PROUD FATHER

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"Andiamo a casa" e così dicendo la prese per mano, e la portò in macchina.

Non se la sentiva di andare a casa di Gibbs, dopo quello che era successo durante l'interrogatorio, e Tony non ebbe bisogno di parole per capirlo. Gli bastava il suo sguardo. Dopo tanto tempo, riusciva ancora a capire perfettamente le sue agitazioni, solo osservandola. Prima di avvisare il team, ancora alla sede, del ritrovamento di Ziva, passarono dalla cantina di Gibbs e presero la valigia della ragazza. Sarebbe rimasta da lui per il tempo necessario.

"Ehi... Tranquilla, la troveremo. Ora però, credo sia il caso che tu dorma"
Ziva era seduta sul divano a guardare delle sue vecchie foto con Ariel, e Tony era appena entrato nella stanza, sedendosi accanto.
"Qui era appena nata... Era così piccola e indifesa. Quando la vidi la prima volta è stato qualcosa di indescrivibile, ho pensato che lei era con me da sempre, anche quando uccisi Bodnar... E quando aprì gli occhi, fu come se mi stesse dicendo di stare tranquilla, che saremmo andate avanti insieme e avremmo superato anche questa..."
Tony guardò la foto e vide una bambina bellissima dai grandissimi occhioni verde smeraldo, che aveva lo stesso sguardo di Ziva.
"Occhioni belli..."
La ragazza si voltò di scatto, riconoscendo quel soprannome. Le era mancato in quegli anni, ma fece finta di niente e continuò.
"Qui, invece eravamo a casa di Monique pochi mesi fa. Lei ha un cane molto iperattivo, si chiama Gilda, però con Ariel si comportava quasi da... una seconda mamma!" disse scherzando, anche se  Tony poté notare un velo di tristezza nei suoi occhi.

Ziva continuava a parlare sfogliando le foto, ma il ragazzo non la seguiva più. Era preso da così tanti pensieri, che si dimenticò persino di avvisare Zoe che quella sera non sarebbero stati insieme. Continuava a guardare la neomamma accorgendosi di quanto quel ruolo l'avesse cambiata. Prima non si sarebbe aperta così facilmente, con lui, e tantomeno si avrebbe parlato così tanto della sua bambina. O forse lo faceva solo per autoconvincersi che non era ancora tutto perduto, e poteva ancora rivedere sua figlia, per non mostrarsi spaventata davanti a lui. Durante la tenera chiacchierata con Gibbs, infatti, aveva visto proprio quella guerriera che conosceva.

"Ziva adesso basta! Chi credi di prendere in giro? Non serve che fingi di scherzare solo perché non vuoi sembrare terrorizzata all'idea di aver perso la tua bambina!"
"Ho bisogno di sapere che la rivedrò, e che quel bastardo finirà per vedere il sole sorgere e tramontare da delle grate!" disse guardandolo in volto per la prima volta da quando le si era seduto vicino, rivelando i suoi occhi di quella lucidità tipica di chi ha appena smesso di piangere, ma continua a trattenere le lacrime.

Tony sapeva benissimo che Ziva non sopportava di crollare davanti a qualcuno, eppure, tra tutti, lei era la persona che aveva visto piangere più spesso.
"Devi dormire, o domani non riuscirai a concentrarti"
"Come faccio a dormire quando mia figlia è chissà dove nelle mani di Adam?"
"Non ci siamo!" disse sconsolato... "Aspetta, ho un'idea" aggiunse.

Tornò pochi minuti dopo con in mano una videocassetta di 007.
Iniziarono a vedere il film, e come previsto, Ziva si addormentò quasi immediatamente...
"Sono felice che ti stia interessando" disse sarcasticamente il ragazzo tra sé.
Tony continuò a vedere il film, quando sentì la testa della ragazza appoggiarsi involontariamente sulla sua spalla. Sorrise, e la sistemò sulle sue gambe, mentre le accarezzava il volto, sentendo ancora gli zigomi umidi.
D'un trattò la sentì irrigidirsi. Come se stesse facendo un incubo, e prima che si svegliasse, cercò di calmarla, accarezzandole dolcemente la schiena, e sussurrandole parole dolci.
Era una strana sensazione vederla così, e lui si sentiva in dovere di esserle vicino. Nonostante tutto, il livore che provava per essere stato rifiutato, a Tel-Aviv, era scomparso quando lei gli aveva raccontato quello che realmente successe in quei quattro mesi, ed ora capiva che aveva bisogno di una spalla su cui appoggiarsi, e lui era l'unico a conoscerla davvero, l'unico di cui lei si poteva fidare, anche se sapeva che non l'avrebbe mai ammesso.

Era notte inoltrata quando il film terminò. Tony stava per andare a letto, ma per timore di svegliare Ziva, rimase sul divano tutta la notte, fino all'alba, quando la ragazza aprì gli occhi di soprassalto.
Ci vollero alcuni attimi prima che riconobbe la casa, e si ricordasse perché era lì. Si ritrovò sulle gambe di Tony, e si alzò notando la scomoda posizione del ragazzo. Dentro di sé lo ringraziò.
Si alzò lentamente evitando di destarlo dal suo sonno poco profondo, e si preparò per andare all'NCIS di corsa, quando il cellulare di Tony prese a squillare. Corse a spegnerlo, prima che lo svegliasse, leggendo il nome Zoe... Non ci fece caso.
Prima di uscire preparò la colazione per il ragazzo, ma il telefono squillò nuovamente. Ancora Zoe.
Poi arrivò un messaggio: "Ti ho aspettato tutta la notte!"... Iniziò a capire. Ecco cosa intendeva Ellie con "È riuscito a rifarsi una vita"!

Arrivò all'NCIS verso le 6:30. Aveva corso senza fermarsi. Sapeva che doveva allenarsi. Quando raggiunse il piano, e uscì dall'ascensore, si diresse istintivamente alla sua vecchia scrivania, poi si fermò quando non vide la sua bandierina, né la foto di Tony da giovane, che conservava sullo schermo del suo computer. Non volle farsi sopraffare dalle emozioni, e si diresse immediatamente all'altra scrivania, la stessa che le era stata assegnata il primo giorno in cui divenne ufficialmente un'agente di collegamento tra Mossad ed NCIS.
"Questa scrivania sembra quasi maledetta" disse una voce alle sue spalle. La riconobbe immediatamente, ma non si voltò.
"Quindi Gibbs ti ha parlato anche di Ari..." rispose sistemando delle cose nel suo borsone.
"Se è questo che credi, non ti reputo uguale a lui..." disse la ragazza cercando di introdurre un discorso.
"Lo so, agente Bishop! L'ho ucciso io. Stava per ammazzare Gibbs"
La ragazza rimase leggermente stupita, anche se ascoltando l'interrogatorio, aveva già intuito qualcosa. Sentirselo dire però, era davvero strano.
"Mi... Dispiace"
"Anche a me... Dopo la sua morte, molte persone hanno pianto per lui, ed io ne ero l'artefice..." Disse mentre continuava a guardare nel suo zaino in cerca di una scusa per non guardare negli occhi la ragazza che le aveva messo contro tutta la squadra.
"Non devi biasimarti! Era necessario, tu hai fatto il tuo dovere. Questo mestiere ci porta ad uccidere delle vite per il bene di altre" Ellie si addentrò inconsciamente in argomenti molto delicati per Ziva. Le riportavano alla mente vecchi ricordi, tutti insieme, che non facevano che agitarla.
"So bene cosa sono e cos'ho fatto... Credimi, lo so molto bene! E non c'è bisogno che tu mi giustifichi. Ora se permetti, devo trovare mia figlia" disse facendo terminare così la conversazione, e voltandosi.
Tony era arrivato proprio in quell'istante, e aveva ascoltato parte della conversazione. Eppure gli era bastato per riesumare gli stessi ricordi di Ziva. Si guardarono negli occhi per una frazione di secondo, finché la ragazza non sparì dietro quel muro che separava la sua scrivania da quella di McGee.
"Ziva, Abby ti vuole giù in seminterrato" disse McGee scendendo le scale e salutando i colleghi.

"Zivaaaa! Sapevo che non potevi aver fatto la spia!" urlò la ragazza, appena vide le porte dell'ascensore aprirsi.
"Era a questo che ti serviva il DNA, vero?"
"Oh no, certo che no... Non avevo mica bisogno di una prova per capire che era tua figlia... io!" sottolineò "Ma qualcun altro si!"
"Allora perché mi hai chiamata?"
"In realtà stavo per chiamare Gibbs, ma lui ha detto di chiamare te..."
"Me? Si è ricreduto?" disse sarcasticamente...
Le porte dell'ascensore si aprirono in quell'istante.
"Si, caso tuo, dirigi tu. Regola 38" Gibbs entrò nella stanza portando un bicchiere di Caf-Pow ad Abby.
"Allora che hai trovato?" chiese alla fine la ragazza fingendosi indifferente.
"Durante l'incidente, nell'impatto, le due auto sono praticamente finite in frantumi... Specialmente i vetri"
"Si, lo vedo"
"Ho trovato alcuni frammenti del conficcati nel sedile del guidatore... Ma non vi era traccia di sangue!"
"Nessuno stava guidando la macchina..." concluse Ziva un po' sorpresa.
"Non esattamente... Gibbs puoi venire un attimo? Ho creato un modellino dell'auto prima dell'impatto... Siediti qui" disse la scienziata facendo sedere Gibbs sul sedile del guidatore del modellino "Da questa posizione ci vogliono esattamente 1.52 secondi per aprire lo sportello e scendere... Considerato che l'auto di Malachi ha girato l'angolo proprio nel momento dell'incidente, e lo dimostrano i segni delle sgommate... Direi che è troppo tempo per scendere dall'auto senza essere colpito."
"Arriva al punto..." disse Gibbs da dentro il modellino.
"Gibbs sono stata qui da sola tutta la notte, a parlare con un modellino! Dicevo... Ho controllato i segni sulla cintura del passeggero, e vi erano delle lievi incisioni fresche... Significa che ha slacciato la cintura del passeggero, prima dell'impatto... Come se lo sapesse... Adesso Gibbs, spostati velocemente sull'altro sedile, e buttati fuori"
"Abby!"
"Gibbs... Devo mostrare a Ziva i minimi dettagli..."
"Capirò ugualmente" disse la ragazza volendo arrivare al succo.
"Ci vogliono in media 4.43 secondi... E le scie di sangue lasciate, appartengono per il 90% ad Adam... "
"Ariel è molto piccola..." rifletté Ziva
"Si... Ma sommando le probabilità, al fatto che nemmeno sul sedile del passeggero ci sono tracce di sangue, ci porta ad un'unica conclusione"
Ziva e Gibbs fecero cenno con gli occhi di spiegarla...
"Non ci arrivate? Uff... Adam sapeva che Malachi stava arrivando da dietro l'angolo, ed ha agito in tempo, da riuscire a slacciare la cintura ad Ariel, e buttarsi fuori stringendola tra braccia per salvaguardare la sua salute, impedendo che si ferisse"
"Adam voleva salvare Ariel?" chiese Ziva allibita.
"Non raggiungere conclusioni troppo affrettate... Potrebbe volere anche un riscatto. Ciò che è certo è che Adam farebbe di tutto pur di tenerla viva"
"Devo avvisare gli altri!" disse Ziva, entrando nell'ascensore, seguita da Gibbs.

Le porte si chiusero, e calò il silenzio.
Ziva guardava davanti a sé, cercando di nascondere l'imbarazzo, mentre Gibbs osservava i suoi movimenti, cercando di capirla.
A metà della salita, Gibbs fermò l'ascensore, e il cuore di Ziva iniziò a battere molto più veloce del normale, che riusciva a sentirselo in gola.
"Sai come la penso sulle scuse"
"Sono un segno di debolezza" rispose fredda, continuando a guardare davanti a sé "Ma non con gli amici" continuò perdendo ogni sicurezza, e guardandolo negli occhi.
"Tu non sei mia amica..."
Inizialmente la ragazza non capì quelle parole.
"Cosa sono io per te?" continuò il capo.
Ziva continuò a guardarlo negli occhi, e decise di dirgli la verità.
"Un padre... Eri... Un padre"
"E tu eri una figlia, per me..." Il cuore di Ziva si sciolse sentendo quelle parole. Capì subito dove voleva arrivare. In fondo lui era Gibbs, e Gibbs sa sempre tutto.
"Come facevo a fidarmi di te se tu non ti sei fidata di me abbastanza da dirmi che avevi una figlia?" disse con quel suo solito tono, alzando il sopracciglio.
"Come potevo dirti che avevo sbagliato tutto e che avevo avuto una figlia da quell'errore?" Quasi urlò, poi si calmò "Io volevo solo... renderti orgoglioso... se fossi tornata, cos'avresti pensato di me? Che ti ho deluso un'altra volta, che non potresti mai contare su di me..."
stava per continuare, sfogarsi e forse sarebbe finita anche con le lacrime agli occhi. Ma Gibbs la conosceva troppo bene, tanto da sapere che non le sarebbe stato utile, e fermò tutto con uno scappellotto "Ehi! Un padre sarà sempre fiero di sua figlia! E se hai deciso di dare alla luce una bambina, come posso non essere orgoglioso? Come posso non essere orgoglioso di quell'agente che preferiva rimanere in una baita di legno a proteggermi tanto da urlarmi conto di essere la sua famiglia? Come posso non essere orgoglioso di quella ragazza che ha ucciso suo fratello per me?"
Sentiva le lacrime salirle agli occhi, ma aveva pianto troppo in quei giorni, e non si sentiva più in forze per piangere ancora.
L'ascensore era fermo e lei si guardava le mani, trattenendo una domanda, ma alla fine uscì fuori come un'esplosione.
"Gibbs, ti fidi di me?"
"Ho imparato a fidarmi dell'istinto di Tony, dell'intelligenza di McGee, dell'accuratezza di Abby... Ho imparato a fidarmi di te, Ziver!"
Si scambiarono uno sguardo sincero, pieno di felicità, facendo ripartire l'ascensore.

Poco prima che le porte si riaprirono, Gibbs alzò la mano per tirarle uno scappellotto, proprio come la prima volta, ma invece, inaspettatamente, A Ziva arrivo un tenero bacio paterno sulla guancia.
Arrivarono al piano, ed uscirono pronti a ritrovare Ariel. Come una squadra. La loro squadra!

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