Capitolo 7

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Ero ancora abbracciata a Louis. Mi ero calmata e avevo smesso di piangere.

Mi bacia il collo e si allontana, per guardarmi negli occhi, sicuro che erano rossi e gonfi. Avevo esaurito le mie risorse di lacrime, per quante ne avevo versate. Louis mi guardava con un sorriso malinconico.

"Vuoi tornare a casa?" mi chiese alzandosi da terra e strofinando i pantaloni sporchi di terriccio.

"Sto bene qui, con te" risposi prima ancora di rendermi conto di cosa stavo dicendo.

Abbassai il volto per vergogna. Si abbassò per sussurarmi all'orecchio "anch'io sto bene con te". 

Alzaii gli occhi e lui era vicinissimo a me, i nostri nasi si toccavano e i nostri respiri si confondevano.

Gli sorrisi era la prima persona che stava bene con me. Le sue parole mi stupirono. Non sapevo che dire.

In questi casi si dice grazie? Non ne avevo proprio idea, così non dissi niente.

Mi alzai dalla mia posizione comoda e gli presi la mano per recarci alle altalene.

Mi accomodai su uno di quei sediolini di plastica con le corde e incominciai a dondolarmi.

Ricordo di quando mamma mi portava a giocare in quel parco e mi dondolava su una di quelle altalene. Ricordo che mi faceva volare in alto, ricordo di come l'aria mi faceva svolazzare i capelli, se chiudo gli occhi ancora posso sentire la risata di mamma quando io buttavo un urlo per la paura di cadere.

Che sono belli i ricordi.

Louis incominciò a spingermi più forte ed io incominciai a ridere e a gridare. Lui rideva con me.

Io sono il muro di Berlino il 9 novembre del 1989, l'unico ciuffo d'erba cresciuto tra l'asfalto di un'autostrada, una canzone jazz nell'epoca delle canzoni dell'estate, una macchia d'inchiostro su una tela bianca: distrutta dalle martellate del passato, insolita, fuori luogo, sbagliata. Sono quella che al posto degli scheletri ha tenuto il vuoto, negli armadi e dentro di sé, per troppo tempo. Sono quella che allontanava le persone perché sapeva che poi non avrebbe potuto farne a meno, così mi rifugiavo tra l'inchiostro di una pagina e una lettera d'amore che non avevo mai ricevuto. La realtà è questa: ho un cuore e non mi vergogno più a mostrarlo a chi mi resta accanto, nonostante i miei sbalzi d'umore, le frasi sconnesse e il mio cielo sempre un po' grigio.

Avevo passato troppo tempo a deprimermi, a non ridere, a guardare le cose in maniera pessimista, a piangere.

Adesso è tempo di decidere se ricominciare a vivere o meno.

Guardo il cielo, era nuvoloso stava per piovere. La pioggia é uno stato d'animo.

Sento una goccia sulla mia fronte. Mi volto verso Louis, anche lui guardava il cielo. Il mio cuore batteva in una maniera incredibile, mentre guardavo quel ragazzo che adesso aveva spostato la sua attenzione su di me.

La pioggia scendeva più forte dal cielo. I capelli di Louis bagnati sbravano neri. I suoi si erano scuriti. Le sue labbra erano bellissime: piene, rosse. Per un momento mi passò per la mente il pensiero di assaggiarle. Piove sul mio mento, piove a terra sul cemento. Anche se la pioggia mi ha bagnata io ritorno come nuova e come fosse un nuovo inizio.

Il mio stato d'animo è una nube passeggera.

~You make me strong!Where stories live. Discover now