22 FIEREZZA E DIFFICOLTÀ

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Leibstandarte, che dolce suono.

Il comandante era fiero di appartenere a quella divisione, l'esaltazione massima delle Waffen SS. Con quei pensieri si alzò dal letto e indossò tuta invernale e il berretto.

«Signore» lo accolse l'attendente.

«Comodo, comodo» disse pigro il comandante. Si avviò verso il comando.

«Signore». La segretaria scattò in piedi.

«Comoda, comoda» ribatté lui.

«Signore» sbottarono tutti gli ufficiali presenti.

«Comodi, comodi». Il comandante si mise alla scrivania. Guardò quella schiera di soldati. «Dunque? Buone nuove?».

Prese la parola il capitano. Si alzò in piedi. «No, affatto, signore».

«Quali sarebbero?». Il comandante si pentì di essersi svegliato con quell'animo così accondiscendente.

«I sovietici hanno sfondato in questo settore». Il capitano indicò con il dito un punto dell'Ucraina. «E avanzano verso di noi».

«Basta, basta. Altre notizie?».

«L'aeronautica sovietica ha interrotto i nostri rifornimenti» disse un altro ufficiale.

«Ach, niente più vino?».

«Fosse solo quello. I nostri soldati non avranno di che mangiare».

Il comandante si stava arrabbiando. «Va bene. C'è altro?».

«I soldati semplici hanno bisogno di alloggi in cui dormire» affermò un tenente.

«Trovateglieli».

«Quali? Dove?».

Il comandante fece un verso di frustrazione.

Il tenente continuò. «I partig... i banditi fanno di continuo attentati. Ovunque alloggiamo, ci sono bombe e uomini che cercano di ucciderci».

«Ho capito, ho capito» lo interruppe il comandante. «Ma buone notizie?».

Tutti i presenti si guardarono. Il capitano aprì bocca, ma poi tacque.

Il comandante si stava arrabbiando. «Ma insomma, siamo qui da neanche due anni e ci sono solo brutte notizie? Non si avanza? Non si combatte? Non si uccide qualche slavo?».

«Ah-ehm, no, signor comandante» disse con tono riverente il capitano. «Deve capire che, qualunque cosa facciamo, i sovietici sono sempre un passo avanti a noi. I tempi delle avanzate in profondità sono finite. Le sacche...».

«Sì, le sacche. Buone nuove, a riguardo?». Il comandante lo guardò speranzoso.

«Macché. I russi si sono fatti furbi e non si fanno più ingannare come un tempo. Adesso siamo noi, per la verità, a finire nelle sacche».

«Ma non è possibile! È la Leibstandarte, noi siamo la Leibstandarte! Non possiamo farci imbrogliare in questo modo». Il comandante aveva il tono supplichevole.

Gli ufficiali si guardarono imbarazzati. Sembravano dirsi: "Diglielo te, diglielo te" e altri: "No, diglielo tu".

Il comandante domandò: «Avete qualcosa da dirmi?». Non ottenendo risposta, ribadì: «Sì, avete qualcosa da dirmi».

Tutti erano imbarazzati. «Ehm».

«Sì, che cosa è successo?» incitò il comandante. E rise, il risultato di un lamento amaro. «Che cosa dovete dirmi?».

Nell'altra stanza, si sentirono le urla della segretaria. Poi, voci concitate.

Sembrava russo.

Ma il comandante si disse che sbagliava: non era possibile, quella era la Leibstandarte.

Il capitano disse, un po' più di decisione rispetto a prima: «Siamo stati accerchiati».

E nella stanza entrarono dei soldati russi.

La Seconda Guerra Mondiale in racconti Capitolo 1 GermaniaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora