Amiel

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Correvano insieme, correvano come se i loro corpi non potessero conoscere la fatica. La vegetazione per loro non nascondeva segreti. La luce era tenue, di un rosa pallido e un giallo che aspettava di acquisire intensità.
Si guardavano negli occhi. Il loro legame andava oltre ogni cosa. Oltre allo stesso corpo. Prendevano le forme che più gli piacevano. Un lupo, una volpe, un gufo. Il pelo bianco delle loro forme veniva illuminato con leggerezza dai primi raggi del sole. Ogni passo toccava appena il terreno. Svanivano le zampe, per lasciare posto a un'ombra. Il fumo si plasmava di nuovo in corpi, per poi tornare al suo stato originale. Non lasciavano traccia. Questo era il loro modo di proseguire.
L'ombra acquisì forma umana. Mael appoggiò una mano vicino al tronco di un albero.

"Stanco?"

Quella di Ratko non era una voce. Un sussurro portato dal vento senza un'inflessione particolare. Mael sorrise a metà, guardando l'ombra e avvicinandosi.
"Ricordi com'era la stanchezza?" gli disse Mael.
"Ho dimenticato tutto."
Mael lasciò che il suo corpo tornasse ombra. Ripresero la corsa. Scivolare da una forma a un'altra era la cosa più naturale. Il continuo ricomporsi portava un senso di tranquillità. Le creature li stavano seguendo. Quello che era un inseguimento frenetico, per loro adesso era un gioco. Un gioco tra ombre. Una gara di corruzione.
Stavolta fu Ratko a fermarsi, ai piedi di radici sporgenti. Mael riprese forma umana, aspettò. Non capiva da dove venisse tutta la curiosità per le creature. Una perdita di tempo.
Non appena una creatura si fece abbastanza vicina, Ratko stese una mano con velocità. Afferrò la luce al centro. Tirò con forza verso di sé. La luce pulsava e pulsava. La creatura stava soffrendo. Adesso che l'aveva toccata, la luce rivelò la sua consistenza di carne.
Mael sbuffò, incrociò le braccia al petto. Il mantello scivolò più in avanti.
"Davvero?" gli chiese, infastidito. "Ci tenevo a tornare a casa."
"Ancora legato a quei concetti?" gli rispose Ratko. Si era voltato, stava sorridendo. "Siamo mostri ormai."
La creatura si mosse. Ratko si girò di scatto, strinse la presa. Guardò dritta la creatura, come se avesse degli occhi.

"Amiel, dove credi di andare? Non puoi muoverti," il sussurro che era la sua voce si era alzato. "Lo sai cosa sto per fare, eh? Lo sai?"
Ratko rideva in modo composto. Mael stava iniziando ad annoiarsi. Quegli esperimenti potevano attendere, e non c'era bisogno che assistesse. Ma sapeva di dover avere pazienza, non aveva senso parlagli ora.
Con un gesto deciso, Ratko affondò i denti nella luce. Strappò con forza. Un liquido argenteo iniziò a uscire dal globo. Più Ratko mordeva, più la luce si affievoliva. Il fluido macchiò il terreno, prima di sparire. Erano le sue mani ad esserne piene.
Come lasciò andare, la creatura sparì. Il fluido così argenteo era quasi dello stesso colore dei loro capelli. Ratko si pulì la bocca con una manica. Il tessuto si fece ancora più scuro a contatto con ciò che rimaneva dell'essere.

"Dovresti smetterla di leggergli il nome," gli disse Mael.

"Il sapore fa schifo," rispose Ratko, sputando. "Dovresti provare. Vedrai che non ci penserà più ad avvicinarsi," continuò, aggiustando il mantello. "Insegnali a rispettarti."
"Non siamo tanto diversi da loro," sospirò Mael. "E' quasi cannibalismo."
"Credi che abbia importanza?"
Mael assottigliò lo sguardo, fissava Ratko. Lo raggiunse vicino alla radice, senza smettere di fissarlo per un attimo.
"Non sono un mostro come te," disse Mael.
"Lo diventerai."

Come si era interrotta, la corsa riprese. Figure di animali e umane si alternavano nella vegetazione. La luce era ormai intensa. Il sole alto filtrava fra gli alberi, illuminando a volte le due figure.

Miscellanea - RaccoltaWhere stories live. Discover now