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John era da solo nella sua stanza preferita, in camera sua ma, da una decina di ore non lo era più, perché la sua amata Rachel era finalmente a casa sua, in taverna, cantina, che lo stava aspettando.

Si stiracchiò le gambe e le braccia comodamente sdraiato sul suo letto, sotto al soffice piumone azzurro, pensando che quello sarebbe stato un giorno memorabile, un giorno che sarebbe passato alla storia.

Sua madre e suo padre erano partiti per una vacanza in Inghilterra, a Londra per la precisione, per rimembrare l'anniversario del loro amore e non sarebbero tornati prima di una settimana, quindi lo avevano lasciato libero di fare quello che voleva essendo figlio unico e per giunta viziato, non facendogli mancare nulla.

E la loro assenza lo aveva convinto che fosse il momento giusto, quello propizio per invitare Rachel in casa sua.

Guardò l'ora sull'orologio sveglia che stava sul suo comodino che segnava le dieci del mattino e si convinse che era l'ora giusta per andare a trovare la sua amata che lo stava aspettando già dalla sera prima. Dalle undici per la precisione, in quella taverna che la sua famiglia utilizzava come disimpegno per mettere attrezzi e qualunque altro oggetto che non servisse tutti i giorni.

Scostò il morbido piumone azzurro e si alzò lentamente mettendo giù un piede e poi l'altro sul pavimento caldo. Si guardò attorno e decise di vestirsi con gli stessi abiti della sera prima. Ossia blujeans e una felpa nera con lo stemma, il teschio di The Punischer, un film che lo aveva letteralmente catturato.

Infilò un paio di ciabatte e senza indossare calze uscì dalla sua camera con il sorriso sul volto, pregustando già quello che avrebbero condiviso i due nuovi amanti tra pochi minuti.

Scese al piano di sotto, aprì il frigo e prese una bottiglia di tetrapack, di succo di frutta all'albicocca e senza usare alcun bicchiere si disseto direttamente dal collo della stessa.

Poi aprì l'anta delle merendine e frugando tra le varie scatole aperte ne prese una, al gusto di cannella e la mangiò senza sedersi, sentendosi euforico e carico come una molla.

Sempre con il sorriso sulle labbra diede un nuovo sorso alla bottiglia di succo di frutta e solo dopo aver digerito, si decise che era arrivato il momento di lasciarsi andare con Rachel e dare sfogo alle sue fantasie.

Si mise dritto con la schiena e solo dopo aver preso un profondo respiro aprì la porta che lo avrebbe portato in cantina, nel locale sotterraneo.

Accese la luce delle scale e scese lentamente e quando arrivò in fondo, girato l'angolo, vide la sua amata in tutto il suo splendore.

Rachel con una ballbag sulla bocca, incatenata al soffitto per le braccia da una solida catena, come vide l'ombra del suo rapitore tornò a versare lacrime amare, perché stava soffrendo in silenzio e non era riuscita a liberarsi in alcun modo da quella infame costrizione a cui lui l'aveva sottoposta.

Era ancora vestita come la sera prima in jeans neri e maglione rosa pallido ed ai piedi aveva le sue adidas bianche quasi nuove comprate il mese prima.

Con gli occhi lo supplico di lasciarla andare anche se sapeva che era tutto inutile. Ma qualcosa doveva pur fare, non poteva rimanere appesa come un salame senza tentare la carta della disperazione, anche se aveva un leggero mal di testa.

Lui premendo l'interruttore accese la luce della stanza anche se non era del tutto necessario, dato che dalla bocca di lupo filtrava comunque una buona dose di luce che rischiarava la cantina a sufficienza, ma voleva vederci meglio, voleva poter ammirare la sua amata e bramarne ogni sua curva.

Si avvicinò silenzioso osservando il suo operato, sentendosi compiaciuto per come l'aveva appesa, osservando che la ragazza ventitreenne poggiava solamente con una parte delle scarpe sul pavimento, con le sole punte, mentre il tallone era sospeso a pochi centimetri dal pavimento e questo l'aveva portata a soffrire ancora di più non potendo posare tutto il suo peso sull'intero piede.

Sottomessa per sempreWhere stories live. Discover now