24. Can I have this dance?

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Harry

"Harry?"
Mi rigirai tra le coperte, schiacciando il viso contro il cuscino.
"Harreh, sveglia."
Per un momento la mia mente, ancora intorpidita dal sonno, riuscì ad ignorare quella voce.
Ma il tocco silenzioso di mani delicate tra i capelli, lo scorrere dolce di dita fredde e affusolate sul mio viso, mi costrinsero a spalancare gli occhi.
"Che c'è?" grugnii irritato, prima di riuscire a mettere a fuoco il volto di Louis, a pochi centimetri dal mio, luminoso come non mai.
"Buongiorno anche a te" cantilenò, lasciandomi un buffetto sulla guancia. "La dolcezza non è il tuo forte appena sveglio, eh?"
Storsi le labbra, incapace di ribattere, prima che lui mi schioccasse un veloce bacio a fior di labbra.
Mi sollevai, sperando di approfondire il contatto, ed allora l'atmosfera idilliaca scomparve improvvisamente.
Perché il cellulare, che avevo tenuto stretto in mano per tutta la notte, mi scivolò tra le dita.
E ricordai.
Ricordai cosa avevo fatto, ed un senso di vorticosa vertigine mi avvolse, facendomi quasi mancare il respiro.
Fu come rivivere, secondo dopo secondo, ciò che era accaduto la sera prima.
Ero accucciato nel mio letto, solo, a ridere come un idiota per i messaggi evasivi ed imbarazzati di Louis, quando era successo: una stretta allo stomaco fortissima, un senso di vuoto schiacciante nel petto, l'improvvisa e devastante consapevolezza di essere debole,  incompleto, come privato di una parte indefinibilmente essenziale del mio essere.
Louis.
Era lui la parte che mi era stata strappata via, la tessera del puzzle che mancava per completarmi, l'unico capace di colmare la voragine nel mio petto.
Allora l'avevo sentito, il bisogno spasmodico di esprimere quell'idea, di fargli sapere quanto lui fosse essenziale per me.
E alla fine mi ero deciso. Avevo mandato quel messaggio.
Ma nel disperato bisogno di sputare fuori quelle parole, nel desiderio frenetico che lui capisse ciò che provavo, avevo tralasciato un dettaglio fondamentale: forse, non ero ancora pronto per fare quel passo.
Per un anno non ero stato altro che un innocuo manichino senza storia e senza anima, avevo rifiutato ogni tipo di aiuto, avevo cementato il mio cuore in quel muro, fermamente convinto che l'unico modo per non sentire il dolore, fosse costringermi a non sentire più niente.
Così avevo spento la luce, reciso ogni tipo di legame, abbandonato ogni speranza di resistere, di andare avanti.
Per un anno, Harry Styles non era esistito.
Era come se anche lui fosse morto, un corpo vuoto, un involucro senza anima, pronto a riposare accanto ai suoi genitori per sempre.
Era stato Louis Tomlinson a ridare vita a quel corpo.
Era stato lui a rianimarlo, ad afferrarlo dalle mani, costringendolo a scuotersi, a reagire, a vivere.
E adesso, racchiuso in un limbo di incertezza, a pochi passi dal confine che mi ero ripromesso di non superare mai più, due erano le cose che sarebbero potute accadere: sarei potuto tornare indietro, intimorito dal mondo, spaventato dal viscerale e contorto sentimento che mi legava a Louis; oppure avrei oltrepassato quel confine, lasciando per sempre alle spalle l'oblio oltre quel muro.
Ma sapevo che per farlo avrei avuto bisogno di Lou.
Con quel messaggio, oltre che esprimere ciò che provavo, avevo ammesso, in modo completo ed irrimediabile, quanto io dipendessi da lui.
Ed essere dipendente da qualcuno, non mi era mai piaciuto.

Perciò quando lui si alzò, ancora sorridente e "Scendi a colazione?" mi chiese, io annuii freddamente.
E quando uscì dalla stanza, non lo guardai nemmeno.
Fissai invece gli occhi sulla sua risposta di quella notte.
"Anche io, lo sai." recitava il suo messaggio.
Ed era vero, sapevo che mi amava.
Ma questo, mi sarebbe bastato?



"Ma ti rendi conto? Mi ha messo una C! " Liam sbatté forte lo sportello dell'armadietto. "La mia media andrà a farsi fottere. Ed anche la borsa di studio per il college."
"Una C non ha mai ucciso nessuno, Liam."
"Sarà mia madre ad uccidermi, stanne certo" sospirò lui stancamente. "Comunque pomeriggio pensavo di andare da Niall, magari potresti venire anche tu e..." allungò il collo per cercare di guardarmi in faccia. "Harry? Mi stai ascoltando?"
"In realtà no."
"Stai ancora pensando a quel messaggio?"
Gli rivolsi uno sguardo assassino. "No, certo che no! Perché dovrei?"
Afferrai la borsa e mi incamminai lungo il corridoio.
Qualcosa di orrendamente simile ad un sorriso derisorio comparve sul volto di Liam, ed io lo trovai estremamente irritante.
"Dai Harry, non fare finta che non ti importi! "
"Non sto fingendo proprio niente, Payne" risposi piccato, tanto per ribadire il concetto anche nella mia testa. "Era solo un messaggio, ok? Non aveva alcuna importanza!"
Liam inarcò un sopracciglio. "Se non avesse alcuna importanza non ne saresti così ossessionato."
Non ebbi il tempo di rispondere perché una voce in fondo al corridoio attirò la mia attenzione.
"Harry! HARRY!"
Metà dei ragazzi in corridoio si voltarono di scatto verso la figura esile, attorniata da una massa di capelli rossi, che mi correva incontro.
"Chi è quella?" chiese Liam, appena prima che Sammy ed un'altra ragazza ci si piazzassero davanti.
"Sam" feci atono, "smetti di urlare, per favore."
Lei arrossì, aprì la bocca per ribattere ma la sua mica la precedette.
"Scusala, è un po' stressata ultimamente. Sai, il ballo e tutto il resto..."
Aggrottai la fronte, confuso. "Quale ballo?"
Tutti, compreso Liam, mi fissarono scioccati.
"Il ballo di primavera Harry" ridacchiò lui, "è da una settimana che la scuola è tappezzata da volantini."
"Sul serio non ne sapevi nulla?" lo interruppe bruscamente la tipa accanto a Sammy, iniziando a frugare nella propria borsa.
Per la prima volta da quando era arrivata, la guardai attentamente.
Capelli scuri, quasi neri. Pelle chiara, occhi ancora più scuri dei capelli, labbra sottili, leggermente rosate.
Un viso bellissimo senza dubbio ed in qualche modo... familiare.
Mentre tentavo di ricordare dove l'avessi già vista, quella mi porse un volantino azzurro, su cui campeggiava la scritta argentata Sadie Hawkins.
"Io e Becca siamo nel gruppo degli organizzatori" ci tenne ad informarmi Sammy, orgogliosissima.
Allora io ricordai dove avevo già visto la sua amica.
"Becca?" feci, quasi divertito. "Tu sei Rebecca Philips?"
Il sorriso compiaciuto che spuntò poco dopo sul suo volto mi fece capire che non mi sbagliavo.
"E tu sei" sogghignò maliziosamente, "il cugino di Louis, ovviamente. Ti ha parlato lui di me?"
"In realtà è stato un certo Tyler."
Mi passai inconsciamente una mano trai capelli, guadagnandomi un'occhiataccia di Liam mentre la ragazza ridacchiava.
"Oddio, Tyler! Qualsiasi cosa ti abbia detto, sappi che non è vera."
"Dobbiamo andare in classe" si intromise acidamente Liam.
"Spero che verrete al ballo" cinguettò Rebecca, ignorandolo.
"Vedremo" risposi, prima che Liam mi afferrasse il braccio, deciso a trascinarmi in classe.
E forse l'avrei seguito, se la mano di Rebecca non si fosse chiusa sul mio polso.
"Aspetta! Non rendere le cose ancora più complicate, Styles" sorrise sfacciatamente, "è già un'impresa per me cercare di invitarti al ballo."
"Come scusa?" feci, incredulo.
Le due ragazze risero, ancora.
"Ok, adesso lo dico meglio" Rebecca si schiarì la gola, "Harry, vorresti venire al ballo con me?"

A kind of brothers ?Where stories live. Discover now