
«Oppure...la persona che deve sposare, non può essere una...ragazza?» Soffiò infine, sorridendo appena, quasi di sbieco, come a sottolineare che lei aveva realmente capito tutto; aveva compreso persino quella cosa che lui continuava a non capire.
«Cosa cazzo stai dicendo? Lui può sposare chi diamine vuole, ma...ma non Lei, chiaro? Lei non è la persona giusta» Sbottò infuriato il ragazzo, allontanandosi dall'amica. Afferrò velocemente la sua giacca, indossandola al volo, ed uscì di casa, sbattendo con violenza la porta dietro le sue spalle. Di tutta risposta, però, Jiyeon iniziò a ridacchiare, avvicinandosi a quel tavolino nero, prendendo fra due dita le chiavi, girandosele appena. Contò qualche secondo, dopo di che aprì la porta, trovandosi il ragazzo di fronte: aveva la testa bassa, il cellulare in mano e l'altro braccio, con la mano chiusa a pugno, alzata, come se stesse per bussare. Prese le chiavi di casa e se ne andò, raggiungendo il punto esatto dove avrebbe aspettato quello stra-maledetto taxi. Non gli interessava ciò che la gente, o che la sua migliore amica, potesse pensare. Lui era suo amico, uno dei suoi più cari amici, e non poteva fare uno sbaglio così grosso come quello di sposarsi. Non con una ragazza alla quale non importava niente di lui. Non con una sciacquetta come lei. 

Il taxi ormai era arrivato da un quarto d'ora ed era esattamente da quel momento, che Heechul si trovava su quei sedili posteriori, con una rivista di moda – naturalmente tirata fuori dalla sua borsa – sulle ginocchia; la sfogliava distrattamente,senza neanche guardare realmente i capi maschili o le indossatrici, almeno fino a quando, voltando le pagine, non vide lei. Era una ragazza bellissima, con un corpo ben proporzionato; i capelli neri,lunghi, le scendevano fino a coprirle le spalle nude, mentre, di spalle, sfiorava con lo sguardo il punto dove, sicuramente, si trovava la macchina fotografica, accennando un sorriso che aveva un non so che di provocante, malizioso. Heechul ringhiò, stringendo le dita attorno a quella pagina talmente tanto forte, da strapparla a metà, sfigurando il dolce visino della modella. «Non hai idea quanto vorrei farlo davvero» si ritrovò a sussurrare fra se e se, mentre chiudeva la rivista, riponendola nella borsa, guardando dal finestrino. Ancora pochi minuti e sarebbe arrivato, ma...cosa gli avrebbe detto? "Ciao Teuk, mi dispiace, ma non puoi sposarti"? E cosa avrebbe risposto, una volta che il suo amico e compagno di avventura da troppi anni, ormai, gli avesse chiesto il motivo? Sapeva, in cuor suo, che una risposta sensata c'era, ma non riusciva a trovarla. Ancora cinque minuti, poi si sarebbe trovato faccia a faccia con lui. Fino ad allora...poteva pensare al guaio che stava per combinare e alla bomba che lui stesso avrebbe fatto esplodere.

Quattordici giorni per NON sposarsi.Where stories live. Discover now