37: Una voce

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-Quindi, da quanti anni vivete qui?-

Darfel era seduto nel giardino di Artalis, e stava sorseggiando una bevanda calda che la gnoma gli aveva offerto. Era tutto talmente calmo, intorno a lui, che credeva a stento di aver appena salutato degli amici che andavano a combattere: gli alberi che li circondavano sembravano separarli dal mondo esterno, dalle strade poco distanti e dalla città.

Artalis viveva in una casa splendida, e Darfel, in un'occasione più normale, avrebbe decisamente apprezzato quella nuova sistemazione: i mobili di legno, le finestre ampie e luminose, il parco giochi dei bambini, erano solo alcune delle cose che il suo occhio si rallegrava a guardare. Ma l'angoscia che lo opprimeva, in quel momento,  gli impediva  del tutto di rilassarsi: come se la stavano passando gli altri? Erano arrivati al castello, stavano bene? Si era rassegnato a non seguirli soltanto perché l'espressione di Faolan era stata fin troppo disperata e convincente, ma non poteva certo non provare rimorso.

Nonostante la preoccupazione, Darfel si stava comunque sforzando di chiacchierare con la donna che lo stava ospitando, un po' per distrarsi, ma soprattutto per riconoscenza: non era certo da tutti accogliere in casa un ragazzo estraneo, essere gentile con lei gli sembrava il minimo.

-Ci siamo trasferiti qua quando abbiamo comprato il ristorante.- rispose Artalis, con un sorriso gioviale. -Io in realtà vengo da una delle province sotterranee, Shelak. Non so se la conosci.-

Darfel pensò per un attimo a quelle città, luoghi delle Terre di Alaron che una volta aveva esplorato per una missione: là la luce arrivava sempre a fatica, e c'era sempre freddo. Erano posti dove solitamente si trasferiva chi voleva stare in un ambiente tranquillo e silenzioso. Faceva fatica ad immaginare Artalis, che spesso aveva visto lavorare vivacemente nel suo ristorante e parlare con tante persone, a  vivere in un posto del genere.

-Sì, sono stato là per lavoro!- replicò Darfel, dondolandosi appena sulla sedia. 

-Preferisco stare in città e avere il mio giardino. Anche mio marito preferisce vivere qua: lui è un fosfos, stare con poca luce non gli fa certo bene.-, aggiunse Artalis, mentre si guardava intorno. -E volevo che anche i miei figli vedessero più colori.-

-Hai due bambine, giusto?- , domandò Darfel, e poco dopo pensò ad Akùr. Anche lui era suo figlio, Faolan gli aveva detto che Artalis lo aveva adottato tanti anni prima. Ma non sapeva se fosse il caso di parlare di lui, in quel momento. Akùr se n'era andato, aveva seguito Grevor e Artalis non sapeva neppure dove fosse.  Non voleva certo addolorarla ulteriormente, riportandoglielo alla mente.

-Sì, Ellyma e Yula.- asserì Artalis, con un sorriso, prima di incupirsi . -Oltre ad Akùr. Alle bimbe manca così tanto che non so più cosa dirgli, ma sono troppo piccole per capire la verità.-

Darfel stava giusto pensando a come rispondere, quando la donna continuò il discorso, le parole che sembravano non riuscire a fermarsi.

-La verità,  poi..- sospirò Artalis, scuotendo il capo. -..non so neanche quale sia. Continuo a chiedermi perché Akùr abbia deciso di seguire Grevor, dopo che abbiamo scoperto cos'ha fatto. Akùr manca anche a me, sai. Anche se si sta comportando male.-

-Lo immagino. Insomma..è tuo figlio.- convenne Darfel, comprensivo, mettendo per un istante da parte il pensiero che non era così scontato che a un genitore mancasse un figlio. I suoi genitori pensavano a lui, di tanto in tanto? Si erano sentiti in colpa per quello che avevano fatto, oppure credevano ancora che lasciare un ragazzo in mezzo al deserto fosse un atto crudele ma necessario? Probabilmente, non lo avrebbe mai scoperto.

Artalis, però, in quel momento gli sembrava l'opposto dei suoi genitori: la preoccupazione per suo figlio sovrastava ogni tipo di rabbia, glielo si leggeva negli occhi lucidi.

SILVER SOUL 2 (Fire Flakes)Where stories live. Discover now