90. Oggi - Verso sera

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Minerva Mac Gonagall guardava pensosamente il giardino del castello. Era preside ormai da tanto tempo e pian piano aveva perduto quell'angosciante senso di incertezza, per il dover succedere a un mago grande come Albus Dumbledore. Ma ora quel senso di inadeguatezza era tornato a pungerla, nelle ore serali, come una noiosa zanzara in una notte d'agosto. Le dita, sottili e nodose, sfioravano con leggerezza il magnifico gioiello che aveva al collo: di piccole dimensioni, discreto ma finemente lavorato, il ciondolo della fenice che le avevano regalato non era solo un ricordo, ma anche un modo di dire a sé stessa che sapeva ancora comprendere l'animo umano e che scommettere sulla bontà intravista nello sguardo di un ragazzo significava dar futuro a un uomo o una donna dall'animo pulito come il cielo d'estate; le ricordava che aveva avuto il coraggio di scegliere quei ragazzi andando oltre il pregiudizio. Ragazzi...forse quel termine non era più adatto, si trovò a pensare. Erano uomini e donne, ormai! Sospirò.

Aveva, per consentirgli di condurre l'interrogatorio, ceduto l'ufficio di presidenza a Harry Potter; Daphne Greengrass era arrivata a Hogwarts scortata dall'Auror e dalla famiglia Tonks: Andromeda e suo nipote Teddy.

Il bel metamorphomagus era stato una spina nel fianco del corpo insegnante durante tutto il suo periodo a Hogwarts, probabilmente impegnato, con il suo solo comportamento, a rievocare le gesta del padre e dei suoi amici messi insieme; decisamente fin troppo popolare tra le ragazze, era tuttavia uno studente brillante e immaginava per lui un futuro pieno di successi. Sua nonna era fiera di lui e piuttosto indifferente ai problemi disciplinari di cui gli insegnanti talvolta si lamentavano. Sorrise al ricordo dei loro ultimi incontri: era ora di rivedere una vecchia amica, si disse e decise di lasciare la sua stanza, per andare a trovare Andromeda Black.

***

Draco e Hermione erano in camera. Harry l'aveva invitata a prendersi una lunga pausa: l'interrogatorio di Daphne, o meglio, il suo lungo racconto, aveva messo a dura prova il sangue freddo della donna e del suo caposquadra. Hermione era entrata nell'aula di divinazione, con l'espressione vuota e le gambe pesanti come piombo, calamitando lo sguardo del marito. Harry era rimasto in presidenza, solo, con la testa fra le mani: al dolore di ascoltare la follia del suo vecchio amico, si univa il timore di affrontare il discorso con Ginny.

Nel frattempo, Blaise e Susan si erano offerti di prelevare i ricordi da Daphne Greengrass. La donna era visibilmente scossa.

Susan era silenziosa: capiva di essere meno coinvolta emotivamente dalla colpevolezza di Ronald Weasley e dalle responsabilità di Daphne nella vicenda, ma nonostante tutto aveva un peso sul cuore. La gelosia la rodeva, di nuovo, a causa delle parole beffarde che la bionda serpeverde le aveva rivolto in precedenza e dalla cortesia che il suo compagno le riservava, nonostante tutto.

Blaise Zabini la osservava: il tarlo che le vedeva negli occhi gli era ben conosciuto, dopo averla amata per tanto tempo senza alcuna speranza.

Finito di imbottigliare l'ultimo ricordo, chiese a Michael Corner di scortare Daphne in una stanza sicura; non era in stato di arresto, per il momento, ma gli Auror ritenevano opportuno limitarne la libertà e sequestrarle temporaneamente la bacchetta: l'amore che provava verso Weasley avrebbe potuto portarla a commettere qualche sciocchezza.

- Susy, per favore, vieni con me. – le chiese.

Susy, non Giglio, e la donna sentì chiaramente la differenza. Uscirono insieme sul balcone, e lui la strinse a sé, con delicatezza.

- Susy. Sei l'amore, piccola Susy. Se il pensatoio mostrasse il cuore, invece dei ricordi, ti mostrerei il mio. – le mormorò, sfiorando i capelli con le labbra, dolce come non si era mai mostrato con nessuna.

La tenne a lungo stretta, finché il tramonto non appose la sua firma sulle storie di quella giornata, consegnando la penna alla notte.

Il ritorno della FeniceWhere stories live. Discover now