Capitolo 10

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Annabeth

Mi rigiravo nel letto in continuazione, non riuscivo a dormire, i dubbi mi assalivano, avevo dei ricordi che si collegavano in qualche modo al tatuaggio di Percy ma non riuscivo a crederci.

Uscii dalla cabina per paura di svegliarlo e me ne andai a camminare sul ponte, avevo bisogno di schiarirmi le idee.

Mentre camminavo mi vennero in mente le cicatrici sulla schiena di Percy, le avevo viste per puro caso e lui mi aveva detto che per un pirata ricercato come lui erano normalissime, ma più passava il tempo e più mi convincevo che non era così. E poi quel tridente sul braccio...

Sgranai gli occhi e collegai i vari punti che mi sembravano sospetti, il passato che avevo dimenticato riaffiorò nella mia mente come un fiume in piena.

" - Padre che state facendo - gridai.

Mi era stato severamente vietato andare nelle prigioni, ma una strana sensazione mi aveva spinto a disubbidire agli ordini e quello che vidi desiderai dimenticarlo.

- Annabeth che cosa ci fai qui? - chiese mio padre guardandomi severo.

Io non risposi, ero troppo concentrata su quello che c'era alle sue spalle o meglio chi: il ragazzino di oggi, quello mi aveva catturato l'anima con i suoi occhi verde mare; era appeso per i polsi ad una catena che arrivava dal soffitto, la schiena era martoriata per i colpi di frusta, il respiro era affannato e gli occhi semi chiusi, il volto era bagnato, chiaro segno che aveva pianto.

- Che cosa stai facendo? - urlai contro mio padre.

In quel momento sentii un altro schiocco di frusta e il ragazzino gridare per il dolore, mi chiesi dove avesse la forza per gridare dopo tutti quei colpi.

Il boia caricò e lo avrebbe colpito ancora se io non mi fossi messa in mezzo.

- Togliti di lì - mi ordinò mio padre.

- No, lascialo andare è solo un ragazzino. Liberalo o non ti perdonerò mai - dissi fiera e con voce ferma.

Mio padre mi guardò con compassione e poi guardò il giovane con un misto di rabbia e disgusto.

Dopodiché lo liberò e ordinò di farlo medicare, mi promise che lo avrebbe lasciato libero se io non avessi fatto domande. Non vidi più il ragazzino dopo quella sera, però due cose mi erano rimaste impresse di lui: i suoi occhi e il tridente tatuato sull'avambraccio destro."

Stavo piangendo, le lacrime rigavano il mio volto, Percy aveva ragione era meglio non sapere, era meglio non ricordare.

Mio padre aveva fatto prigioniero un ragazzino e lo aveva fatto frustare perché aveva provato a scappare. E quel ragazzino era Percy!

- Annabeth perché piangi? - mi chiese una voce avvicinandosi.

Mi voltai, lui era lì anni dopo da quegli eventi, così bello e terribile allo stesso tempo. Gli saltai al collo, affondai il viso nel suo petto (senza pensare che era senza maglia) e continuai a piangere. Lui mi accarezzò la schiena per farmi calmare.

- Che succede? - mi chiese Percy.

- Ricordo! Ricordo quello che ti ha fatto mio padre. Mi dispiace, mi dispiace -

- No non devi dispiacerti. Mi hai salvato la vita quella volta - disse scuotendo la testa - Ti devo la vita Annie -

Gli accarezzai la schiena seguendo le cicatrici, lui rabbrividiva ogni volta che allontanavo la mano e ricominciavo. Più le carezze continuavano e più mi stingeva a se, finché i nostri corpi non aderirono perfettamente, sembravano fatti per stare insieme.

- Se ti ho salvato la vita allora, adesso tu salva la mia, liberami dalla tortura del mio destino - dissi guardandolo negli occhi.

Percy avvicinò il viso al mio, i nostri nasi si sfiorarono e poi...

Il mio desiderio si era avverato, le sue labbra erano morbide e calde, sembravano fatte per me. Avevo bisogno che mi rendesse sua, in tutti i sensi, così nessuno avrebbe potuto portarmi via, nessuno poteva cambiare la strada che avevo scelto abbandonando il destino che mi era stato imposto.

Percy mi mise le mani sotto ai glutei e mi tirò a se. Mi ritrovai in braccio a lui e allacciai le gambe alla sua vita, affondai le mani nei suoi capelli morbidi e continuando a baciarci come se fosse l'ultima volta, mi portò nella sua cabina e chiuse la porta con un calcio. Poi mi stese sul letto e si mise sopra di me facendo leva sui gomiti, neanche per un secondo le nostre labbra si separarono.

- Maledizione Annabeth, mi hai fatto innamorare follemente di te - disse Percy quando ci staccammo per riprendere fiato.

- Non sei l'unico a doverti lamentare, Testa d'alghe - risposi ridendo e facendo combaciare di nuovo le nostre labbra.

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