28. Passeggiata notturna

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24 Dicembre, ore 03:22.
Tana.

Picchietto forte l'indice contro il vetro freddo della finestra, senza che James — indecente con quel pigiama rosso e gli occhiali storti sulla faccia, nella tipica posizione obliqua da: ho appena fatto a cuscinate con il mio migliore amico e le piume che ho in mezzo hai capelli ne sono la prova — si accorga della qui presente Rose Weasley, impegnata a fissare le stelle nella speranza di riuscire ad addormentarsi. James immerge i piedi nella neve allontanandosi frettolosamente dalla motocicletta volante perfettamente riparata, nascosta e coperta sotto ad un telo logoro dietro al pollaio.

«Piantala...» quello che sento è un borbottio particolarmente irritato, provenire dalla parte di materasso in cui, avvolta nel piumone azzurro come un involtino, dovrebbe esserci Dominique. «Rumore... fastidioso» si, quell'ammasso di roba informe non è altro che la mia migliore amica, nota per la sua incapacità di connettere il cervello e formulare frasi che abbiano senso compiuto prima di mezzogiorno.

«Vaffanculo. Entrambe» I ricci scuri di Roxanne balzano in alto scompigliati, quando lei si affretta a ficcare con rabbia la testa sotto ad un cuscino.

«Se iniziate a litigare, vi uccido» Alice sfoggia il tono più pacato e addormentato del suo repertorio, prima di crollare nuovamente nel mondo dei sogni.

Le ignoro, decidendo di tornare a guardare fuori dalla finestra, anche perché fissare con un sopracciglio inarcato le coperte aggrovigliate dalle quali sbucano solo i piedi bianchi di Dom, non serve a niente. Loro non possono vedermi e di conseguenza non possono rabbrividire davanti alla mia occhiata scettica e raggelante.

Raggelante quasi quanto osservare la neve che scende fioca, in piedi, nel bel mezzo della propria stanza, coperti solo da un misero pigiama di cotone. E scettica, come la me sedicenne adesso perfettamente consapevole di essere attratta da Scorpius Malfoy, nonché stupida, stupidissima, causa della mia insonnia.

Se non fosse per lui ed i suoi dannati capelli catarifrangenti, ora potrei essere tra le braccia di Morfeo.

O tra le sue, di braccia...

Liberare la mente da tutti vi pensieri. Ecco quello che devo fare, diciamo, immediatamente. Collaudare una motocicletta, a mio rischio e pericolo, prima di offrirla in regalo a zio Harry, mi pare perfetto per il mio intento e, nell'estremo caso in cui non dovessi riuscire a resettare il cervello, potrei lanciarmi da venti metri d'altezza con facilità senza neanche dovermi arrampicare sul tetto.

Agguanto un indumento dal pavimento che non mi appartiene, data la A rossa ricamata al centro della lana, e con la testa incastrata nel buco sbagliato del maglione corro a stringere tra le dita la bacchetta — inutile, dato il mio non essere maggiorenne — prima di fiondarmi il meno rumorosamente possibile fuori dalla stanza.

Dominique ringhia qualcosa, un insulto credo, ma sono troppo impegnata a indossare correttamente il dannato maglione di mio cugino Albus, per prestarle attenzione.

«Che fai qui fuori Rose?» soffia tra i denti James, in procinto di tornarsene nella sua camera da letto, ancora con un piede incalzato sollevato a mezz'aria. Trattengo il respiro, cercando di calmare il cuore in preda alla tachicardia, rendendomi conto di non aver calcolato di poter incontrare qualcuno durante il mio cammino «Non starai forse andando da...» si blocca tossendo, non terminando la frase. Fissa corrucciato la bacchetta che stringo tra le mani e riporta i suoi occhi nocciola sul mio viso colpevole.

Perché si, prendere il prestito la motocicletta volante destinata ad essere il regalo di Natale di suo padre, mi rende terribilmente colpevole.

Per fortuna Cupido mi odia Where stories live. Discover now