Capitolo 18

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"But she said, where'd you wanna go?
How much you wanna risk?
I'm not looking for somebody
with some superhuman gifts,
some superhero,
some fairytale bliss,
just something I can turn to,
somebody I can kiss,
oh I want something just like this!"
Something just like this, Coldplay

Evan sembrava agitato, come se non sapesse bene cosa fare o cosa dire, impegnato a seguire la sua partita, ma anche troppo preso dalla ragazza affianco a lui. Non riusciva a smettere di guardarla mentre beveva la sua cola e concentrata cercava di capire le strategie dei giocatori in campo. Ogni volta che i Clippers segnavano, la folla strillava e gli spalti tremavano, Hazel sussultava rischiando di far cadere la sua bibita sull'uomo dalla testa calva davanti a lei, poi per cercare di sembrare un po' più presa dalla partita, strillava parole d'incoraggiamento al seguito dei cori della folla. Tutto ciò divertiva incredibilmente Evan, che ogni volta che la sentiva commentare o insultare le mosse dei giocatori, si girava a guardarla ridendo per poi sostenerla nei suoi cori e cominciare a gridare con lei.
"Avanti Wallace, centra quella palla!" strillò indicando un giocatore esattamente sotto il canestro "Andiamo, dovrei forse farti vedere come si centra una pallina di carta in un cestino?" continuò, impaziente che Wallace tirasse quella palla. Evan nel frattempo rideva mentre la guardava distruggere i giocatori di insulti. Ed ecco che finalmente Wallace segnò, così entrambi, insieme al resto delle persone sugli spalti, si alzarono in piedi saltellando e gridando il nome della loro squadra.
"Vai Wallace!" strillò emozionata Hazel, ma poi notò lo sguardo divertito di Evan su di lei. "Che c'è?" gli chiese confusa.
"Zel, Wallace è dall'altro lato del campo, quello che ha segnato è Griffin" le spiegò non riuscendo a non ridere. "Oh" disse la mora "Sei sicuro?" chiese, aguzzando la vista per cercare di leggere meglio il nome sulla schiena del giocatore.
"Sì, sei sicuro" si corresse subito, riuscendo a leggere chiaramente il nome Griffin sulla maglia del giocatore che aveva appena segnato. Evan scoppiò a ridere.
"Va bene, adesso mi siedo qui e mi godo la partita in silenzio" disse poi, sedendosi e ricominciando a bere la sua cola.
"Ma no, chi incoraggerà i giocatori - seppur sbagliando i loro nomi - se non lo fai tu?" le fece notare, dandole un colpetto alla visiera del berretto dei Clippers che le aveva regalato per l'occasione. Gli sorrise, poi si rimise in piedi decisa "Avanti Williams togli la palla a quell'idiota!" riprese a strillare.
"Quello era Wallace" le disse piano avvicinandosi al suo orecchio Evan, il sorriso sul suo volto.
Quando la partita finì, con la tanto attesa vittoria dei Clippers, i due si affrettarono ad uscire dallo stadio, felici di poter finalmente trascorrere un po' di tempo insieme.
Evan che aveva ormai chiaro cosa volesse, le prese la mano come se niente fosse più naturale per lui. Mentre Hazel, che trovava qualunque cosa lui facesse incredibilmente dolce e attraente allo stesso tempo, al contatto con la sua mano si sentì improvvisamente al sicuro.
"Allora? Dove vuoi andare?" le chiese imbarazzato Evan, quando ormai avevano raggiunto il parcheggio.
"Tu non hai fame?" chiese Hazel affamata. "Che ne dici di-" stava per proporle, ma poi lei lo bloccò "Pizza!".
"Pizza?" Hazel annuì "Non ti va?" poi gli chiese. "No, non è questo, ma pensavo ti aspettassi una bella cena al ristorante? Non so magari cucina thailandese o italiana" le spiegò, facendola ridere.
"Sul serio pensi che io sia così pretenziosa e raffinata?" inarcò un sopracciglio.
"Non lo sei?" chiese insicuro il giovane. "Non farti troppe paranoie Blake, sai dove mi piacerebbe mangiare?" gli chiese ammiccando un sorriso.
"Mc Donald's?" tentò. "In spiaggia" rispose Hazel. "In spiaggia?" "Esatto!".
"Ordiniamo una pizza e poi andiamo al mare, che ne dici?" "Sembra molto più raffinato di quanto pensassi" le rispose sorridendole.
"Perché pagare tanti soldi per mangiare in un bel posto, quando i panorami più belli sono gratuiti?" lo fece riflettere. "Quando finirai di stupirmi?" le chiese, notando quanto semplice e spontanea fosse quella ragazza. Gli sorrise entusiasta, poi aprì lo sportello dell'auto, e vi sparì dentro.
Evan si guardò intorno soddisfatto - si era fatto paranoie su paranoie per tutto il giorno, chiedendosi quale ristorante le sarebbe piaciuto di più, con quale camicia l'avrebbe trovato più attraente, o se si sarebbe annoiata durante la partita.
E adesso, che aveva capito quanto poco bastasse ad Hazel per essere felice, quanto considerasse già abbastanza il solo fatto di essere insieme, in qualunque posto a fare qualsiasi cosa, Evan non poteva che sentirsi soddisfatto, a suo agio e felice.
"Allora? Cosa ascolta di solito un soldato in libera uscita?" gli chiese allacciandosi la cintura. "Tutto ciò che troverai qui è di mio padre, ed è datato a circa 20 anni fa, se non di più" la avvertì.
"Mi piace la musica d'epoca!" "Sul serio?" le chiese inarcando un sopracciglio, mentre le passava dei cd un po' graffiati e con le copertine sbiadite. Hazel li prese in mano, poi guardandoli confusa esordì "Credo di non conoscere nessuno di questi artisti" ammise facendo sorridere Evan.
"Che ne dici se optiamo per la radio?" le propose, indicandole lo stereo davanti a loro. Hazel sorrise, poi mentre lui metteva a moto l'auto, iniziò a smanettare con i vari tasti dello stereo nel tentativo di trovare qualche stazione radio che passasse un po' di buona musica.
"Agente Smith, serve una pattuglia-" una voce alla radio strillò agitata.
Hazel ritrasse subito le mani, poi Evan spense lo stereo con un colpo.
"Cos'era?" gli chiese spaventata. "La radio di mio padre. Tutte le segnalazioni della stazione di polizia passano da questa radio, e tu hai appena intercettato una chiamata della polizia" le spiegò sorridendo divertito, mentre stava attento a non distogliere l'attenzione dalla guida.
"Cazzo" esordì la ragazza imbarazzata "Non volevo. Tuo padre non se ne accorgerà vero?" gli chiese spaventata facendo ridere il ragazzo.
"Sai, quando ero più piccolo mi infilavo in quest'auto di nascosto, e origliavo ogni segnalazione diretta a mio padre, dalla stessa radio che hai appena acceso involontariamente. Qualche anno fa mio padre si occupò di una gang criminale accusata di spaccio e rapina. Immagina cosa può passare per la testa di un diciassettenne annoiato in cerca di azione, qual è la cosa più folle che potrebbe pensare di fare dopo aver origliato una segnalazione per una rapina?" le raccontò, non smettendo di sorridere per un solo attimo al ricordo di quell'esperienza folle.
"Non sei sul serio andato sul luogo della rapina, vero?" commentò Hazel, guardandolo colpita. Lo vide sorridere colpevole mentre con le dita ticchettava sullo sterzo "Potrei anche aver detto a Peter di venire con me" le rispose. "Sei completamente folle" esordì la ragazza, non riuscendo a credere alle sue orecchie. "Potrei anche essere folle, sì" disse Evan ridendo.
"Ma sai, in parte è stato anche per merito di quella mia bravata che ho capito che ero fatto per l'azione. Iniziai l'allenamento per la scuola militare in quell'anno, l'anno seguente poi, dopo il diploma, mi sono arruolato" le raccontò.
Hazel lo fissava attenta, completamente presa da quella storia, e incuriosita dal saperne di più. "Non hai mai avuto dubbi" gli disse. "Ne ho continuamente invece, anche in questo momento" ammise Evan.
"Cosa ti fa dubitare adesso?" chiese la ragazza seria. Evan fermò l'auto, ormai arrivato nel parcheggio della pizzeria d'asporto, sospirò, poi voltandosi verso la ragazza fissò i suoi occhi su di lei "Mi chiedo continuamente se questo è ciò che voglio davvero. Sono sempre ossessionato dall'idea di star sprecando la mia vita, come se le decisioni che prendo, le cose che faccio, e i sogni che ho, siano tutti solo grossi errori" le confessò, lo sguardo serio e insicuro.
"Evan, pensi che io sarò solo un altro errore? Ieri, quando ero sul punto di baciarti, stavi dubitando di me" disse Hazel.
Evan le sorrise colpito, poi prendendole la mano e carezzandogliela disse "Non dubitavo di te Hazel, tu sei il principale motivo per cui sto mettendo tutto in discussione, perfino il mio lavoro, che sembrava essere l'unica certezza per me" le spiegò. "Allora forse il momento in cui stai per smettere di sprecare la tua vita per fare la scelta giusta, è arrivato" riflettè Hazel. Evan rise "Non rimpiango ciò che ho fatto, ma quello che non ho mai fatto" le confidò. "Cos'è che non hai mai fatto e che muori dalla voglia di fare?" gli chiese seria, guardandolo negli occhi.
"Non lo so" le rispose confuso. "Avanti Evan! Lanciarti da un paracadute?". "Già fatto" rispose "Sul serio?" Hazel inarcò un sopracciglio. "Faceva parte dell'addestramento base" le spiegò. "Va bene. Allora fare un viaggio in Europa?".
"Potremmo aggiungerlo alla lista delle cose da fare prima di morire!" rispose Evan "Ma ciò di cui parlo, le cose che credo di essermi perso, sono molto meno rare e uniche di quanto tu pensi" spiegò.
Per la prima volta nella sua vita Evan aveva guardato più a fondo, aveva cercato con fatica dentro di sè, ed era riuscito a capire cosa gli mancasse, cosa gli servisse affinchè potesse finalmente smettere di considerare la sua vita uno spreco. Evan sapeva cosa si provasse a convivere con la paura, il dolore, l'adrenalina e il costante pericolo di morte. Conosceva l'amore tipico di una famiglia, la sua famiglia, e anche quello degli amici, come quelli che considerava suoi fratelli.
Ma non era mai andato oltre. Evan Blake non aveva mai amato. Era questo tipo di mancanza che lo torturava. Tutte le ragazze con cui era stato, cheerladers, vecchie amiche d'infanzia, o ragazze del college della cugina, non erano mai riuscite ad accendere quella fiamma in lui.
E per questo, fino a quel preciso istante, lì seduto in quell'auto affianco ad Hazel, lui non lo aveva mai capito. Aveva bisogno di imparare ad amare, aveva bisogno di creare qualcosa di bello insieme a qualcuno disposto ad amarlo per quello che era, e affogarci poi dentro tutta quella tristezza, quella paura, e quel dolore che si conservava dentro da tempo, troppo tempo. "Eri mai riuscito a raccontare a qualcuno di questa tua insicurezza? Parlo del fatto che credi di star sprecando la tua vita" gli chiese Hazel.
"Non credo nemmeno di averci mai riflettuto tanto" rispose.
"Forse sei sulla buona strada Blake" gli fece notare sorridendogli. "Forse" ripetè lui. Poi all'improvviso le strinse il viso fra le mani, e in un attimo fu sulle sue labbra.

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