Capitolo undici.

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N.B. la storia non è mia, io mi limito solo e unicamente a pubblicarla 

Ice on fire

capitolo 11

Iniziai a correre. Non mi importava della strada, dei semafori rossi.. i singhiozzi di Harry mi risuonavano ancora nelle orecchie. Cercavo di non pensare alle peggiori delle ipotesi, il solo pensiero mi metteva i brividi, mi spezzava il cuore. Adele non poteva essere morta. Non così, non adesso. Doveva vedere suo figlio diventare l'uomo che aveva sempre sognato di essere, doveva vederlo su un altare accanto alla donna amata, vederlo giocare con i suoi figli, vederlo commettere degli errori come genitore, consolarlo. No, non poteva morire adesso. Non mentre io me ne stavo tra le braccia di un altro ragazzo senza pensare niente, non durante quello stupidissimo ballo, non poteva andarsene senza averle detto quanto le voglio bene, quanto mi è stata vicina, quanto mi stia a cuore.
Posteggiai frettolosamente e scesi dalla macchina, correndo verso il pronto soccorso. Tra i corridoi la gente mi lanciava strane occhiate. Sembravo uscita da una serata di gala e molti si chiedevano se non avessi sbagliato posto.
«Adele William.» dissi all'infermiera.
«E' una parente?» mi chiese.
«Una specie.»
«In fondo a sinistra.»
Neanche la ringraziai. Ripresi a correre, quasi scivolavo su i tacchi, e poi intravidi Harry da lontano. Seduto, con il viso nascosto tra le mani.
«Harry!» lo chiamai.
Alzò la testa, distrutto. Aveva gli occhi gonfi per quanto aveva pianto, lo sguardo perso nel vuoto.
«Hannah!»
Si alzò in piedi e mi fiondai tra le sue braccia, stringendolo.
«Che è successo?» chiesi allarmata.
«Ero uscito un attimo e quando sono tornato l'ho trovata a terra..»
«E dove te ne eri andato?» lo ammonii.
«Dove credi che me ne sia andato?» si difese lui.
«Non lo so Harry, - continuai – tu lo sai dove te ne vai.»
«Era una cosa importante Hannah!» iniziò ad alzare la voce.
«E ti giustifica nell'averla lasciata sola?» alzai la voce anche io.
«Ragazzi, - ci riprese un'infermiera – ci sono persone che stanno male qui.»
«Scusa.» rispondemmo all'unisono.
Aveva gli occhi pieni di rabbia e forse avevo esagerato ma non sopportavo l'idea che avesse lasciato sua madre da sola per fare i suoi comodi. Adele aveva bisogno di attenzioni continue.
«Harry?» un dottore apparse alle mie spalle.
«Come sta?» Harry mi superò e io mi voltai.
«E' di là che sta riposando, - continuò il medico – la teniamo qui per qualche giorno, ha avuto un'insufficienza cardiaca.»
«Come un'insufficienza cardiaca?» chiese Harry, stringendo i pugni.
«Harry tua mamma sta male purtroppo e ha bisogno di continue attenzioni.»
Vidi le nocche diventargli rossissime ed ebbi come l'impressione che volesse prendere a pugni qualcosa.
«Possiamo vederla?» Istintivamente gli presi la mano sciogliendo la tensione e mi intromisi.
«Solo uno di voi, - disse – e per qualche minuto.»
Se ne andò dando le ultime raccomandazioni, dando ad Harry una pacca sulla spalla. Non doveva svegliarla per nessun motivo, fare meno rumore possibile, aveva bisogno di riposare.
«Ti aspetto qui.» dissi a un tratto, stringendogli la mano e mettendomi seduta.
Harry mi guardò amareggiato e lo vidi sparire dentro la stanza.
Lo aspettai su quella sedia, mentre mi fissavo le mani e contorcevo le dita. Per un attimo avevo avuto davvero paura. Per un attimo pensai che Adele ci avesse seriamente lasciati. Non so se Harry l'avrebbe mai sopportato. Aveva già dovuto subire il fatto che suo padre se ne sia andato, non so se avrebbe mai retto la morte della madre. Quando si è costretti a subire la morte di una persona cara si hanno due soluzioni: o si diventa più forti, o si perde completamente la strada. E avevo paura che ad Harry succedesse la seconda. Era sempre stato una testa calda, non dimostrava mai ciò che provava e non l'avevo mai visto veramente piangere. Il suo lato sdolcinato lo teneva nascosto, però dimostravo il suo affetto in altro modo.
«Sembra stare bene..» la sua voce mi riportò alla realtà.
Era appena uscito dalla stanza, mani in tasca e l'espressione stanca.
«Mi dispiace per prima, - dissi alzandomi – era inappropriato.»
«Hannah, - mi riprese lui – non mi vedo con qualcuno in particolare, tutto ciò che faccio lo faccio per lei, ti prego credimi.»
«Ti credo, - dissi – però prometti che mi spiegherai tutto.»
«Più cocciuta di un mulo.»
«Ho avuto un ottimo rivale.» lo spinsi scherzosamente e risi.
Percorremmo il corridoio dell'ospedale, superando stanze in cui intravedevo gente con gambe ingessate, teste spaccate, sangue ovunque. Non avrei mai potuto fare il medico. Troppo sangue, troppo dolore.
«Mi dispiace averti portata via dal ballo, - disse a un tratto – sei bellissima.»
«Grazie.» arrossii e arrivammo alla macchina.
«Liam non deve esserne stato molto entusiasta.» scherzò, salendo al posto guida.
«Non ho avuto molto tempo per accorgermene.»
Salii anche io dal lato passeggero ed Harry mise in moto. Per tutto il tragitto ospedale-casa nessuno osò proferire parola. Pioveva appena e la radio trasmettevaSkinny love di Birdy. Io guardavo la strada che a poco a poco ci lasciavamo alle spalle e le piccole goccioline che si appoggiavano sul finestrino. Da piccola io e mio fratello ne sceglievamo due e facevamo il tifo per quella che arrivava prima alla fine. Bambini. Quando invece arrivammo di fronte casa di Harry, spense il motore e rimase lì, in silenzio.
«Tua mamma si riprenderà.» dissi. Quel silenzio mi stava uccidendo.
«Lo spero.»
«Vuoi che rimanga con te? - gli chiesi – Posso farti compagnia fino a una certa ora, magari mangiamo qualcosa oppure possiamo abbrustolire i marshmallow sul fuoco come quando eravamo piccoli.» sorrisi.
«Hannh, dovresti tornare da Liam, - disse a un tratto – ti starà aspettando.»
Eccolo.
Sempre il solito vecchio Harry.
Più cercavo di avvicinarmi, di riprendere un qualche tipo di rapporto e più lui mi spingeva tra le braccia di Liam. Era come essere sulle montagne russe. Continui alti e bassi. Momenti in cui arriviamo al massimo della dolcezza e momenti in cui c'è freddezza assoluta. Non mi permetteva di guardargli dentro, di vedere qualche sua debolezza, di consolarlo, di stargli accanto. Era come se preferisse starsene da solo. Soffrire in solitudine.
«Certo, - dissi – come preferisci tu Harry.»
«E' meglio così.»
Ero stanca di sentirmi dire “e' meglio così”. Che ne sapevano gli altri di cosa era meglio per me? Cosa volevo io non contava?
«Dovresti scendere dalla macchina allora.» dissi, fredda.
Harry aprì la portiera, rimase per qualche secondo a fissare il volante come se volesse dire ancora qualcosa ma poi scese dall'auto e lo vidi camminare verso casa. Sentii gli occhi pizzicarmi, ma lottai con tutta me stessa, senza permettere alle lacrime di scendere. Ero delusa perchè cercavo di fare di tutto per tendergli una mano, ma lui continuava a respingerla e mi teneva distante. Era come se ogni passo in avanti, ne facessimo tre indietro. Sempre sulla stessa linea. Misi in moto con quei pensieri in testa, con l'immagine di Adele su un letto di ospedale nella mente. Troppe emozioni in una sola serata. E adesso mi toccava il compito più difficile: dare una spiegazione a Liam. Posteggiai di fronte scuola e lo trovai seduto su i gradini dell'entrata. Non era molto tardi e la gente dentro continuava a ballare, ma lui se ne stava lì, con il mente poggiato sulle mani.
«Sei rimasto tutto il tempo qui?» gli chiesi.
«Speravo tornassi, - disse – non ci contavo.»
«Sono piena di sorprese.» mi sedetti vicino a lui, sorridendogli.
«Harry sta bene?» mi chiese.
«Si riprenderà.»
«E tu come stai?»
«Adesso bene, - alzai il viso per guardare le stelle – molto bene.»
«Hannah, - Liam mi richiamò e lo guardai – sai bene cosa provo per te e io so cosa tu provi per Harry, per questo voglio che tu ti prenda tutto il tempo di cui hai bisogno per capire cosa vuoi.. io starò qui ad aspettarti.»
Rimasi a fissare i suoi occhi, luccicanti per via della luce della luna. Da dentro sentivo le parole di Time after time e sentii un brivido lungo la schiena e le guance andarmi a fuoco.
«Non credo tu debba aspettare molto.» sorrisi e Liam mi prese una mano e me la strinse.
Sentivo la canzone che continuava a suonare in palestra e senza pensarci mi alzai, sistemandomi il vestito.
«Ti va di ballare Payne?» gli chiesi.
«Certo, Tomlinson.»
Liam afferrò la mia mano e andammo verso l'entrata, stringendoci in un ballo che ci trasportava in un mondo diverso, in un momento solo nostro. C'eravamo solo io e lui.

Ice on Fire :: hes  {in correzione}Where stories live. Discover now