The diary.

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Capitolo 4;

The diary.

Sarah's pow.

Vidi la stanza incominciare a girare, girare e girare.

Mi sentivo cadere, giù, in un burrone.

Aveva un bambino di cui occuparsi, quell'Harry; ed era un assassino?

Alzai lo sguardo di nuovo, ed Alison e Jordan stavano sparendo, nella folla.

Mi stavano lasciando lì.

Volevo seguirli ma non riuscivo a muovermi, continuavo ad avere quella sensazione nello stomaco, la sensazione di cadere nell'oblio.

Poi lo vidi, si era appoggiato al muro.

I suoi tatuaggi sul braccio, che lo rendevano dall'aria dura, le mani chiuse a pugno, l'aria tesa.

I suoi occhi si posarono su di me, iniziarono a percorrere il mio corpo dall'alto verso il basso.

Calma, Sarah. Se si avvicina, scappi.

Non fu così, distolse lo sguardo, quasi indignato.

Poi venne verso il bancone, a tre metri da me, e prese da bere.

Continuavo a fissarlo, bicchiere dopo bicchiere, mentre mandava giù l'alcol, secondo dopo secondo.

La cosa veramente incredibile?

Avrei voluto avere la forza di avvicinarmi, ma sopratutto, la forza di parlare.

La volontà di dirgli "smettila", e togliergli il bicchiere dalle mani.

Basta, Harry, fermati.

Per quanto tu mi faccia paura, se continui a bere, trovo tutta la voce che ho trattenuto in questi quattro anni e mi metto a urlare.

Finalmente finisce, come se mi avesse capito.

Lascia il bicchiere lì, si alza e inizia a fare qualche metro barcollando.

Nessuno gli presta attenzione, continua ad avanzare, passo dopo passo, quasi inciampando sui suoi stessi piedi.

Sarah, non lasciarlo andare.

Non può andarsene in quelle condizioni, prendilo.

Portalo a casa tua.

Ma cosa sto dicendo?

Come posso?

A casa c'è Ed e...

Sarah, prendilo, gli succederebbe qualcosa.

I miei piedi smisero di ascoltare il mio cervello e semplicemente si mossero verso Harry.

Gli presi il braccio e nonostante fosse almeno 20 cm più alto di me, si riusciva a reggere.

Mi guardò, senza fare un'espressione, con quegli occhi illeggibili, le labbra tremolanti, e più screpolate della volta scorsa.

- Violet? - sussurrò solamente.

Annuii.

Sì, Harry, sono io, sono Violet. Sono qui. Resta con me.

Arrivai al portone di casa mia stremata, per aver portato sulle spalle un ragazzo che pesava circa 75 kg quasi solamente per la grande statura.

Presi le chiavi e le girai il più silenziosamente possibile nella serratura e lo spinsi dentro.

Poi richiusi la porta delicatamente.

Mi guardai intorno, c'era il buio più totale, Ed doveva essere a dormire, e potevo capirlo.

Lavorava stremato per mantenerci, mentre io ancora studiavo in un'accademia d'arte e non avevo ancora trovato un lavoretto part-time.

Feci segno ad Harry di fare piano, poi lo portai in camera mia, di sopra.

La fatica per trasportarlo sugli scalini silenziosamente era stata angosciante.

Chiusi la porta della mia stanza a chiave, accesi la luce e lo misi sul mio letto; ed accompagnai il tutto con un mio grande sospiro di sollievo.

Harry's pow.

Non so come c'ero arrivato, ma ero in una stanza e vedevo Violet appoggiata alla porta che mi guardava, senza aprir bocca.

Non ero sicuro di averla mai sentita parlare, in effetti.

Vedevo ancora tutto un po' sbiadito, sentivo la testa pesante, i piedi deboli.

Mi sdraiai sul letto dove ero seduto e iniziai a fissare il soffitto azzurro.

Violet si mise alla finestra, a guardare il cielo, con aria persa.

- Pensavo avessi paura di me - sibilai.

Lei si girò, sgranando gli occhi, per poi cambiare espressione e sorridermi.

Wow, era l'alcol o il suo sorriso era davvero così bello?

Scosse la testa, poi prese un diario chiuso con la cinturina di pelle, ed una penna.

Si mise a scrivere, ed io ero sempre più confuso.

Poi me lo passò, e quando presi in mano l'intero blocchetto, il contatto con la copertina spessa e marrone mi fece ricordare il mio di diario, anche se era più grande e di una tonalità più chiara.

Iniziai a leggere.

"Non si dovrebbe aver paura di chi non si conosce."

Sorrisi.

Ma perché mi scriveva e non mi parlava a voce?

- Sei muta? - chiesi aggrottando la fronte.

Lei riprese il piccolo blocco, ricominciando a scrivere, poi me lo diede nuovamente.

"Non parlo più dalla morte di mio fratello. È un problema? Perché non posso farci nulla.."

La guardai, adesso avevo capito.

Scossi la testa.

No, non era affatto un problema.

Non so cosa farei se morisse Des.

Oh, il mio piccolo Des.

Come farò a salvarmi?

Come farò a salvarlo?

Resteremo insieme?

Violet, devi aiutarmi.

- Ho bisogno di te - le presi le mani, e lei mi guardò stupita.

Sentivo che c'era qualcosa di speciale in lei, sentivo che grazie a lei, tutto sarebbe cambiato.

Violet.Where stories live. Discover now