The Lantern Light.

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Capitolo 1;

The lantern light.

Sarah's pow.

Un bambino di circa sei anni mi guardò con due occhioni marroni e mi fece un sorriso dolce e sdentato, era tenero solo come qualcuno della sua età poteva essere.

Mi sentii stringere il cuore, assomigliava un sacco a George.

Lui, con quel dinosauro di plastica in mano, quando voleva giocare a nascondino ma nascondendosi sempre nel solito punto perdeva ogni volta, lui che non piangeva mai, lui che era sempre felice.

Mi manca.

Oh, Sarah, smettila. Smettila di pensarci, è passato, ormai non è niente che potresti avere indietro.

Mi girai senza nemmeno sorridere al bambino, che intanto, si stava consumando la mano a forza di salutarmi; e guardai con la coda dell'occhio, un'ultima volta prima di andarmene da quel posto grigio e cupo, la tomba del piccolo George.

Arrivata al cancello pronta per uscire, mio fratello maggiore Edward, o come piaceva chiamarlo a me da piccola Ed, mi guardava con degli occhi leggermente rossi a causa del vento, o almeno ci speravo che fosse solo per quello.

—Hai fatto? — mi chiese freddamente.

Risposi con un cenno della testa, come era mio solito fare.

Mi prese per mano, pronto a portami in macchina quando mi sentii strattonare il vestito e mi fermai.

Io e mio fratello ci girammo insieme verso la piccola figura di un bambino che mi arrivava al bacino.

—Chi è quello? — mi chiese Ed confuso.

Io alzai le spalle, semplicemente.

—Ti era caduta questa! — mi disse il bambino porgendomi il fiore viola

che avevo messo sulla tomba di George.

So che era solo un bambino, ma come poteva non capire? Aveva tolto al mio piccolo, dolce fratellino, la violetta dalla tomba.

Mi immobilizzai a fissarlo, con le lacrime agli occhi, e quando mio fratello se ne accorse strappò violentemente il fiore dalle mani del bambino e mi guardò.

—Tranquilla, Sarah, calma. Vado a ridarlo subito a George, intanto sali in macchina, per favore. — e così dicendo si allontanò velocemente.

Rimasi a fissare il bambino che mi guardava con aria spensierata, evidentemente non si era accorto del danno che aveva causato.

Prima che potessi girarmi, un ragazzo molto alto rispetto a me, e dai capelli castani ed arruffati, con una bandana bianca che ne sistemava una parte, si avvicinò al bambino.

—Des, cavolo, ti ho cercato dappertutto! — ansimò.

— Harry, ero a fare amicizia! — rise e mi indicò.

Il giovane uomo, spostò lo sguardo su di me e si incrociò con il mio su di lui.

—Scusalo — mi disse, per poi tornare a rivolgersi a Des.

— Ho messo i fiori alla tomba della mamma. Adesso dobbiamo andare a casa, però — gli disse.

Il bambino abbassò lo sguardo, come se tutta la sua spensieratezza si fosse spenta come si spegne di colpo la luce di una lanterna.

— Ma, Harry.. Perché non mi lasci mai avvicinare alla sua tomba? — chiese con voce rotta.

Mi si strinse il cuore, adesso avevo capito. Un bambino così piccolo, senza la presenza di una madre.. Come può la vita essere così crudele?

— Dai, Des, andiamo, muoviti.. — lo strattonò.

— Non mi hai risposto! — esclamò il bambino.

Il riccio lo prese in braccio, pronto a portarlo via, mentre il bambino si dimenava.

Intantò ritornò Ed.

— Cosa fai qui? Dovresti essere in macchina — mi disse.

Il tizio si fermò mentre se ne stava andando e ci guardò. E Ed lo guardò per un secondo, poi posò di nuovo lo sguardo su di me.

— Ti prometto che torneremo domani — sussurrò il ragazzo castano al piccolo.

Infine mi fissò un'ultima volta, poi se ne andò con il bambino.

Io salii in macchina con Ed che sfrecciò via, verso casa.

Camera mia era la stessa di quando avevo quattordici anni. Poster attaccati, profumi sulle mensole, e uno scatolone pieno di giochi: erano tutti del mio fratellino.

Mi avvicinai lentamente alla finestra, per poi aprirla e assaporare lentamente il vento freddo sulle mie guance.

Guardai la strada, era così deserta, così vuota, con solo qualche lampione ad illuminarla. Era da quattro anni che non mi soffermavo ad osservare tanto una strada, ne avevo il terrore.

Quattro anni rinchiusa in me stessa, senza riuscire più neanche a parlare. Ormai non ricordavo nemmeno più il suono della mia voce.

Volevo davvero, riuscire a trovare il modo per soffocare tutta questa angoscia che avevo dentro, ma come?

Poi ripensai al bambino di oggi, in fondo muoiono persone ogni giorno. In fondo tutti dobbiamo imparare ad andare avanti.

E poi quel ragazzo, quell'Harry, o come si chiamava.

Quegli occhi persi nel vuoto, quell'aria angosciata quanto la mia.. Meglio non pensarci, Sarah.

Mi misi sotto le coperte e fissai le violette nel vaso sul comodino.

Non passava giorno in cui George non ne raccogliesse una, e mi aveva promesso che me ne avrebbe raccolta una per il resto della mia vita.

E così, finché vivo, farò in modo che mantenga la sua promessa.

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Spero che questo primo capitolo vi piaccia, vi prego fatemi sentire dell'apprezzamento hahaha. È solo l'inizio di una storia dolorosa per Sarah, per poi scoprire quella ancora più dolorosa di Harry.

-Dedico questo capitolo alla mia migliore amica Aurora.

//Emma//

Violet.Donde viven las historias. Descúbrelo ahora