Lucciola Buia

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La luce soffusa al terzo piano, uno in meno rispetto a dove abito io. La camera con le tende chiuse tutto il giorno, è il palcoscenico un paio di metri sotto alla scrivania, la mia.
Il palazzo di fronte decade ancora, puntellato dopo l'ultimo terremoto. Saranno passati si e no trentasei anni dall'ultimo sisma, le cose qui non cambiano da un giorno all'altro. Quartieri popolari come questo, si mantengono l'uno su l'altro tra fame, voglia di riscatto e puntuali sogni infranti. Solo pochi possono dire di aver respirato nella propria vita, se hanno avuto come domicilio sulla carta d'identità, almeno una di queste vie; quelli che sono partiti per non finire come pezzo archeologico più che ritrovato, mal gestito dallo schifo che mantiene in piedi acciaccati e storpi i muri che sembrano tante gallerie degli orrori.

Non hanno nemmeno la luce condominiale in quel cimitero fantasma degli anni ottanta.
I sei citofoni che non funzionano, hanno tutti un cognome a cui appartenere, tranne uno.
Non serve sapere di chi è, lo sanno tutti oramai nel quartiere.
La chiamano Lucciola Buia, anche se non è il suo vero nome, più che altro è l'appellativo che gli hanno dato dopo anni di spionaggio del vicinato.
Lucciola, perché la sua casa sembra animarsi solo di sera. Buia, per tutto il resto del giorno in cui sembra esista appena.
Ogni notte, compie il solito rituale; la tenda che copre anche i raggi del sole che non entrerebbero comunque, resta aperta a mostrare tutto come proiettore di horror filmati senza permesso. Il vicolo troppo stretto, non permette di infiltrare altro che non sia fumo illegale e spacciatori seriali in età adolescenziale.

Aspettavo come un maniaco seduto a far finta di leggere ogni sera, solo per ammazzarmi di seghe per quello che mi mostrava senza volere. Ho smesso dopo un po', non per mancanza di stimolo, solo perché vedevo fingerla senza sorrisi o desiderio vario.
Il cliente fisso era ignaro del suo essere lì solo col corpo, senza la mente, ma io la vedevo. Aveva lo sguardo in fase di esumazione, fissava il vuoto col volto da cadavere che ancora non è stato ritrovato. Vendeva soltanto finzione, mentre era seduta a cavalcioni sopra al suo male personale. Era quella l'unica posizione che le evitava di evadere da dove avrebbe voluto. Simulava godimento senza trasporto alcuno. Anche il più stupido degli uomini se ne sarebbe accorto, ma a lei toccava sempre il solito che pensava a svuotarsi le palle piuttosto che vedere il cancro che stava nascondendo nel cuore.

Preferiva farsi scopare di schiena per non farsi guardare in viso, chissà perché era girata sempre verso il lato che dava sul mio balcone.
Mordeva il cuscino per non urlare, si vedeva non era piacere, ma solo lavoro.
Mi sono chiesto mille volte perché faceva quel che faceva se non le andava bene.
Aveva le lacrime agli occhi senza mai farli scoppiare, avrei dato di tutto per permetterle di non farsi più del male.
Poteva essere mia madre, anche se un figlio non lo ha mai avuto, o forse sì, ed io stupido a non essermene mai interessato.

In piena estate, teneva sempre le finestre aperte, sentivo gli ansimi dell'uomo come fossero stati fatti al mio orecchio. Il volto girato per non farsi vedere, le unghie con lo smalto mezzo rosicchiato piantate tra stoffa e piume. Di sicuro più per punizione mista a finzione che per invogliarlo a continuare. Mai una volta si fosse aggrappata in quel modo al suo volere di riscatto, anziché subire.
Pochi minuti per finire un rapporto con il corpo livido di bugie e il cuore martoriato senza via d'uscita.
Restava lì, senza prendere nessuna forma, nemmeno una carezza per dare pace all'anima riceveva dopo l'amplesso.

Ogni sera, osservo casa Lucciola Buia anche se la luce è spenta da troppi anni.
Si è buttata di sotto una notte qualunque, dopo aver soddisfatto senza aver ricevuto nulla in cambio per la millesima volta.
C'ero solo io al suo funerale, per la gente del quartiere era un disonore la vita che viveva. Nessuno si è mai chiesto perché è finita così, chiusa in quattro mura dal sapore di galera.
Anche il suo cliente abituale è mancato all'appello per l'ultimo saluto. Ho scoperto era il marito, l'uomo che la costringeva a scopare ogni sera.

Si è spento anche l'ultimo lampione, dopo questa notte di rimorsi e rabbia, al ricordo di quella donna. Lucciola Buia vive ancora oggi, non perché è stata puttana, solo perché è morta di notte, al buio, che si è presa con le sue mani.

Lividi CerebraliWhere stories live. Discover now