Reincarnations. Aprire gli occhi 2.

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Reincarnations – Aprire gli occhi 2
Ovvero: come capire che quel Merlin è ancora Merlin

•••

Quando accadde pioveva. E parliamoci chiaro: lui odiava la pioggia.

Ovviamente in un’intera settimana in cui non era dovuto uscire, l’unico giorno in cui aveva lezione in università sembrava che dal cielo l’acqua venisse giù a secchiate. E lui non aveva l’ombrello, chiaro.

Beh, il punto non era quello, comunque: era sera, era tardi, faceva freddo e Merlin lo stava sicuramente aspettando con la cena pronta a casa loro. Beh, casa di Merlin in realtà, ma ormai stavano insieme –insieme-insieme, ma proprio insieme- da due anni e lui ormai aveva solo su carta la residenza a casa dei suoi: il moro gli aveva lasciato lentamente e silenziosamente un’anta e un cassetto nell’armadio in camera, che con l’andar del tempo erano diventati non più spazi così definiti; due file nella libreria e una mensola per le sue cianfrusaglie in salotto; il bagno trasformato in un mix di cose, con gli spazzolini di due colori diversi uno affianco all’altro; c’era il cibo che piaceva a entrambi nel frigo e nella dispensa che compravano a turno al supermercato; e avevano una tabella colorata appesa nella bacheca di sughero in cucina con i turni per i lavori di casa che non rispettavano, ma che avevano realizzato insieme in un pomeriggio piovoso tra un bacio e una risata.
 
Tacitamente convivevano da quando Merlin –il suo assurdo e perfetto ragazzo-, in una fredda mattina autunnale, gli aveva fatto trovare di fianco alla sua tazza di the al gelsomino una seconda copia delle chiavi della porta di casa sua e del portone d’ingresso del condominio. Ricordava di aver visto dipingersi sul viso del moro un sorriso impossibile da nascondere dietro alla tazza, mentre fingeva indifferenza sorseggiando, gli occhi blu che brillavano guardandolo traboccante di quell’amore incondizionato e devoto che gli lanciava anche quando credeva di non essere visto. E lui era inciampato sulla sedia e aveva sbattuto l’anca sul tavolo mentre lo afferrava per il pigiama per baciarlo fino a fargli dimenticare i loro stessi nomi, ma quelli erano dettagli.

Certe volte si chiedeva in quale modo potesse dimostrare al moro il sentimento che gli si agitava nel petto, perché dirlo ad alta voce il più delle volte sembrava insufficiente e povero, tanto che invidiava la capacità del ragazzo di trasmettergli quanto lui fosse importante con un solo gesto. Cielo, sembrava assurdo ma il moro lo anticipava sempre su tutto. Pareva sapere cosa pensasse o cosa provasse ancora prima che la sua mente ci si potesse soffermare ed era davvero incredibile, quasi ultraterreno, come se gli leggesse nel pensiero. A volte pareva conoscerlo meglio di qualsiasi persona, addirittura più di sua sorella Morgana.
 
Al contrario lui si rendeva conto, mano a mano che il tempo passava, che sulla vita di Merlin gli mancavano dei passaggi.

I genitori morti, per dirne una. Possibile che non avesse alcun altro parente? Il moro gli diceva di no ma non ne parlava mai e sviava il discorso con un'abilità quasi innata distogliendo l'attenzione dall'argomento principale e rigirandolo in modo da parlare di altro. Capiva che per Merlin fosse doloroso, ma lui avrebbe davvero voluto sapere, condividere con lui quel peso e semmai, un giorno, poter arrivare a parlare anche dei ricordi felici della sua famiglia.

Poi c'erano altre cose, come la collezione di prime edizioni di classici vecchi di centinaia di anni. Ecco, qui avrebbe davvero voluto saperne di più perché il moro aveva questo immenso tesoro e al biondo veniva un colpo a pensare a quanto avrebbe potuto guadagnarci il ragazzo se solo li avesse venduti. Dove li avesse presi era un mistero... anche se continuava a blaterare su un misterioso mercatino dell'usato.

Reincarnations. Aprire gli occhi 2. || Merthur || OSWo Geschichten leben. Entdecke jetzt