Capitolo 40 - Meditare mortem -

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"Qui hoc dicit meditari libertatem iubet. Qui mori didicit servire dedidicit; supra omnem potentiam est, certe extra omnem. Quid ad illum carcer et custodia et claustra? liberum ostium habet. Una est catena quae nos alligatos tenet, amor vitae, qui ut non est abiciendus, ita minuendus est, ut si quando res exiget, nihil nos detineat nec impediat quominus parati simus quod quandoque faciendum est statim facere".
Seneca, Epistulae ad Lucilium, XXVI

Baia, 15 aprile 65

- Allora, tutto pronto per il piano?! - chiese Gaio Calpurnio Pisone, entrando nella stanza dove vi era il prefetto Fenio Rufo, insieme ad altri volti più o meno noti.

- Mancano solo alcuni dettagli e per Nerone sarà la fine! - emise il prefetto del Pretorio stringendo il pugno con rabbia - Pagherà per le umiliazioni che ho dovuto subire, a causa di quel maledetto Tigellino! - aggiunse sempre più furioso. Il solo pronunciare il nome del collega gli faceva ribollire il sangue nelle vene.

- Si, si - disse Pisone cercando di acquietarlo, gli diede una pacca sulla spalla, sfoggiò un falso sorriso - Io parteciperò alla congiura, anzi sarò uno dei capi, ma non dimenticatevi di indicare come suo successore me! - confessò il politico affabilmente, certo del consenso che stava riscuotendo tra il popolo - E voi sarete il mio consigliere più fidato, vi coprirò di ricchezze, di onori, vi ricompenserò dall'ingratitudine di Nerone

Fenio Rufo già assaporava quel momento e senza esitare accettò la "modesta" proposta del cinico politico - Non lo dimenticherò affatto, Pisone - disse il prefetto sorridendo malignamente. Sentiva che il piano avrebbe funzionato, anche perché sapeva che nessuno sopportava l'imperatore: il malcontento si era ormai fatto strada in ogni angolo dell'Impero.

- Avete già scelto il momento in cui colpire? - domandò Pisone sdraiandosi sul triclinio, pronto ad ascoltarlo.

- Si, durante le feste in onore di Cerere, al Circo Massimo - rispose il prefetto con prontezza.

- Mi sembra il momento perfetto, conoscendo poi la fissa dell'imperatore per gli spettacoli teatrali e le corse delle bighe, penso che sia uno scenario azzeccato per un istrione come lui! - ridacchiò il politico, convinto anch'egli della sua riuscita.

Anzio, 17 aprile

Nerone era sdraiato sul suo triclinio, con la cetra in mano e circondato da alcune belle donne che lo lusingavano e lo servivano. Aveva capito che essere sempre disponibili con il popolo non era servito a nulla, per questo, decise di dedicarsi solo ed esclusivamente a se stesso.

Il dolore per la morte della moglie gli aveva fatto perdere del tutto la voglia di dedicarsi all'Impero come aveva fatto fino ad allora "A che serve poi? A generare calunnie!" si disse il Princeps mentre accarezzava una delle liberte che lo coccolavano. "Adesso avranno motivi validi per considerarmi un tiranno crudele e dissolutore".

Qualcuno bussò alla porta - Chi è? - chiese sbuffando l'imperatore - Spero che non siate venuto qui a vuoto, chiunque voi siate!

- Sono io, mio imperatore - disse Locusta da dietro la porta.

- Ah, Locusta, siete voi! - esclamò Nerone con il volto illuminato; il suo affetto per lei non era scemato, anzi, lei era sempre in un angolo del suo cuore - Prego, entrate pure...

Locusta Onde histórias criam vida. Descubra agora