Prima di passare all'analisi della trama, considerata come susseguirsi di eventi, è necessario fare una breve parentesi a proposito dei nomi, soprattutto quelli inventati, soprattutto in un contesto fantasy. Ho deciso di dividere questo paragrafo da quello dei personaggi e dalle ambientazioni perché non ci dobbiamo limitare a considerare il problema dei nomi di persona, ma anche appunto quello dei nomi dei luoghi immaginari, delle città, dei capitoli e del libro stesso: parliamo, quindi, anche del titolo.
Ma andiamo con ordine e dividiamo la trattazione in due punti: i nomi nella storia prima e i nomi della storia poi.
I nomi nella storia sono, come anticipato, quelli dei personaggi o dei luoghi. Ovviamente, il problema non sussiste se fate uso di nomi comuni, reali. In questo caso, il mio unico consiglio è quello di rimanere sul semplice, sempre in accordo con la generale legge di verosimiglianza di cui abbiamo ampiamente parlato. Quindi, un no severo e categorico a nomi estremamente inverosimili (ad esempio, un nome tipicamente giapponese, come Sakura Yamamoto, per un personaggio europeo e caucasico). No a nomi estremamente lunghi o impronunciabili, a meno che non siate disposti a chiamarli sempre con un'abbreviazione, soprattutto per il protagonista: la frequente apparizione di tali nomi potrebbe, a lungo andare, diventare tediosa. No, e questo è un mio consiglio personale, a nomi abusati nella letteratura di genere (Hope, Summer, Logan, Hunter e simili), perché se mancate di originalità sarete confondibili con mille altre storie, e non va a vostro vantaggio. Una volta che avrete tenuto fede alla verosimiglianza e all'originalità, però, la questione è già risolta, e potrete scegliere i nomi secondo il vostro gusto.
Diversa è la questione per i nomi inventati. Soprattutto se si scrive fantasy, infatti, il nome inventato può essere un ottimo incentivo alla fantasia, ma anche un rischio. E scusatemi se parlo sempre di fantasy, ma è matematicamente il genere più scelto dagli esordienti, forse proprio perché permette un'evasione dalla realtà che altri generi non consentono. Può anche essere una moda, indubbiamente, e forse gioca un ruolo importante anche la convinzione che il fantasy sia un genere semplice, nel quale si può aggiungere tutto in stile minestrone perché: tanto è fantasy, non ha bisogno di giustificazioni verosimili.
Mai affermazione fu più errata.
Quando si scrive fantasy, a maggior ragione bisogna tenere in mente la verosimiglianza. La possibilità di scrivere e inventare qualsiasi cosa vi espone al rischio serissimo di esagerazione, fino a farvi scrivere qualcosa di totalmente incredibile (nel senso negativo del termine: non credibile) oltre che involontariamente comico: un libro macchietta, insomma. Voi dovete assolutamente impedirlo, e sì, l'impegno passa anche attraverso cose all'apparenza marginali come i nomi.
Sempre valida è la regola della semplicità, soprattutto per il protagonista: scegliete un nome facile da pronunciare e da leggere, possibilmente corto, orecchiabile. Potete lasciarvi un po' più andare con i nomi dei personaggi secondari o dei luoghi, purché non molto ricorrenti, ma comunque cercate di rimanere sul leggibile.
In particolare, cercate di limitare le lettere straniere: W, X, Y, K, J, ma spesso anche la H, che ha la caratteristica di essere muta, e viene usata in mezzo a nomi che non la richiedono assolutamente nella pronuncia con l'unico scopo di renderli più esotici. Tali lettere non sono bandite, ovviamente, ma dovete anche tenere presente che sono e saranno sempre particolari agli occhi di un lettore italiano, e rischiano di rendere, alla lunga, tutti i nomi confondibili tra loro.
Di nuovo, Il Libro del Destino fornisce un ottimo esempio su cosa non fare, perché è pieno di nomi simili tra loro, spesso formati di lettere inutili ai fini della pronuncia: Galdwin che si confonde con Galwan; Eynis ed Eryn, figlie di Ehynir, nomi tutti troppo simili tra loro; Bedwyr, Harys e altri già citati che sostituiscono la Y ad una semplice I; Jadhif, Mohrger, Ahina Sohul e mille altri che non richiedono la lettera H per comprenderne la pronuncia, ma la mostrano comunque, con l'unica conseguenza di essere difficili da scrivere. È facile capire come questi nomi, messi in paragone con quelli de Il Signore degli Anelli, siano fin troppo complicati. Nel capolavoro di Tolkien, infatti, troviamo nomi sì inventati, sì esotici, ma molto più semplici e credibili: Aragorn, Boromir, Gandalf, Frodo, Sam, Legolas, Edoras, sono tutti nomi dalla pronuncia molto semplice e che non indugiano su lettere inutili; i più complicati sono pochi, e comunque si limitano all'aggiunta di qualche lettera utile ai fini della pronuncia, come quella di Theoden, Hobbit, Arwen, Minas Tirith. Questi ultimi sono l'esempio di massima complicatezza, e comunque sono limitatissimi e affibbiati a nomi non principali. Quindi, mi raccomando, non esagerate. Non fatevi troppo prendere dalla smania dell'esotico, inventate "con umiltà", e vedrete che troverete un buon compromesso tra inventato e verosimile. Ricordatevi: nomi brevi, semplici, lettere pronunciabili, e i nomi presi in considerazione tutti insieme non devono essere troppo simili gli uni agli altri, perché il peggio che potete fare è confondere il lettore tra un personaggio e l'altro.
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