La ballerina velenosa

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Lo feci.

Corsi verso di loro, e li colpii.

Uno alla volta.

Non ero più io.

Ero violenza. Veloce come il fulmine che squarcia il cielo. Ero lacrime, quelle versate in tutti gli anni della mia solitudine, ben prima di arrivare a Saint Claire, e d'improvviso tramutate in rabbia cieca. Ero la ferocia che pulsava sotto la mia stessa pelle. A causa di Desmond, o di mio padre, o mia. O dello Sconosciuto, forse. Ed ero sangue, quello che avrei fatto schizzare nel buio immobile di quella notte.

Cadevano, tutti. E non provavo nulla. Nessuna sensazione negativa, almeno. Più li colpivo, più sentivo crescere dentro di me la voglia di colpirli ancora, e ancora, e ancora. Ed ero veloce, velocissima. Non avevo idea di come fosse cresciuta in me tutta quella nuova forza, eppure continuavo a muovermi tra le spade affilate di quei sicari come se fossi una ballerina.

Una ballerina velenosa.

Osservavo Brandon e Zeus, nelle frazioni di secondo in cui non ero impegnata a colpire gli uomini che erano rimasti in piedi. Non sapevo neanche quanti fossero, ancora. Non realizzavo nulla. Li colpivo con una forza e una violenza sempre più intense, e riuscivo a percepire il loro dolore. Nel senso che lo provavo proprio anche io.

Era possibile che quella sensazione non mi desse fastidio, ma che anzi... che.. che mi piacesse?

Sentii il gelo di una delle lame sfiorare il mio braccio, ma durò un attimo soltanto. Afferrai la spada con una velocità che non avrei mai nemmeno immaginato di poter raggiungere e recisi il braccio uno dei miei aggressori. Vidi il sangue sgorgare, come un fiume.

Il sangue è rosso, Rose. Questo liquido invece era.. che cosa? Non era sangue? Che colore aveva? Sembrava più chiaro. Forse erano i miei occhi a scherzare. O forse no?

Non avevo tempo per continuare a pensare a ciò che credevo di aver visto.

Mi guardai intorno. Nessuno di loro era rimasto in piedi. Non per il momento, almeno. Osservai Brandon, che mi contemplava con aria completamente incredula.

<<Che cosa..?>> domandò, ancora visibilmente scosso.

Il mondo, al mio fianco, esclusi lui e Zeus, andava ancora al rallentatore. Non sapevo come fosse possibile, ma stava accadendo.

Osservai i sette uomini stesi attorno a noi, poi guardai Jackson.

<<Jackson!>> gridai, sperando che potesse sentirmi.

Mi voltai verso l'uscita e mi resi conto che, in poco tempo, sarebbero arrivati atri sicari. Li potevo già vedere, in lontananza. Si dirigevano verso la locanda.

<<Dobbiamo andare via da qui, Rose>> disse Brandon affermando il mio braccio.
Lo guardai, esitai, poi cercai ancora una volta Jackson.

<<Lui deve venire con noi>> esclamai, avvicinandomi al nonno di Desmond.
<<Non si muovono, Rose. È come se si fossero fermati tutti. Lui starà bene, ma noi no, se restiamo qui ancora un po'!>>

Aveva ragione.

Osservai la strada che si affacciava sulla locanda. I sicari erano sempre più vicini. E sembravano di più, molti di più. Ero stata capace di affrontarli, ma mi ero stancata. Sul momento non me ne ero resa conto, ma lo sentivo. Non ero certa che sarei stata in grado di fermare un gruppo ancora più numeroso.

<<Rose>> disse Brandon, ancora una volta. Colsi una sorta di esasperazione mista ad angoscia nel suo tono. <<Adesso. O adesso o mai più.>>

Lo guardai negli occhi e annuii, senza più esitare.

<<Andiamo>> dissi.

Lasciammo la locanda, io lui e Zeus, nel cuore di una sera d'estate che nessuno di noi avrebbe mai più dimenticato.

Eravamo in fuga, soli e senza una meta.

Rose e lo Sconosciuto -Il Ritorno-Onde histórias criam vida. Descubra agora