Quaranta

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Giorno 75 (parte 2)
29 Dicembre

ALEC

Maia fece scorrere le dita sulla mia pelle tracciando le linee scure dei miei tatuaggi, un'abitudine che non avrebbe mai perso.

Chiusi gli occhi sotto al suo tocco ed emisi un sospiro di sollievo.

Poi respirai contro il suo seno e mi sembrò di morire tante volte. Era che il cuore mi batteva talmente forte che sarebbe potuto scoppiare da un momento all'altro, e io non avevo pensato che sarebbe mai stato capace di battere così forte per una ragazzina come lei.

La schiacciai con il mio peso e le rimasi dentro, le sue gambe ancora allacciate alla mia vita. Né io né lei volevamo dividerci, il tempo si era fermato lì con noi che ci riempivamo il cuore a vicenda.

Maia si rigirò fra le dita la mia catenina d'oro e sfiorò la cicatrice vicino alla giugulare.

«Come te la sei fatta?» sussurrò.

Mi alzai dal suo corpo e mi sdraiai al suo fianco, la mia schiena era a contato con il legno, non la volevo più guardare negli occhi.

«Ero in una discoteca a Ischia, avevo quindici anni. Ad un certo punto un ragazzo del posto toccò il culo alla ragazza di uno dei miei amici, che si incazzò parecchio. Lo minacciarono più volte ma lui non voleva farsi indietro, non voleva abbassare lo sguardo, continuava a sfidarci, a prendersi gioco di noi» presi un lungo respiro.

«Allora preso dalla rabbia mi feci spazio fra la folla, che aveva formato un cerchio attorno alla pista e mi avvicinai al ragazzo, lui tirò fuori un coltellino e mi tagliò nel punto in cui adesso c'è quella cicatrice»

Mi fermai, il finale non lo volevo raccontare. Mai più, mi ripetei, mai più.

«Mex?»

«Dimmi» chiusi gli occhi ed iniziai ad immaginarmi la prossima domanda. Il legno sotto di me non era più scomodo dei dubbi che le si erano infiltrati nella testa.

Avevo aspettato questo momento per troppo tempo, quello in cui avrei potuto scrollarmi un po' di polvere di dosso e sperare di non accecare chi mi stava di fronte. Ci ero già passato durante i mille colloqui di lavoro, i processi in tribunale, i colloqui con i Carabinieri, la Finanza e la DCSA, Direzione centrale per i servizi antidroga. La naturale ansia da giudizio mi aveva insegnato ad osservare bene lo sguardo di coloro che stavano per venire a conoscenza della mia celeberrima biografia, avevo imparato a riconoscere quanto delinquente apparissi ai loro occhi.

Siamo vicini, è quasi finita. Adesso devo dirle tutto e aspettare le conseguenze. Posso far finta di essere pronto o non esserlo e basta.

«Eri importante tu, non è vero?»

Continuai a guardare le travi sul soffitto «Sì, è vero»

«E tuo padre pure»

«Hai già tutte le risposte che ti servono, Maia»

Mi alzai e mi rivestii, come se lei non mi stesse spogliando di nuovo.

«E invece no» disse afferrando una coperta e avvolgendosela attorno alle spalle.

Mi sedetti sul divano di pelle marrone e appoggiai la testa fra le mani.

«Posso anche fermarmi qui, non ho bisogno di sapere altro, possiamo continuare così e non cambierebbe un cazzo»

«E allora perché vuoi che ti racconti altro?»

«Perché io voglio te!» urlò.

«Ed è esattamente quello che hai» risposi deciso.

ADESSO CHE NON CI SEIWhere stories live. Discover now