Capitolo Quattro

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Quando Dina riprese coscienza, si rese conto che il pavimento era molto freddo e l'aria era abbastanza umida: sembrava si trovasse nelle prigioni. Il Signor Clark aveva degli interessi per la cultura medievale; così si era fatto costruire un dungeon nella sua casa. Ora che Dina ci stava pensando, i gusti di suo padre la disgustavano.

Si alzò in piedi e iniziò a vagabondare nella sua cella, sembrava che l'unica uscita da quella prigione fosse la porta. Non c'era niente lì e anche se Dina era molto magra, sembrava impossibile per lei riuscire a scappare passando attraverso le sbarre di metallo. All'improvviso la ragazza sentì qualcuno venire verso di lei.

La osservò nel buio.

«Ehi, piccolo mostriciattolo, come ci si sente a stare qui?». I passi provenivano da Maisha, quella donna odiosa. «Sapevo del tuo piano sin dall'inizio e questo è il motivo per cui ho mandato le foto di te fuori di casa, ai giornalisti, brutto mostro».

Maisha guardò Dina con uno sguardo spregevole. «Tu, razza di bestia...».

«Oh, ma tu non sei la stessa cosa? È mio padre a controllarti, non è così? Costretta a dipendere da mio padre per questo... tu dannata donna... tu non sei diversa da un mostro! Pensavi che non lo sapessi? Andavi a sedurre mio padre ogni notte, non è così? ».

Dina guardò Maisha, ridendo.

«Tu sei una puttana, puttana, puttana, puttana, puttana!». Iniziò a ripetere Dina senza sosta, finché Maisha, irritata, non aprì la porta della cella e iniziò a gonfiarla di pugni, finché Dina non iniziò a tossire sangue.

«Ti consiglio di smetterla! Tuo padre mi ha detto che potevo finirti in qualunque momento!».
Urlò Maisha, mentre stava schiacciando la testa di Dina col piede.

«Questo è abbastanza...».

«Heh... Hehehehehehehehehehehehe!».

Dina, che stava ancora venendo calpestata, iniziò a ridacchiare in modo sinistro.

«Hehehehehehehe... HYAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHA!!!».

Dina rise in maniera isterica quando spalancò gli occhi.

«No.»

Dina afferrò saldamente per la caviglia Maisha e urlò:
«Quella che dovrebbe essere punita SEI TU!!».
Si alzò in piedi e con l'unica mano che stava ancora stringendo la caviglia della donna, colpì, usando l'altra mano e tutta la sua forza, il suo ginocchio. Il dolore arrivò a farla urlare fino alle lacrime. Poi, Dina le si sedette sopra e iniziò a schiaffeggiarla un paio di volte mentre rideva.

«Urla puttana! Hyaahaha!».

Dina iniziò a strangolarla.

«Non mi avresti dovuta provocare! Non dovresti mai provocare un angelo!»
Maisha continuò a lottare: afferrò Dina saldamente e le provocò alcuni graffi sulle braccia, al punto da arrivare a scorticarla; ma Dina non sentì nulla, perché sapeva che la persona che aveva di fronte doveva essere punita.

«Questo è vero Maisha: io so tutto quello che hai fatto e l'ho sempre saputo, quindi ho bisogno di giudicarti ora... Maisha».
Il viso di Dina si avvicinò a quello della donna. I suoi occhi si spalancarono a fissare lo sguardo di terrore della ragazza. «Quello che hai fatto non poteva sfuggire ai miei occhi d'angelo, e allora io dichiaro te...». Dina continuò a strangolarla sempre più forte, bisbigliando vicino al suo orecchio:

«Colpevole».

Dina strinse più forte la presa su Maisha, finché la vita non abbandonò i suoi occhi.

Ora, tutto era più tranquillo.

Judge Angels [Ita]Where stories live. Discover now