Capitolo Due

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Per Aida quello non fu il migliore dei risvegli.
Quando aprì gli occhi si ritrovò con i polsi legati ad una corda che si tendeva davanti a lei, collegandosi ad un'altra persona che camminava a circa un metro da lei.
Era tra le braccia di suo fratello, i cui polsi erano legati da due corde differenti, una collegata a lei e una che spariva dietro di lui.
-Jason...- sussurrò la ragazza e il fratello abbassò lo sguardo su di lei.
La speranza luccicò nei suoi occhi azzurri.
-Come ti senti?- bisbigliò il ragazza.
Lei evitò di rispondere, non avrebbe saputo che dire.
-Dove ci stanno portando Jason?- chiese impaurita.
-Al loro accampamento.- lo sguardo del ragazzo si fece cupo. -Tireranno a sorte su chi si prenderà gli schiavi e le ragazze.-
Ad Aida cominciò a battere il cuore.
-Tu...-
-Non ne ho idea.- disse lui. -Ma voglio che tu sia al sicuro, qualunque sia la mia sorte.-
La ragazza si appoggiò al petto del ragazzo, tentando di ricavarne sicurezza, ma con scarsi risultati.
La sua casa era stata distrutta, il suo sovrano ucciso davanti ai suoi occhi, la sua padrona pure, e ora era in mano all'esercito greco, che si sarebbe sfidato in nome di Tiche per vedere chi di loro avrebbe ottenuto la serva più bella, lo schiavo più forte, il più capace, la più brava tessitrice...
Aida non moriva esattamente dalla voglia di scoprire in quale classifica lei rientrasse. In cosa era brava?
A dire il vero non molto. Non sapeva cucire (non era mica una figlia di Minerva), non sapeva cucinare bene, non era una splendida figlia di Venere, non sapeva sedurre gli uomini.
Sapeva pulire e le piaceva lavare i panni della principessa, era forse una qualità importante per i greci?
Lei era un'ancella, una "schiava da compagnia", non era brava a fare altro.
Non sapeva nemmeno cantare.
Ma aveva molta immaginazione. Alla sua vecchia padrona piaceva molto sentire le sue storie la sera, o i pomeriggi in cui era triste e sedevano insieme sulla scogliera così che la principessa potesse piangere.
Purtroppo Aida dubitava che i greci volessero una ragazza solo per farsi raccontare storie e piangere guardando il mare.
E lei era assolutamente terrorizzata dall'idea di diventare...altro.
Era giovane, non aveva nemmeno mai baciato, come poteva sopportare il peso di ciò che si diceva facessero i greci alle schiave romane?
Jason dovette sentirla tremare, perché le baciò la testa.
-Andrà tutto bene.-
La fila si fermò.
Due soldati in armatura greca slegavano uno schiavo per volta e lo facevano entrare in un'enorme tenda bianca, dalla quale nessuno usciva più. Aida chiuse gli occhi e attese il momento del giudizio.
-Lascia entrare prima la ragazza.- dichiarò una delle due guardie quando Jason arrivò dinanzi alla tenda.
-Non ho intenzione di...- una delle due guardie puntò la spada al letto del ragazzo.
-La ragazza.- disse fermamente l'altro e Jason mise a terra la sorella.
I soldati slegarono la corda che univa i due fratelli.
-Aida.- Jason tentò di trattenerla ma uno dei due greci la spinse nella tenda prima che il fratello potesse fare o dire qualcosa.
La schiava si ritrovò nell'enorme tenda, colma di soldati greci. In tutto saranno stati una decina, ma la ragazza vedeva molti posti vuoti, segno che chi aveva già ottenuto il proprio schiavo se ne era andato lasciando spazio agli altri.
Il ragazzo che aveva combattuto contro Jason nella sala del trono era di fronte a lei, su una sedia imbottita con i braccioli.
-Oh, l'ancella della principessa.- disse con un sorriso. -È difficile scordarsi di te.-
Aida rimase zitta. Percorreva con lo sguardo il pavimento o, se proprio si sentiva coraggiosa, il volto del ragazzo sulla poltrona.
-Qual'è il tuo nome?- chiese il greco.
-Aida.- disse lei e si sorprese di quanto immobile fosse il suo tono, senza la minima traccia di paura.
Qualcuno sussurrò.
-Un bellissimo nome, Aida. Che cosa sai fare?-
-Niente.-
-Come hai detto?- chiese il ragazzo stupito.
Lei alzò il viso e puntò gli occhi in quelli verdi del soldato.
-Ho detto che non so fare nulla. Sono un'ancella, offro compagnia. Posso riordinare una stanza e lavare i vestiti ma non so cucinare, o cucire, o cantare. Non suono strumenti. Posso raccontare storie per intrattenere il mio padrone e sono un'ottima ascoltatrice, oltre a saper custodire numerosi segreti. Ma non so fare niente. Non sono neanche bella.-
A quell'ultima frase si alzarono molti borbottii contrariati.
Il giovane dai capelli neri sorrise.
-Non sei bella? Non sai fare nulla?- chiese come se trovasse dolce quelle parole. -Sei una ragazza interessante. Non mi dispiacerebbe...-
-No.-
Tutti si voltarono, Aida compresa.
In un angolo della tenda un ragazzo dai ricci neri era in piedi, l'elmo sotto il braccio.
-La voglio io.-
Aida riconobbe gli occhi castani. Era il soldato che l'aveva trovata, quello che aveva ucciso il re e la principessa.
-Tu?- chiese il capo, sorpreso.
-L'ho trovata io. Ho ucciso il re per averla. Mi spetta di diritto.-
Si alzarono altri borbottii.
Il ragazzo dagli occhi verdi alzò una mano e tutti si zittirono.
-Approvo.- disse. -Aida, segui il tuo nuovo padrone, lui deciderà cosa fare di te.-
Il ragazzo non la degnò di uno sguardo e uscì dalla tenda dal lato opposto a quello da cui era entrata la fanciulla. Lei lo seguì in religioso silenzio lungo l'accampamento, tentando di ignorare le grida delle ragazze che provenivano da alcune tende.
-Entra.- disse il ragazzo aprendo l'entrata di una delle diverse tende, guardandosi intorno come per assicurarsi di non essere seguito.
Una volta dentro, il suo volto si rilassò.
-Mi dispiace di essere stato freddo Raggio di Sole, ma se capivano che mi interessavi davvero non sarei mai riuscito a strappati a Perseus.-
La ragazza non capiva, ma quando lui le si avvicinò lei si scansò di impulso.
Lui sorrise debolmente. -Ti faccio così paura?-
Lei abbassò il capo e lui le slegò i polsi, sui quali c'era un vago segno delle corde.
Poi il ragazzo si lasciò andare sul letto con un sospiro. Da brava serva qual'era, Aida gli si avvicinò per togliergli il mantello dalle spalle.
Come lo sfiorò lui trasalì.
-Io...no-non è necessario.-
-I servi fanno questo.- rispose lei e gli tolse il mantello, piegandolo con cura e andando a posarlo su una sedia poco lontana dal letto.
-Grazie.-
-È il mio dovete, nessuno mi deve ringraziare.-
-Invece sì.-
La ragazza si voltò verso il soldato greco. -Qualcuno vi ha mai ringraziato per aver combattuto una battaglia?-
Lui rimase stupito. -No, ma...-
-Si tratta di dovere. Chi accetta il proprio non vuole essere ringraziato.-
Il ragazzo sembrava impressionato da quelle parole. Si alzò e le si avvicinò lentamente.
-Posso?- chiese allungando una mano verso quella della ragazza. Lei esitò e poi annuì.
Lui le prese la mano e la baciò.
-Io sono Leonidas e mi piacerebbe davvero molto sentire una delle tue storie.-









Spazio autrice
Oggi ho finito di scrivere il capitolo 13. Credo di essere una persona veramente malvagia, ma io so che mi volete bene comunque.
Per chi sta aspettando il sequel di NAPS, si chiamerà "Let you go" (a meno che io non decida di cambiarlo, nel qual caso vi avvertirò) e sta andando avanti bene, quindi a breve potrei cominciare a preparare la copertina e gli aesthetic dei capitoli, così da iniziare a postare.
Voi leggete gli spazi autrice, così rimanete aggiornati.

Saluta la Signora!

GRΣΣΚS || LΣΘ VΔLDΣζWhere stories live. Discover now