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Le settimane passarono veloci, dopo tanto tempo Han aveva preso a mangiare con regolarità, rigettando sempre le medicine, ma si sentiva bene. Bene come non ricordava da tempo. Attendeva quasi con ansia la visita del dottore, ora parlava anche più volentieri con lui, e poi dopo la visita quest'ultimo lo accompagnava nell'aula di musica e lo ascoltava suonare.

Quella mattina, come tutti i giorni, dopo aver parlato per un po', Minho lo accompagnò nell'aula. Si sedette su una delle poltrone, vicino al pianoforte.

Osservò Han suonare ancora e ancora, mentre sorrideva felice.

"Non credo ci sia cosa più bella di vederti sorridere" si lasciò sfuggire serio, poggiando le mani sulle gambe, osservando la sua reazione.

Han sorrise dolcemente, guardandolo negli occhi: "Bisogna essere coraggiosi e anche un po' folli per aprire il proprio cuore e donarlo a qualcuno"

Minho rimase spiazzato, capendo perfettamente a cosa alludesse.

"Noi siamo come alice e il cappellaio. Due mondi troppo distanti" Aggiunse osservando i tasti lucidi

"Ma noi siamo qui, e questo non è sogno, né una favola" Disse alzandosi.

Appoggiò una mano su quella piccola e curata del giovane, accarezzandone il dorso, liscio e morbido.

"Se ora mi baci, tutto sarà più complicato" Sussurrò quando il corvino avvicinò il volto al suo.

"Ho sempre avuto un debole per le cose impossibili" rispose appoggiando delicatamente le labbra sulle sue, assaggiando finalmente quelle labbra che aveva tanto bramato nei suoi sogni più intimi.

Aveva avuto paura, pensava che Han lo avrebbe rifiutato, ma non fu così. Sentì ricambiare timidamente il bacio, assaggiando le labbra dolci e leggermente secche.

"Posso abbracciarti?" Chiese staccandosi lentamente da lui, quando annuì, lo strinse piano tra le sue braccia, attirandolo contro il suo petto, cercando di nuovo le suo piccole e innocenti labbra.

Quando lo baciava, sentiva tutto il resto perdere di significato, tutto quello in cui aveva creduto. Al diavolo anche l'etica.

Han, dal canto suo, si era sentito travolgere dalla prima volta che il maggiore lo aveva sfiorato. E ora finalmente si sentiva amato, protetto tra quelle possenti e gentili braccia.

Rimasero in quella posizione per un po', respirando i loro profumi. Minho profumava di bucato fresco, e Han aveva un aroma dolce nonostante il luogo in cui vivesse.

"Devo riaccompagnarti, Alice" Sussurrò al suo orecchio

"Ti ho detto di non chiamarmi Alice!" sbottò irritato, facendo ridacchiare il corvino che ancora lo teneva stretto.

"Perché?" - "Tu sei la mia Alice, ed io il tuo cappellaio matto" Continuò accarezzandogli una guancia, perdendosi nei suoi occhi.

"Qui il matto sono io" Ribatté a voce bassa.

"Sappiamo entrambi che non è così" - "E poi, sei stato tu a dire che il cappellaio diventò matto, ma di lei"

Han si lasciò sfuggire un sospiro, socchiudendo gli occhi. Le gote deliziosamente arrossate per la confessione del corvino.

"Sei tutto ciò che va contro la mia etica, eppure non posso e non voglio starti lontano"

"Dovresti invece, a stare con i pazzi lo si diventa"

"Non lo sai? I pazzi sono i migliori"

Ventuno Where stories live. Discover now