un infarto e un ferito

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-Te l'ho già detto mille volte, sis! Herobrine non esiste, per quanto mi piacerebbe il contrario.- Zoe sospirò con un tono stanco, mentre il profumo dolce della crema che stava mescolando si diffondeva nella cucina. Il suono ritmico del cucchiaio contro la ciotola riempiva il silenzio della stanza, mentre parlava al telefono, distratta.

-E allora come spieghi che l'ho visto stamattina?!- rispose la voce acuta e agitata dall'altra parte della linea, quasi gridando tanto che Zoe dovette allontanare il telefono dall'orecchio.

-Sarà stato un hacker, calmati e torna in gioco. Basterà ripristinare il mondo dagli ultimi salvataggi. E, per favore, smettila di urlare! Mi stai facendo scoppiare i timpani!- Zoe sospirò di nuovo, questa volta più profondamente, come se volesse scaricare tutta la frustrazione accumulata in quel momento. Appoggiò con decisione la ciotola sul piano della cucina, le mani imbrattate di farina e crema, e si avviò verso la sua camera, dove teneva una scorta segreta di cioccolata nel mini frigo accanto al letto.

Mentre camminava nel corridoio, il legno del pavimento cigolava leggermente sotto i suoi piedi, e la luce soffusa del pomeriggio filtrava attraverso le tende della stanza, creando ombre morbide sulle pareti. Era tutto così tranquillo.

-E poi, sul serio, come puoi anche solo pensare che i personaggi di un gioco... prendano...- Le parole le morirono in gola, come soffocate da una mano invisibile. Si fermò di colpo, il cuore che accelerava improvvisamente, sentendo una strana tensione nell'aria.

Sul tappeto della sua stanza, disteso in una posizione innaturale, c'era un ragazzo. Il tessuto morbido sotto di lui era macchiato di sangue, le ferite aperte sul suo corpo sembravano profonde e pericolose. Zoe rimase pietrificata, i suoi occhi spalancati incapaci di distogliere lo sguardo dalla scena surreale che le si parava davanti. Non riusciva a capire se fosse un'allucinazione, un brutto scherzo o, peggio ancora, la realtà.

-Zoe, ci sei?!- La voce al telefono si fece più insistente, disturbandola come un fastidioso ronzio.

Zoe non rispose, le mani tremanti mentre si avvicinava cautamente al corpo immobile. Il battito del suo cuore era assordante nelle sue orecchie, e ogni suo respiro sembrava un rumore troppo forte in quell'angosciante silenzio. Le ginocchia le tremavano mentre si chinava verso il ragazzo, toccandogli con esitazione il braccio, la pelle fredda e pallida sotto le sue dita.

-H... hey, chi diavolo sei? Sei vivo? Rispondi!- gli diede dei piccoli scossoni, quasi spaventata dal contatto, ma il suo corpo rimase inerte.

-SEI TU CHE NON RISPONDI!- urlò improvvisamente l'amica dall'altra parte del telefono, facendola sobbalzare e quasi lasciarle cadere il cellulare.

-Scusa, Eny, devo andare... Ci sentiamo dopo.- Con mano tremante, chiuse la chiamata senza neanche aspettare una risposta, il telefono le scivolò leggermente dalle dita, mentre lo riponeva distrattamente sul comodino.

Tornò a fissare il ragazzo, il respiro affannoso e il cervello che cercava disperatamente di capire cosa stesse succedendo. -H... hey, sei vivo?- Lo scosse ancora, ma lui non reagiva. L'angoscia le stringeva il petto, facendola sentire soffocare. Zoe non sapeva cosa fare: non era mai stata così spaventata e confusa in vita sua.

Mentre il panico prendeva il sopravvento, le sue dita cominciarono automaticamente a cercare il telefono per chiamare un'ambulanza. Ma prima di digitare il numero, si fermò.

Qualcosa non tornava.

Le sue mani tremanti si abbassarono lentamente, e lo sguardo di Zoe si posò di nuovo su di lui, questa volta con attenzione. I suoi capelli scuri erano scompigliati, il viso segnato da piccole cicatrici appena visibili sotto una barba leggera. Indossava una maglietta azzurra a maniche corte, ormai macchiata di sangue, e pantaloni blu scuro. C'era qualcosa di incredibilmente familiare in lui, una sensazione strana che la colpì come un pugno allo stomaco.

my King HerobrineDonde viven las historias. Descúbrelo ahora