17: in cui si entra nella tana del leone

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Era un incubo.

Era un incubo da cui sembrava impossibile risvegliarsi.

Kim avrebbe voluto piangere, stringersi la pancia fino a sentire le unghie affondare nelle viscere, vomitare tutta la disperazione che sentiva pesare come un pranzo luculliano non digerito sul suo stomaco.

Ogni cosa appariva totalmente irreale, ma tutto aveva assunto una sfumatura di incondizionata devastazione nel momento in cui era stato chiaro che nessuno avrebbe creduto a quanto successo.

Kim lo aveva capito subito, non appena era stata libera di correre verso la tenda scoperchiata, in cui Ginevra e Tiziana avevano appena ripreso conoscenza. Aveva urlato il nome di Jozefien, gettandosi in quella che non era neanche più una buca ma una semplice cunetta, dentro cui la sua fidanzata era scomparsa, e scavando con le mani come se da un momento all'altro avrebbe potuto trovare un braccio o il suo viso.

"Kim... Kim, tesoro, cosa stai facendo?" le aveva domandato sconvolta Ginevra, tendendosi verso di lei, anche se traballante e con gli occhi rossi a causa del fumo. "Cosa stai cercando?".

"Jo è sparita!" aveva urlato lei, gettando sabbia in ogni direzione, graffiandosi le dita a causa della frizione. "Si è preso Jo!".

Si era messa a urlare parole sconnesse in vietnamita e aveva cercato di liberarsi dalle braccia della donna, quando quella aveva tentato di tirarla in piedi.

"Chi?".

"Al-Azar! Non è umano! Ha preso Jo! È... è scomparsa nella sabbia e lui è diventato una lingua di fuoco e...".

Era stata interrotta nel suo delirio dall'arrivo di Tiziana.

"Dov'è Dariush? Che fine ha fatto?" aveva chiesto, guardandosi attorno immusonita. Era la goccia che aveva fatto traboccare il vaso della pazienza di Kim. Aveva iniziato a urlare dalla frustrazione, dicendo alle due che sarebbero dovute andare immediatamente a cercare Jozefien tra le grinfie di quello psicopatico soprannaturale, ma Ginevra, finalmente ripresasi, aveva tentato di calmarla e di ricondurla alla ragione.

"Quello che dici non ha alcun senso, cara. Forse hai preso un colpo di calore".

"No! Non ho preso nessun colpo! Al-Azar ha preso Jo, perché non è umano e neanche i suoi servi lo sono!".

Era stata puntualmente smentita dall'arrivo di una trafelata cameriera in camicetta pervinca, proveniente da una delle jeep. Si era scusata per l'inconveniente, spiegando che non avevano previsto una tempesta di sabbia, che la giovane signorina Dreyer si era sentita male e il signor Dariush l'aveva accompagnata rapidamente all'ospedale più vicino. Kim non si era bevuta una singola parola, ma Ginevra e Tiziana sì. La prima si era portata una mano al petto, aveva sorriso e con sollievo detto: "Visto, Kim? Nulla di strano o di non umano. Ora torniamo in città e andiamo a cercare Jozefien all'ospedale".

Kim aveva fissato la cameriera, quasi aspettandosi che mutasse in polvere davanti ai suoi occhi, ma la ragazza si era limitata a contraccambiare il suo sguardo, impassibile, quasi interrogativa. Si era detta che, qualsiasi cosa fosse, era stata sicuramente ben addestrata. Per un secondo aveva pensato di gettarsi su di lei, sbatterla a terra e cercare il modo di farla confessare, ma il pallido ricordo della ragione le aveva bisbigliato che così facendo avrebbe perso anche quel minimo di appoggio che Ginevra avrebbe saputo concederle, ancora.

Così era stata zitta e si era lasciata caricare sulla dune bashing, cercando disperatamente di fare il punto della situazione.

Nessuno le avrebbe creduto se avesse ripetuto per l'ennesima volta la verità. Nessuno l'avrebbe aiutata contro Al-Azar, non solo perché non era umano ma anche e soprattutto perché era un individuo ricco e potente, la cui parola aveva infinitamente più valore della sua. Con la testa tra le mani e un dolore accecante al centro del petto aveva cercato una soluzione a quell'incubo. Perché si era preso Jo? Cosa ne voleva fare? Perché proprio lei?

La sposa del fuocoWhere stories live. Discover now