24 AVERE FEDE

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Il soldato di seconda classe represse una risata.

«Cosa c'è da ridere?» latrò il maresciallo.

«Non stavo ridendo».

«Non mi menare per scemo. Va' che...».

Non voleva essere punito e il soldato di seconda classe dichiarò, cercando di non ridere più: «Signor maresciallo, è solo che la nuova mimetica mi sembra ridicola». Poi guardò il superiore. Stava per essere punito? Sperò di no.

Il maresciallo lo fissò cattivo, poi gli mise una mano sula spalla. «Ragazzo mio, siamo nella Leibstandarte. Dobbiamo obbedire. Non vedi cosa abbiamo scritto sulle spalline?».

«"Leibstandarte Adolf Hitler"» rispose il soldato di seconda classe, dopo averlo letto.

«Ecco, giusto. Per questo dobbiamo obbedire».

«Ma signor maresciallo...».

«Ora basta». Il maresciallo s'indurì. «Ti ho detto anche troppo. Ora indossa la mimetica e preparati all'azione».

«Azione? Sissignore». Il soldato di seconda classe passò a vestirsi con quella mimetica. Com'è che si chiamava? Lesse ancora. M44. Sperò fosse un nome di buon auspicio perché gli ricordava l'MP44.

Un minuto dopo gli equipaggi stavano salendo a bordo dei blindati.

Il soldato di seconda classe si rivolse al maresciallo: «Ordini?».

«Ammazzare quanti più comunisti».

Tutti risero.

Il maresciallo li calmò. «Dobbiamo avanzare verso questa quota. Poi, una volta fatto, avremo cacciato i sovietici dalla Polonia».

Il soldato di seconda classe pensò che era una sciocchezza. Se anche avessero trionfato in un solo scontro, ciò non sarebbe significato per forza che i russi sarebbero stati per forza cacciati dalla Polonia. Ma lasciò perdere quei pensieri. Lo diceva il maresciallo! E lui, inoltre, era della Leibstandarte Adolf Hitler. Doveva avere fiducia. Quindi attivò il motore e si unì alla colonna di blindati.

I cingoli sollevavano le zolle e la sequela di corazzati raggiunse la quota prefissata.

«Che vi dicevo, ragazzi?». Il maresciallo gioì. «Ci siamo».

Tutti sorridevano.

«Ah-ehm».

«Che vuoi, soldato di seconda classe?». Il maresciallo aveva il tono così seccato che neppure lo chiamò per nome.

«Non è possibile».

«Cosa non è possibile?».

«Non abbiamo combattuto, ecco». Il soldato di seconda classe arrossì. Si sentiva un idiota, un perfetto idiota.

Il maresciallo parve leggergli nel pensiero. «Che razza di idiota sei? Non mi hai ascoltato? Ma guarda che io ti caccio dalla divisione!».

Il soldato di seconda classe diventò paonazzo. Cercò sguardi di comprensione nei camerati, ma non ne vide.

Il maresciallo continuava a urlargli contro. «Imbecille! Sì, sei un imbecille! Neppure mi ascolti e...».

«Stanno arrivando!» latrò l'artigliere, dopo aver dato un'occhiata attraverso la feritoia.

«... pretendi di avere ragione! Ma io ti ammazzo con le mie... Chi sta arrivando?».

«I sovietici». L'artigliere era nel panico.

«Oh!». Dopo un attimo di incertezza il maresciallo riprese: «Che vi dicevo? Adesso arriva il nemico. Proprio quel che stavo dicendovi».

«Ma... per la verità...» accennò il soldato di seconda classe.

«Pensa a obbedire».

«Agli ordini». Il soldato di seconda classe si ritrovò a riflettere che doveva avere più fede. Perciò, fece muovere il blindato e puntò verso i corazzati sovietici.

Il maresciallo ordinò di cantare l'inno del Terzo Reich.

Il soldato di seconda classe fu felice di obbedirgli. Perché pensare, se c'è già il maresciallo?

La Seconda Guerra Mondiale in racconti Capitolo 1 GermaniaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora