IT CAN'T HAPPEN AGAIN

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Un violento colpo di tosse aveva bruscamente fermato la piccola prima che sugellasse il suo desiderio di rimanere per sempre con i genitori, e la sua promessa di desiderarlo finché le fosse stato possibile.
Tony guardò istintivamente Ziva. Dopo le ore che aveva trascorso in sala anti-contaminazione ogni colpo di tosse lo preoccupava, e dal momento che proveniva da sua figlia, lo era ancora di più.
Ziva provò a tranquillizzarlo con lo sguardo, mentre con una mano accarezzava la schiena di sua figlia, ma anche lei dovette nascondere un velo di terrore.

Quella notte nessuno riusciva a dormire. Ziva si rivoltava nel letto, in preda a degli incubi, Tony era preoccupato per Ariel, e la piccola di tanto in tanto tossiva violentemente.
Il ragazzo era steso con le braccia dietro la nuca a fissare il soffitto, come fosse un cielo stellato, quando si accorse che Ziva continuava a muoversi incessantemente nel letto. Provò a calmarla senza svegliarla, e quando le mise una mano in fronte, era completamente sudata. Pochi secondi dopo si alzò di scatto, ansimando e con gli occhi che le uscivano quasi fuori dalle orbite.
"Era solo un sogno, Zee..."
"Si, era solo un..." stava ripetendo lei, ma Ariel riprese a tossire ancora più forte di prima.
"No, non lo era!" si corresse subito, terrorizzandosi.

L'estate stava finendo, ormai. Le giornate avevano preso ad accorciarsi, e di sera, la casa era molto più fredda. Il pavimento di marmo era ghiacciato sotto i piedi nudi di Ziva, che angosciata camminava da un lato all'altro della stanza, con sua figlia in braccio, cercando di calmare ogni suo attacco di tosse.
Tony era andato a chiamare Ducky, ma poiché non rispondeva, e la situazione sembrava essere molto grave, non esitò a mettersi in macchina ed andare a prenderlo.
Quando arrivarono trovarono Ziva intenta a tranquillizzare Ariel che aveva iniziato a piangere per la pesante atmosfera che si avvertiva in quella casa.

"Sirenetta, va tutto bene... Adesso vedrai che Ducky risolve tutto..." provò a calmarla ma senza grandi risultati, il padre. Poi rivolto al medico aggiunse, quasi in tono di supplica "Vero?"
Senza rispondere, Ducky prese la bambina sulle sue gambe, e con lo stetoscopio iniziò a controllare i suoi battiti ed i suoi respiri. Tutto sembrava regolare, quando avvertì uno strano movimento del torace. Istintivamente guardò la ragazza che con gli occhi sgranati non aveva detto una sola parola. Se fosse stata una malattia, ci sarebbero state altre complicazioni, dovute al siero che fornivano a Ziva in Somalia e che di conseguenza era entrato nel sangue di Ariel. Questo, però, Tony ancora non lo sapeva.

"Mamma... Voglio la mamma!" continuava a piangere la bambina sempre più agitata.
"Sono qui amore mio..." le rispondeva ogni volta con gli occhi spaventati.
L'avevano stesa nel lettone e Ziva non si era allontanata un solo secondo da lei.
Ogni tanto la piccola fissava sua madre quasi senza riconoscerla, poi le stringeva forte la mano e alla fine riprendeva a tossire.
Ducky e Tony stavano analizzando la situazione. Il medico, in realtà, stava cercando di estrapolare informazioni dai ricordi di Tony, per poi arrivare ad una conclusione molto, anzi troppo eloquente.
"Ho aperto la busta, e subito ho sentito le narici bruciare. Era la polvere che io non avevo visto, e stupidamente ho annusato l'inchiostro. Poi ho stranutito, e..." si fermò per un secondo. "Oh mio Dio Ducky! Ho starnutito e Ariel mi ha detto che aveva sentito goccioline della mia saliva arrivarle negli occhi!"
Il dottor Mallard sbiancò di colpo. Questa poteva davvero essere le fine.
"Dobbiamo effettuare immediatamente delle analisi del sangue" affermò il medico alzandosi e aprendo la valigetta che aveva portato con sé.

Tony, intanto entrò in camera, trovando la sua piccolina aggrappata alla madre che la stringeva con quell'amore che solo una madre può provare. Aveva il mento appoggiato sulla testa della bambina, e silenziosamente, per non spaventarla ulteriormente, piangeva lacrime di terrore misto a qualcos'altro che non riusciva a decifrare.
"Principesse..." sussurrò silenziosamente, sedendosi delicatamente sul letto.
"Ziva, potresti venire un attimo di là? È urgente"
La ragazza lo guardò confusa, poi si allontanò dalla figlia.
"Torno subito amore"

"Mia cara, abbiamo un problema... Quando l'altra sera Anthony ha aperto il biglietto, ecco... Ariel era con lui..." iniziò a spiegare Ducky.
"E quando ho annusato l'inchiostro con la polvere, ho starnutito... E lei era molto... molto vicina a me" concluse Tony.
"Vuoi dirmi che l'hai infettata?" chiese scoprendo tutte le sue paure. Il sogno che quella notte la faceva rivoltare nel letto stava lentamente diventando realtà.
"Io stavo cercando di farla divertire... Non ti ha vista per tutto il giorno e lei voleva... Te"
Ziva non era arrabbiata. Tony si stava solo prendendo cura della loro bambina, stava cercando di ridarle il sorriso perché proprio lei, sua madre, glielo aveva strappato via per un giorno intero.
Si sedette sul divano cercando sostegno nello sguardo di Ducky, trovando però solo disperazione. Entrambi pensavano alla stessa cosa. Il medico le aveva detto che quel difetto non avrebbe costituito un problema per sua figlia... Tranne nel caso in cui si fosse ammalata. Ed ecco che quelle parole le avevano segnato il destino.

Ducky preparò la siringa ed il laccio emostatico per il prelievo. Dovevano agire in fretta.
"Amore della mamma, tu sei una bambina coraggiosa, lo sai, vero?"
La bambina annuì confusa.
"Adesso dobbiamo controllare una cosa, ma non devi avere paura"
Mentre le diceva quelle parole, stava incatenando quei piccoli occhioni verdi ai suoi, e Ducky le legava il braccino.
"Anthony abbiamo un problema... Io non posso fare analisi. Il braccio trema, a causa della ferita, devi infilare tu l'ago"
"Io?"
Ziva gli lanciò un'occhiata per dire loro di fare presto.
Tony aveva una vera e proprio fobia per gli aghi, ma si trattava di Ariel, sua figlia, il suo tutto. L'unica cosa per cui valeva la pena perdere tutto, aveva bisogno del suo aiuto. Prese la siringa.
"Guardami amore... Continua a guardarmi, e vedrai che andrà tutto bene" disse Ziva per distrarre la bambina, mentre Tony le infilava l'ago.
"Mamma..." disse sgranando gli occhi sentendo il ferro penetrarle nella pelle.
"Va tutto bene piccola mia va tutto bene..."
Appena Tony terminò e Ducky le mise un cerotto, Ziva strinse la testa della sua bambina tra le braccia.

La mattina dopo, all'NCIS, quando Ellie arrivò, trovò solo McGee.
"Buongiorno Tim..."
"Ciao Ellie. Hai visto Tony o Ziva?"
"No... Perché?"
"Stamattina ho provato a chiamarli per sapere come stesse Tony, ma non hanno risposto"
"Staranno recuperando il sonno perso, McGee" disse Gibbs entrando nello squadroom.
"Capo che abbiamo?"
"Marin morto a..."
"Gibbs!" dissero in coro, quasi urlando Abby e Palmer, entrando anch'essi nella stanza.
Gibbs si voltò a guardarli con aria di rimprovero.
"Ducky... Non risponde al telefono" disse Abby preoccupata.
"E non è a casa" terminò la frase Palmer.
"E dov'è?" chiese il capo alterandosi.
"Non lo sappiamo"

Tony, Ziva e Ducky erano in ospedale, a controllare gli esiti delle analisi, mentre i medici tenevano la piccola sotto sedativi, per prevenire ferite ai polmoni.
Stava dormendo, e Ziva era seduta sulla sua brandina, esattamente come due sere prima con Tony. Le teneva la mano, nascondendo un turbinio di emozioni.
A Tony e Ducky non fu consentito l'accesso nella sala anti-contaminazione, per sicurezza.
"Perché la Somalia continua a tormentare tutte le nostre vite?" si lasciò sfuggire involontariamente il ragazzo.
"Vedi, mio caro Anthony... Ci sono concetti che nemmeno la mente più ingegnosa può concepire se non li ha vissuti. Uno di questi è..."
"La prigionia" sospirò il ragazzo.
"No... La mancanza di libertà!" disse il dottore allontanandosi.
Ma non è la stessa cosa? Iniziò a chiedersi Tony. E invece no! Perché se sei prigioniero, vuol dire che non sei libero, ma se non sei libero, non vuol dire necessariamente che tu sia prigioniero. Ed era proprio quell'assurdo concetto a tormentare l'animo di Ziva, e a portarla al silenzio più totale. Non si è mai sentita libera, né da piccola, né da assassina, né da prigioniera. Solo da mamma! Solo quando infrangeva le regole della sua routine.

"Bishop, trovato niente?"
"No, Gibbs..."
"Gibbs" lo chiamò il direttore da sopra la scalinata con aria quasi sconcertata.
"Leon?"
"Nel mio ufficio"

"Cosa c'è?" chiese Gibbs entrando ed eludendo la segreteria.
"L'agente David mi ha telefonato"
"Dove diamine sono?"
"In ospedale!"
Gibbs inclinò leggermente il capo verso sinistra, assottigliando lo sguardo, in attesa di spiegazioni.
"Stanotte... Ariel ha avuto un attacco improvviso di tosse. Stanno facendo degli esami per accertarsi che non sia..."
"Peste polmonare..." disse Gibbs sgranando gli occhi.
Per un attimo il grande capo, difficile da far traballare, si sentì mancare. Gli sembrava di rivivere la morte di sua figlia Kelly e di Shannon. Non poteva essere vero. Doveva fermare tutto questo dolore. Non poteva permettere che la sua bambina, la sua Ziva, subisse lo stesso trattamento che tanti anni prima era stato riservato a lui.

Scese nello squadroom come un fulmine, e con uno sguardo glaciale, ordino ai suoi agenti di muoversi con lui.
"Che succede Gibbs?" chiese Ellie.
"Torniamo in ospedale"
"Tony non sta di nuovo bene? E chi la sente Abby ora?!"
"No McGee... Ariel" chiuse la conversazione il capo, mentre le porte dell'ascensore si chiudevano tra gli sguardi persi dei due agenti.
Quando l'ascensore si riaprì, davanti a loro, si presentò Parsons.
"Buongiorno" disse in tono fermo e deciso.
Gibbs lo fissò per un attimo con sospetto.
"Il direttore Vance non l'ha avvisata, Gibbs?" chiese senza il suo solito fare da saputello.
"Vuoi un invito scritto per continuare?" chiese scontrosa Ellie, precedendo il capo.
"Sono qui a sostituire DiNozzo per il tempo necessario" si fermò. Non sapeva se era il caso di avvisare la squadra, ma lo fece ugualmente. Gibbs, McGee e Bishop si stavano dirigendo verso il furgoncino, quando Parsons li fermò.
"Gibbs... Credo che tu debba sapere anche che l'agente David... Ha dato le dimissioni"
Eccolo lì. Il colpo di grazia. Era già la quarta volta che succedeva. E pensare che lui le aveva giurato che la seconda sarebbe stata l'ultima, quando il primo anno, era sospettata di omicidio nell'ascensore dell'NCIS.
Non l'avrebbe lasciata andare ancora. Si era arreso due anni prima, non l'avrebbe fatto adesso.

Quando arrivarono, Tony e Ducky stavano parlando lontani da orecchie indiscrete, mentre Ziva era nella sala anticontaminazione a guardare sua figlia dormire. Stava dicendo qualcosa, ma non si capiva bene cosa.
"Capo, vado ad avvisare Abby... Potrebbe velocizzare le analisi" disse ad un tratto McGee.

Tony, intanto, chiedeva spiegazioni a Ducky sul comportamento di Ziva, e mentre il dottore spiegava che quella ragazza celava in sé tanti segreti, che avrebbe rivelato solo quando sarebbe stata pronta, e che c'erano cose di lei, delle quali nemmeno lui, il suo confessore sapeva, rimuginava sul loro rapporto. Ormai per Tony, Zoe sembrava un ricordo lontano. Non ne parlava mai, né la telefonava. Eppure in meno di una settimana, avrebbe detto quel fatidico si.

Gibbs entrò nella stanza, osservando in silenzio Ziva. Si rese conto di quanto fosse cresciuta. Ricordava quando lei era ancora una pivella, che in campo da combattimento, faceva le scarpe a tutti i suoi agenti.
Si rese conto che quella piccola pivella, era già un'adulta dentro, ma continuava ad avere un lato bambino. Ora però, tutto questo dolore, lo stava cancellando con una gomma troppo grande anche per lui.
Si avvicinò e le mise una mano sulla spalla. Quel gesto sembrava esprimere più di mille parole, parole inutili, dette al vento, che in quei momenti servono a ben poco.

Circa mezz'ora dopo, Abby e Palmer arrivarono di corsa.
"McGee! Dov'è?" chiese la scienziata.
Tutti i componenti della squadra erano lì. Persino Parsons. Erano una famiglia. E il calore di una famiglia è l'unico che può sciogliere un destino di ghiaccio.
Tutti stavano guardando dal vetro Ziva e Ariel. Tony era isolato. Avrebbe voluto essere lì dentro, ad accarezzare sua figlia, e supportare Ziva. Ma non poteva.

"Abby hai i risultati?"
"Chiese Bishop"
"Ho spedito gli ultimi controlli al server della clinica... Dovrebbero arrivare più o meno..."
"Signor DiNozzo?" chiese il capo reparto.
Tony si girò, rivelando occhi colmi di lacrime che attendevano solo il via per poter scendere. Un via che poteva dare solo il risultato delle analisi.
"Volevamo comunicarle che..."
Il tempo sembrava essersi fermato. Si poteva percepire il battito cardiaco di ogni membro della squadra, battere all'unisono.
"Sua figlia..."

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