I KNOW YOU

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Erano tutti seduti alle loro scrivanie, e nello squadroom regnava un silenzio assordante, interrotto dal continuo rumore dei tasti del computer di DiNozzo. Ellie e McGee si lanciavano occhiate riferite a Tony che sembrava esausto, quando d'un tratto questi sbuffò, prendendo il cellulare.
"Ciao Zoe... Si, mi manchi anche tu... Allora è tutto pronto per stasera? Facciamo da te? Ottimo. A dopo. Ciao amore"
Era appoggiato alla finestra e guardava fuori. Era chiaro a tutti a cosa stesse pensando. Probabilmente gli mancava quella Ziva che aveva conosciuto tanti anni prima, la sua amica, ed ora che era diventata una traditrice, capiva che ciò che gli mancava era una menzogna, era un'illusione. E allora anche quel bacio era tutta finzione. Sentiva che la rabbia lo avvolgeva, e allo stesso tempo un senso di malinconia che tornava a farsi vivo.

"DiNozzo dobbiamo parlare!"
Gibbs arrivò in quel momento scendendo di corsa giù dalle scale.
"È una traditrice. È venuta qui per altri scopi. La ragazza che conoscevamo non esiste più!" disse il capo.
"La ragazza che conoscevamo non era ciò che lei sognava di essere!" sospirò il Tony ripensando a quello che successe due anni prima.
"E poi da quando sei tu a decidere se gli interrogatori sono finiti?!"
Ma non fece in tempo a finire la frase che uno scappellotto gli arrivò sonoro sulla nuca, lasciando tutti i presenti sbalorditi. Solo Mike gli tirava scappellotti, ma purtroppo lui era morto 4 anni prima. Gibbs si voltò lentamente vedendo Abby dietro di sé.
"Gibbs! Non voglio più sentirti dire una cosa simile! Ziva è sempre la nostra Ziva. Quella ragazza solare e sorridente che serba in sé tante disgrazie. Quello non era un interrogatorio. L'hai trattata come se fosse una criminale! E invece non lo è. Se ha fatto quello che ha fatto, è perché non si è sentita abbastanza protetta"
Ci fu un attimo di silenzio in cui tutti la guardavano. Aveva ragione.
"Ma comunque, non l'ha fatto!"
"Abby spiegati meglio" disse McGee
"Cioè si, l'ha fatto, ma non quello che credevamo avesse fatto, non ha fatto altro che ci faceva sembrare che l'avesse fatto anche se in realtà non l'ha fatto!"
"Abby L'ha fatto o non l'ha fatto?!" chiesero in coro Tony, e McGee.
"Gibbs questa volta ti sei sbagliato. Ziva non ha tradito nessuno. Il sangue sull'orsacchiotto è quello di Ariel, e c'è dell'altro... Ziva è la madre di Ariel!"
A Tony cadde il cellulare di mano, e McGee spalancò la bocca che il mento quasi toccò la tastiera, mentre Ellie impallidì.
"DiNozzo vai a cercarla. Fermala e non farla partire, McGee rintraccia il cellulare, Bishop ferma tutti i voli, ed Abby..."
"Gibbs mi perdoni per lo scappellotto? Ma era d'effetto!"
Il capo si avvicinò all'orecchio della ragazza e le sussurrò "Ottimo lavoro!"

Ziva era la madre di Ariel... E Tony non si capacitava di ciò. E per di più il padre era Adam... Poteva andare peggio? Continuava a chiedersi perché gli avesse nascosto tutto, perché non l'avesse detto, e soprattutto, se era stato prima o dopo quel bacio d'addio.
Doveva trovarla e chiederle spiegazioni.
Arrivò all'aeroporto, e corse alla scrivania dei check-in, chiedendo di ritardare il volo diretto a Tel-Aviv.
"Mi scusi signore, ma è già partito..."
"Allora lo faccia tornare indietro!" era molto agitato, forse perché si sentiva preoccupato per la bambina, o forse perché voleva parlare con Ziva, o ancora, perché continuava a celare dentro di sé un sentimento nascosto, sepolto dal tempo, che lentamente stava riemergendo, senza che lui lo volesse.
"Signore ma non possiamo far tornare un volo... Lei capisce che così tutti i voli a seguire..."
"Sono un agente federale" disse mostrando il distintivo "E su quell'aereo c'è una ragazza, Ziva David. Deve tornare qui!"
Pochi minuti dopo, la ragazza rispose "Mi scusi, ma qui non risulta alcuna Ziva David"
Allarmato, il ragazzo corse via, mentre ordinava di non far imbarcare alcuna ragazza con quel nome.

La cercò nell'intero aeroporto, ma non la trovava. Corse in macchina, e si diresse al molo, ma non era nemmeno lì. La cercò ovunque. Nella sinagoga in cui pregava per suo padre, nella sua vecchia casa, nella cantina di Gibbs, ma di lei non c'era alcuna traccia. Si era fatta tarda serata, e la stanchezza si faceva sentire. Tony era preoccupato per la sua amica, ma allo stesso tempo era furioso, che se l'avesse vista in quel momento le sarebbe saltato alla gola. Gli aveva mentito, gli aveva nascosto tutto. Si sentiva proprio come quando lei lo aveva tradito quando era andata a seppellire suo padre. Quando e se l'avesse trovata, non avrebbe avuto il coraggio di guardarla negli occhi. Era combattuto tra la paura di perderla ancora, e la rabbia per tutto ciò che gli aveva fatto. Solo che il rancore prendeva il sopravvento.

Gibbs si sentiva in colpa per ciò che aveva detto. Non aveva prove certe, e l'aveva aggredita. Si sarà sentita ripudiata ed è scappata. Non si era mai comportato così. Forse perché non era mai riuscito a perdonarle quell'addio. Aveva serbato in sé il livore per tutti quegli anni, e continuava ad accumularsi, finché non è scoppiato. In lei vedeva sua figlia, e quando aveva deciso di andarsene, vedeva sparire anche l'ultima possibilità di poterla riavere.

"Gibbs..."
Ellie era comparsa lentamente alle sue spalle, mentre lui era appoggiato alla finestra con il caffè in mano.
"Ellie?"
"Gibbs, volevo scusarmi... È che sono stata troppo diffidente, e..."
"Sai come la penso sulle scuse"
"Sono un segno di debolezza, lo so... Ma se adesso Ziva non..."
"Ma non con gli amici!"
E così dicendo, Gibbs si allontanò. Non era a lui che doveva chiedere scusa, e non era nemmeno l'unica a doverlo fare.

Era quasi notte fonda, e Tony l'aveva cercata ovunque. Ziva non si trovava. Non era la prima volta che succedeva, e probabilmente non sarebbe stata neanche l'ultima. Si rese conto che se voleva stare da sola, lui non poteva che accettare, ed attendere.
Le strade erano deserte, e le uniche luci provenivano da alcuni lampioni sulla strada. Poi d'un tratto gli venne in mente l'ultimo posto in cui poteva essere. Scese dall'auto e si diresse verso l'Opera, ma quando la vide spenta, si arrese. Se non stavano dando uno spettacolo, Ziva non poteva certo essere lì. Si ricredette però, quando da dietro l'angolo, la vide uscire dal retro dell'Opera, slegandosi quei ricci fluenti, con un borsone sulla spalla. La seguì senza farsi notare. Notò che era dimagrita davvero molto, forse anche troppo. Probabilmente la figlia le sottraeva energie, e quando la vide, così minuta, si rese conto che forse aveva mentito solo per paura, per proteggere la sua bambina. Tutta la rabbia sparì di colpo. Gli era mancata quella ragazza divertente, solare, scherzosa. Quella ragazzina era la loro piccolina. Piena di energie, e con tante sofferenze nel cuore. E niente poteva cambiare questo. Essere arrabbiati sarebbe stato inutile, specialmente ora che aveva bisogno di aiuto, di certezze.

Entrò in un bar, e lui l'attese fuori. Quando uscì, aveva due bicchieri di caffè in mano. Ed uno lo diede a Tony.
"Grazie" le disse in ebraico.
"Prego" gli rispose in italiano.
Ad entrambi tornò in mente la prima sera in cui si erano conosciuti. Lui l'aveva seguita, e lei se n'era accorta, proprio come ora.
"Com'è sentirsi chiamare mamma?" disse all'improvviso il ragazzo.
"È la sensazione più bella che una donna possa provare... Ariel è..." Si bloccò per un attimo.
"Perché non hai detto nulla?"
La ragazza non rispose, e continuava a chiedersi come avesse fatto il ragazzo a capirlo.
"Ho imparato a fidarmi del mio istinto... Okay va bene, anche di Abby!"
"Mi dispiace, ho sbagliato tutto!" disse d'un tratto la ragazza "Avrei dovuto dirtelo sin da subito... Ma come potevo?" disse sull'orlo della rottura.
"Non è la prima volta che mi nascondi qualcosa... Ormai ci ho fatto l'abitudine" disse ripensando ad Adam.
"Questa volta è diverso!"
"No! Non è diverso!" Non voleva urlarle contro. Desiderava solo poterla abbracciare, rassicurare, e dirle che sarebbe andato tutto bene, che avrebbero trovato Ariel, e che tutto sarebbe tornato come prima, ma non sarebbe stato così. Le cose erano cambiate, e lei non poteva farci nulla.
"Hai deciso di tagliarmi fuori dalla tua vita, ancora! Non ti era bastato andartene senza motivo? Adesso che sei tornata, dovevi anche nascondermi di avere una figlia!"
"Non me ne sono andata senza motivo! Tu non sai nulla di me, e mai lo saprai!" e così dicendo, si girò e fece per andarsene, ma una mano le afferrò il polso.
"No aspetta... Ho esagerato... Avrai avuto i tuoi motivi. Ma perché? Perché non me l'hai detto?" la guardò implorante, voleva delle spiegazioni.
"Quando... Quando sono andata a seppellire mio padre... Io... Ho avuto un momento di debolezza... E Adam era lì con me... Ed io mi sono lasciata consolare, trascinare dalle emozioni... Ho sbagliato lo so... Ma da quell'errore... Da quell'errore è nata Ariel..." lo guardava dritto negli occhi.
"Quando l'hai scoperto?" chiese esitante
"Poco dopo averti invitato a venire"
"È per questo che sei sparita per 4 mesi?"
"No... Appena l'ho saputo, ho avvisato Monique... E Adam... Doveva saperlo! Poi però lui mi ha detto di abortire immediatamente, perché il bambino avrebbe creato conflitti internazionali, e il Mossad avrebbe cercato me e il bambino... Ho deciso di non dargli ascolto e con Monique mi sono nascosta per quattro mesi, fino alla fine della gravidanza. Quando è nata Ariel, ho capito che tutti gli sforzi che avevo fatto non erano stati vani... E poi sei arrivato tu... E ho dato la bambina a Monique..."
"Era di questo che parlavi quando in Israele mi dicesti che mi avevi invitato, ma prima... vero?"
La ragazza abbasso la testa in segno di approvazione.
"Quando ti ho visto partire, solo nel momento in cui ho realizzato che non ti avrei più visto, ho capito di aver sbagliato tutto... Avrei dovuto dirtelo... Ma poi cosa avreste pensato di me? Tu, Gibbs... Tutti voi..." si fermò, poi aggiunse "Poco dopo, Adam ha scoperto che avevo partorito, e ha iniziato a spiarci, finché non... Finché non l'ha.... Non me l'ha portata via!" La voce le si ruppe, e sentiva l'agitazione aumentare.
"Tu sapevi che sarebbe successo... Perché non hai agito prima?"
"Sapevo che sarebbe finita così, ma io non potevo abortire... Io lo volevo quel bambino!"
"No! Tu non avresti mai permesso che una bambina nascesse senza avere un padre, non dopo tutto quello che ti è successo, non dopo averlo provato sulla tua pelle!"
"Invece si! Sono una donna, e volevo quel bambino!"
"Ti conosco, e so che avresti ragionato abbastanza da capire che..."
"Che non avrei dovuto far nascere Ariel? Beh ti sbagli, perché lei è l'unica cosa giusta che ho fatto in una vita di errori, è l'unica cosa che mi ha spinto a voler cambiare... Avevo bisogno di una nascita per cancellare il mio passato fatto di morte!"
"Guarda che lo so che c'è qualcosa che non mi dici!"
Ziva abbassò lo sguardo... Tony le prese il mento amorevolmente con un mano.
"Perché non mi vuoi parlare? Perché... Non ti fidi di me, Ziva?"
Era la prima volta che pronunciava il suo nome da quando era arrivata. Era una sensazione strana, ma sentiva di essersi liberato di un peso, di aver buttato giù una parte di quella barriera che li divideva.
Ziva non riuscì a reggere quello sguardo e crollò fra le braccia dell'unica persona che le era sempre stata vicino.
"Sono sterile, Tony!" disse iniziando a piangere, con le lacrime che immediatamente presero a scendere copiose. Tony rimase sbalordito. Non avrebbe mai immaginato una cosa simile...
"Non posso avere bambini, ma Ariel... Ariel è un miracolo!"
Tony strinse forte la testa di Ziva al suo petto. Capiva che aveva paura di fare la mossa sbagliata, e che per la bambina era disposta a tutto.
"Non posso perderla... La mia vita non avrebbe più senso... Nessuno ha fiducia in me, tutti conoscono l'assassina, non la vera me..."
"Io si! Io credo in te, e sarà sempre così... Anche se te ne andrai di nuovo, perché io conosco la vera Ziva... Conosco quella ragazza che quando entrava nello squadroom portava il sorriso, conosco quell'agente federale così testardo da andare avanti senza l'aiuto di nessuno, conosco quella figlia che ha perso i genitori, e quella sorella che ha perso i fratelli... Non devi cancellare il tuo passato, anche se è fatto di morte, lo devi serbare in te, e far vivere quelle persone nel tuo cuore. Non devi cancellare l'NCIS, la nostra squadra Gibbs, Abby, McGee, Ducky, persino Palmer... Me... Perché noi vediamo in te la nostra piccolina, che se ne stava andando dopo la morte di suo fratello, ma che venne fermata da uno scappellotto in ascensore dal suo nuovo capo... Io vedo in te Ziva David!"
Nessuno le aveva mai detto simili parole, e si rese conto del grande sbaglio che aveva fatto. Si rese conto che tutto quel dolore se l'era procurato da sola, ed ora c'era di nuovo Tony a tenderle la mano e porle un aiuto... Tony, e tutta la sua famiglia.
"Andiamo, ti porto a casa"

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