11 - Negazioni e instabilità

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Newt aveva rimosso i cassetti dall'armadio e li aveva posati per terra, la sua camera nel complesso era ordinata, se si escludevano i vestiti piegati sul letto e le valigie aperte sul pavimento.

Aveva setacciato ogni centimetro della sua stanza per essere sicuro di non aver lasciato niente nei mobili oppure nella piccola toilette privata.

Erano passati più di due mesi da quando suo padre gli aveva riferito la notizia del trasferimento, che a quanto pareva era stato molto più difficile del previsto, da mettere in atto.

In meno di due giorni sarebbero cominciate le due settimane di vacanza, durante le quali avrebbe dovuto festeggiare il Natale, ma sapeva che così non sarebbe stato.
Newt non festeggiava il Natale da almeno quattro anni, non ricordava nemmeno come si fosse svolto l'ultima volta, visto che ormai era passato molto tempo e la sua mente gli forniva solo immagini sbiadite, della sua infanzia.
Scosse la testa, cominciando a sistemare i vestiti in valigia dalla roba intima.

Non molto tempo dopo, sentì tre colpi alla porta della sua camera e rimase fermo per vari secondi prima di andare ad aprire: suo padre non aveva l'abitudine di bussare, solitamente entrava e basta, indipendentemente da quello che aveva da dire, o spesso, da fare.
Il ragazzo rabbrividì appena, quando vide l'uomo sullo stipite.

«Dobbiamo parlare» sentenziò il signor Isaacs, con un tono apparentemente tranquillo, ma distaccato.

«Di cosa?» domandò Newt, deglutendo a vuoto.
Suo padre sembrò accennare un ghigno, il ragazzo sapeva di non riuscire ad essere impassibile davanti quell'uomo: aveva potere su di lui, come nessun altro.
Il peggio era che ne era consapevole e ne traeva piacere, Newt sapeva che suo padre avesse coscienza di tutto ciò che gli aveva inflitto, senza mai rivolgergli una scusa.
E sapeva anche di essere considerato il colpevole, a causa del quale la famiglia Isaacs era stata danneggiata fino ad essere definitivamente distrutta.

«Dopo domani partiremo, come sai, e arriveremo a casa in giornata» esordì l'uomo, rimanendo sullo stipite.

Newt era di fronte a lui, con la mano poggiata ancora sulla porta, e quasi non fiatava.

«Quando saremo lì, dovrai rispettare una semplicissima regola» continuò suo padre, il ghigno appena accennato era ancora visibile sul suo viso, «Non avere contatti con la famiglia Edison.»

A quelle parole, Newt spalancò gli occhi, guardando suo padre con espressione carica di disprezzo, replicò: «Non puoi assolutamente chiedermi una cosa del genere. Andrò nella stessa scuola di Thomas, saremo vicini di casa, lo vedrò ogni giorno, no. Non mi imporrai questa regola assurda, come diamine puoi pretendere una cosa del genere?»

«Newton, non mettere alla prova la mia pazienza, ti avviso. Ti ho chiesto questa cosa e tu la farai, indipendentemente dalla tua volontà. È chiaro?» Newt vide suo padre stringere un pugno, ma continuò ad opporsi: «Puoi dimenticarti del fatto che asseconderò questa tua richiesta. Io e Thomas siamo migliori amici, non puoi dividere me da lui. L'hai fatto per sette anni, non ti è bastato? Non sono bastate tutte quelle volte che mi hai preso a schiaffi quando tornavo da casa sua solo perché cercavi di evitare che mi innamorassi di un ragazzo? Sai cosa mi fa più ribrezzo di te, Kyle? Non volevi lasciarmi amare qualcuno che mi amava. E la mamma...» la voce di Newt tremò, «...non so come abbia fatto a venirti incontro. Non so come abbiate potuto strapparmi il diritto di amare, ma almeno lei il perdono lo ha chiesto, tu no. Tu non ti sei mai scusato per tutto quello che mi hai causato, perché se la nostra famiglia non esiste più, guarda la realtà dei fatti, Kyle, la colpa è solamente tua.»

Newt ricevette un pugno sullo zigomo, sentì il fiato di suo padre appesantirsi, vide una vena pulsare sul suo collo e la sua pelle arrossarsi.
Il dolore si estese per tutta la guancia, poi la mascella e continuò, affliggendogli l'addome, le costole, lo stomaco.

Suo padre sembrò essersi sfogato, così parlò, mentre il figlio giaceva sul pavimento, in preda a nient'altro che dolore: «Le parole con te non servono. Dovresti essere un uomo, non un ragazzo che si mette a frignare su cose per cui deve dare la colpa a sé stesso. Se la nostra famiglia è quello che è, la causa sei tu e nessun altro. Capito, Newton? Il giorno in cui imparerai come comportarti smetterò di picchiarti, ma prima di allora, questo è quello che ti spetta ogni volta che osi mancarmi di rispetto. Sei una delusione, non meriteresti nemmeno quel poco che hai, non rispetti tuo padre e pretendi che io ti lasci libero di rivedere Thomas. Dimenticati lui, perché non avrai modo di condividerci del tempo quando torneremo a casa. Ti farò cambiare scuola, se comincerai ad incontrarlo.»

«Non potrò non vederlo, sai bene che ci sono corsi supplementari e progetti, ci saranno tantissime occasioni in cui ci vedremo. Inoltre, quella è la scuola migliore del quartiere dove abiteremo. Kyle, mi sembra di parlare con un ragazzo della mia età. Trai piacere nel vedere la vita del tuo unico figlio rovinata? Ti definisci mio padre quando non sei nemmeno degno di questa nomina. E picchiarmi non serve, peggiori semplicemente la situazione, perché non sei mio padre e non lo sarai mai» Newt si era alzato e si era andato a sedere sul letto, pensando a quanto stupido fosse suo padre, alle scuse di poco conto che utilizzava per fargli del male e al moto di rabbia che continuava a crescere dentro di lui, insieme al dolore fisico che lo torturava.

Colse a pieno l'espressione di risentimento che suo padre aveva assunto, non era certo la prima volta che si metteva a tu per tu con lui, ma non aveva mai esplicitato il pensiero del non considerarlo un genitore, evidentemente lo aveva sorpreso e Newt considerò quella reazione come una piccola vittoria.
Tuttavia, durò pochi secondi, l'uomo si ricompose immediatamente, avvicinandosi al figlio.

Newt si aspettava altri pugni, calci o peggio, ma suo padre si fermò e si piegò, il volto a pochi centimetri dal suo.

«Newton» scandì Kyle, con un tono di noncuranza, «Se non fossi sangue del mio sangue, a quest'ora saresti finito in ospedale, te lo assicuro» quelle parole furono una delle tante conferme che Newt aveva ripetutamente ricevuto: suo padre stava diventando sempre meno stabile, mostrava comportamenti da persona immatura e ciò era preoccupante.
Ovviamente, per Newt non fu difficile attribuire ciò che Kyle era diventato all'alcol e chissà quali altri usi che l'uomo faceva, da molto tempo.
«Quando saremo lì, farai come ti dirò e non ci saranno alternative» concluse l'uomo, lasciando la stanza del ragazzo.

Newt sapeva che la prima cosa che avrebbe fatto una volta tornato nella sua vecchia casa sarebbe stata chiedere aiuto e porre fine a quella storia, una volta per tutte.

O forse, ancora una volta, non ne avrebbe avuto il coraggio.

Mentre il dolore e la consapevolezza che altri lividi gli stessero iniziando a macchiare la pelle si fecero spazio dentro di lui, continuò ad organizzare le proprie cose, non riuscendo ad evitare di piangere.

Lacrime salate, piene di amarezza, gli bagnavano il volto e di tanto in tanto cadevano sui vestiti che riponeva nelle valigie.

Saudade | NewtmasWhere stories live. Discover now