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Passarono tre anni senza che Levi vedesse Eren e lo rivide soltanto
quando, appena promosso ufficiale, mentre andava a raggiungere l'esercito si fermò dalle zie: ma era ormai un uomo completamente diverso da quello che aveva trascorso l'estate da loro tre anni prima.

Allora era un giovane onesto, altruista, pronto a dedicarsi a ogni buona causa, adesso era un corrotto, raffinato egoista, amante solo del suo piacere. Allora il mondo gli appariva un mistero che con gioia ed entusiasmo cercava di decifrare, adesso tutto in questa vita era semplice e chiaro e determinato dalle condizioni materiali in cui si trovava. Ora necessario e importante erano le istituzioni umane e i rapporti con i compagni. Allora non aveva bisogno di denaro, e poteva accontentarsi di meno di un terzo di quello che gli dava la madre, poteva rinunciare alla proprietà del padre e cederla ai contadini, adesso invece non gli bastavano i millecinquecento rubli al mese che gli passava la madre, e con lei c'erano già spiacevoli discussioni a causa del denaro. Allora egli considerava suo autentico io il suo essere spirituale, adesso considerava se stesso il suo sano, forte io animale.

E tutto questo terribile mutamento si era compiuto in lui solo perché aveva cessato di credere a se stesso e aveva cominciato a credere agli altri, perché vivere credendo a se stesso era troppo difficile: credendo a se stesso, doveva risolvere ogni questione non in favore del proprio io animale, che cercava gioie facili, ma quasi sempre contro di esso; credendo invece agli altri, non c'era nulla da risolvere. Non solo: credendo a se stesso si esponeva sempre alle critiche della gente, credendo agli altri riceveva l'approvazione di coloro che lo circondavano.

Così, quando Levi pensava, leggeva, parlava della verità, della ricchezza, della povertà, tutti coloro che lo circondavano lo giudicavano fuori luogo e in parte ridicolo, e la madre e la zia con benevola ironia lo chiamavano notre cher philosophe,
mentre quando leggeva romanzi, raccontava aneddoti piccanti, e poi li riportava allegramente, tutti lo lodavano e incoraggiavano. Quando credeva necessario limitare le sue esigenze e portava un vecchio cappotto e non beveva vino, tutti la consideravano una stranezza, una posa eccentrica, mentre quando spendeva grosse somme per la caccia o per l'arredamento di uno studio
straordinariamente sfarzoso tutti lodavano il suo buon gusto e gli facevano regali costosi. Quando era vergine e voleva restarlo fino al matrimonio, i parenti temevano per la sua salute, e persino la madre non si rattristò, anzi si compiacque, quando seppe che era diventato un vero uomo e aveva soffiato una certa dama francese a un compagno. Mentre all'episodio di Eren, che gli potesse venire in mente di sposarlo, la principessa madre non poteva pensare senza orrore.

Ugualmente quando Levi, raggiunta la maggiore età, cedette ai contadini la
piccola proprietà che aveva ereditato dal padre, perché riteneva ingiusto il possesso della terra, questo suo gesto fece inorridire la madre e i familiari, e fu per lui costante motivo di biasimo e derisione da parte di tutti i suoi parenti. Quando invece Levi, entrato nella guardia, con i suoi compagni altolocati spese e perse al gioco tanto denaro la madre quasi non se ne rammaricò, stimando fosse naturale e perfino un bene vaccinarsi così in gioventù e in buona compagnia.

Sulle prime egli lottò, ma lottare era troppo difficile, perché tutto quello che riteneva buono credendo a se stesso era ritenuto cattivo dagli altri, e al contrario tutto quello che riteneva cattivo credendo a se stesso era ritenuto buono da quanti lo circondavano e finì per arrendersi, cessò di credere a sé e credette agli altri.

In un primo tempo questo rinnegare se stesso gli dispiacque, ma la sensazione spiacevole durò pochissimo, e ben presto Levi, che nel frattempo aveva cominciato a fumare e bere, smise di provarla e anzi avvertì un gran senso di sollievo. Con la passionalità della sua natura, si diede tutto a questa nuova vita, approvata da quanti lo circondavano, e soffocò completamente in sé la voce che esigeva qualcosa di diverso. E ciò che era cominciato dopo il trasferimento a Pietroburgo si
compì col suo ingresso nell'esercito.

Il servizio militare in genere corrompe gli uomini, mettendo coloro che vi accedono in condizioni di ozio assoluto, cioè di assenza di un lavoro ragionevole e utile, ed esonerandoli dai comuni obblighi umani, in cambio dei quali propone soltanto l'onore
convenzionale del reggimento, dell'uniforme, della bandiera e, da un lato, un potere illimitato sul prossimo, e dall'altro una sottomissione servile ai superiori di grado. Ma quando a questa corruzione del servizio militare in genere, col suo onore
dell'uniforme e della bandiera, con la sua autorizzazione alla violenza e all'omicidio, si unisce anche la corruzione della ricchezza e della vicinanza alla famiglia imperiale, come accade nell'ambiente dei reggimenti scelti della guardia, in cui prestano servizio soltanto
ufficiali ricchi e nobili, allora la corruzione raggiunge, nelle persone che vi soggiacciono, uno stato di completa follia egoistica.

E in tale follia egoistica si trovava Levi da quando era entrato nell'esercito e aveva cominciato a vivere come vivevano i suoi compagni. Non c'era nulla da fare se non andare alle esercitazioni o alla rivista con gente
uguale a lui, in un'uniforme magnificamente cucita e spazzolata non da lui stesso, ma da altri, con un elmo e un'arma che pure era stata fatta, e lucidata, e presentata da altri, su un magnifico cavallo, pure addestrato, e scozzonato, e nutrito da altri, e galoppare, e tirar di
sciabola, sparare e insegnare le stesse cose ad altri. Questa era l'unica occupazione, e le persone più altolocate, giovani, vecchi, lo zar e la sua cerchia non solo l'approvavano, ma la compensavano con lodi e ringraziamenti. Poi, dopo queste occupazioni, si riteneva buono e importante, sperperando denaro ricevuto da fonti invisibili, riunirsi per mangiare, e soprattutto bere, nei circoli degli ufficiali o nei ristoranti più costosi, e poi teatri, balli, donne, e poi di nuovo cavalcare, tirar di sciabola, galoppare e di nuovo sperperare denaro, e vino, carte, donne.

Così pensava confusamente Levi in quel periodo della sua vita; sentiva poi in tutto quel tempo l'entusiasmo della liberazione da tutte le barriere morali che si era posto prima, e si trovava continuamente in uno stato cronico di follia egoistica.

In tale stato si trovava quando, dopo tre anni, si fermò dalle zie.

Resurrezione (Ereri fanfic)Where stories live. Discover now