La principessa e l'ascia da guerra

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Capitolo ventuno

La principessa e l'ascia da guerra


Kostana pare trafelata più di me e Jack quando entra nel capannone con i vestiti che lui le ha ordinato di portarmi, uscendo per qualche secondo dalla porta e gridando con la sua voce tutt'altro che angelica e piacevole alle orecchie.

Quando entra, i suoi occhi scuri passano da me a Jack, da Jack a me, e il suo sopracciglio sinistro si solleva per puro godimento personale mentre un sorrisetto malvagio solca le sue labbra. «Lala?» domanda, con il volto rivolto unicamente a Guar. «Ti prego, dimmi che è stata Lala.»

Jack incrocia le braccia al petto e, nel farlo, i suoi pettorali tendono la pelle, inducendo i miei occhi a soffermarsi fin troppo su quel torace nudo e scolpito. Se potessi, farei una fotografia col mio cellulare, adesso, per poter inviarla a Sasha, così che lei possa in qualche modo indurmi a pensare che, sotto sotto, è lecito avere certi pensieri se il soggetto di simili perversioni dispone di un armamentario simile. «Chi altro, se no?» La voce di Jack, ora, è sia divertita che irritata. «Ricordami di strozzarla, quando tornerà a casa con gli zii e con quel cane da quattro soldi.»

«Oh, intendi Mikael?» Kostana si stringe fra le braccia. «Non lo ha portato con sé. Avrebbe voluto, ma lo sai che in ospedale non sono ammessi animali.»

«Un momento, cosa?» La mia domanda acuta attira su di me e sul mio corpo coperto solo dalla maglia di Guar gli occhi di entrambi, sento le mie guance arrossarsi. «Se Papillon non è con Lala, chi sta badando a lui, ora?»

Ella mi fissa, non sapendo bene se ridere per la terribile situazione in cui mi sono ritrovata o se piangere per la complicità femminile che prova nei miei confronti in questo momento. «Con Jasmine, ovviamente.»

Povero Papillon, ogni volta che è con Jasmine il suo orgoglio di cane violento viene profondamente ferito, al punto da farlo indurre al suicidio. E non sono pronta per affrontare un altro lutto, soprattutto se del mio cane. Perché per quanto quel barboncino possa esser stronzo, gli voglio bene. «Mi sembra una pessima idea» dichiaro solennemente «puoi passarmi i vestiti, Ella? Vado a prenderlo prima che provi a uccidersi lanciandosi contro il fuoco.»

Sia Kostana che Jack ridacchiano, e la prima si avvicina a me con solennità, porgendomi una palla di vestiti accartocciati. «Ti ho preso una gonna e una canottiera bianca, dovrebbero andarti, credo, e tu, Guar» aggiunge poi, tornando a rivolgersi al terribile uomo a cui fino a pochi minuti fa stavo facendo la radiografia del sedere: «Smamma, Anja si deve cambiare.»

Il guizzo di un sorriso attraversa le guance di Jack. «E mi volete cacciare alla parte più divertente? Accidenti, che peccato.»

«Giuro che se continui stavolta ti darò un calcio alle palle così potente da farti diventare eunuco» la mia minaccia non sembra intimorirlo minimamente, ma con mio sommo sollievo si stringe nelle spalle e si muove verso la porta, a passo lento e deciso.

Un attimo prima di uscire, i suoi occhi, azzurri e affilati come degli zaffiri appena lucidati, mi penetrano da parte a parte, scalfendo la corazza, rompendo le barriere, spaccando il ghiaccio dentro cui sono intrappolata. «Ti aspetto qua fuori, Anja.»

Il suono della porta che si richiude non basta per nascondere quello del mio cuore che smette di battere. Deglutisco rumorosamente, le mani che stringo con convulsione i vestiti che Ella mi ha appena prestato. Sento un velo di sudore diffondersi sulla mia pelle, le dita dei miei piedi arricciarsi per colpa dei formicolii che stanno attraversando la mia schiena. Inspiro lentamente, a fatica, e percepisco lo sguardo di fuoco di Kostana addosso, anche mentre mi spoglio.

Mai più CenerentolaTempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang